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Gli archivi scolastici tra didattica e ricerca. Un esperimento di PCTO al Liceo Amaldi di Roma

Gli archivi scolastici tra didattica e ricerca. Un esperimento di PCTO al Liceo Amaldi di Roma

Immagine da pagina 13 di “What one school did and how it did it” (1914).
Internet Archive Book Images su Flickr – Pubblico dominio

Abstract

Esperienza didattica e di ricerca che ha coinvolto studenti e studentesse del liceo E. Amaldi di Roma attraverso lo strumento del PCTO. L’attività descritta è finalizzata alla costruzione di un centro di documentazione sulla storia dell’istituto e delle sue relazioni con il territorio circostante, nonostante la sua storia relativamente recente e la conseguente assenza di un archivio storico.  L’esperienza raccontata è potenzialmente riproducibile in altri istituti con le stesse caratteristiche

In questi anni l’interesse verso gli archivi scolastici è indubbiamente cresciuto, sia sul piano della ricerca che relativamente al possibile uso didattico degli stessi[1]. La valorizzazione degli archivi storici dei vari istituti si è spesso scontrata con l’incuria e con la stratificazione di un tradizionale disinteresse per la storia sociale e la microstoria scolastica. La storia della scuola nel nostro paese, con le dovute eccezioni, è stata spesso approcciata dal lato delle vicende istituzionali o, in minor misura e sovente per la scuola dell’obbligo, da quello della storia della pedagogia e delle sue sperimentazioni[2]. Come sottolineato da diversi studiosi, gli archivi scolastici offrono la possibilità di alimentare un’altra prospettiva. Negli archivi possiamo trovare documenti legati soprattutto alla vita istituzionale della scuola (protocollo; circolari; documenti amministrativi di varia natura, verbali dei consigli d’istituto e dei collegi docenti, registri, i fascicoli dei docenti e degli studenti, i tabelloni degli scrutini con voti e giudizi…), mentre è purtroppo assai più difficile trovare elaborati, programmazioni, progetti didattici, materiali, arredi e fotografie. Come ha sottolineato Maria Teresa Sega, sono proprio quest’ultimi che ci permetterebbero maggiormente di riportare alla luce il vissuto scolastico, le sue contraddizioni[3], ma anche il riverbero concreto dei grandi avvenimenti che hanno segnato la storia del nostro paese, a partire dall’effetto delle leggi razziali e della loro applicazione. Questa difficoltà nel trovare il materiale didattico tradisce il movente all’agire di chi conserva. Il “vincolo” è dettato dalle esigenze della segreteria scolastica, la preoccupazione è spesso quella di garantire la continuità amministrativa, mentre l’interesse storico-sociale è una dimensione che va letteralmente conquistata[4]. Nonostante questo, l’archivio riserva sorprese, anche nella documentazione istituzionale, dalle annotazioni nei registri personali e di classe, ai dibattiti nei collegi docenti, fino alla sorpresa nel trovare elaborati di varia natura dimenticati in qualche faldone. Di più, interrogare fonti come il bilancio, i registri degli scrutini, i verbali dei consigli d’istituto può portare a fare piccole e fertili scoperte.

Le prospettive di ricerca negli archivi storici scolastici aprono, sul piano didattico, la possibilità di mettere in contatto gli studenti e le studentesse con la metodologia storico-critica. L’archivio può diventare un luogo privilegiato dove offrire alcune esperienze di una didattica laboratoriale che sia in grado di restituire l’intrigante immagine di una “storia problema” rispetto alla tradizionale “storia manuale-storia nozione”. In questo campo c’è molto da fare, ma indubbiamente si stanno moltiplicando esperienze virtuose.

E dove l’archivio storico non c’è ancora?

Peccato che molti istituti, soprattutto relativamente alle superiori, non abbiano un vero e proprio archivio storico. Non si fa tanto riferimento a quelle scuole che, pur avendo una lunga storia, non hanno trovato energie, motivazioni, finanziamenti o sostegno istituzionale per valorizzare il proprio patrimonio archivistico, quanto piuttosto a quegli istituti che sono troppo giovani per ambire ad avere un archivio storico strutturato. Questo è il tema su cui la piccola esperienza in corso di svolgimento da poco meno di un anno al Liceo Edoardo Amaldi di Tor Bella Monaca potrebbe riservare qualche utile indicazione di lavoro. Il Liceo della nota periferia romana festeggia quest’anno il suo trentesimo anno di vita autonoma (34, se comprendiamo gli anni in cui era succursale del lontano Francesco D’Assisi di Centocelle). In questa scuola manca semplicemente l’arco temporale per dotarsi fattivamente di un archivio storico, chesi attiva quando l’ente produttore[5] raggiunge l’età minima di quarant’anni necessari per affiancare all’archivio di deposito un nuovo strumento di conservazione[6]. Questa condizione è assai diffusa, soprattutto nelle scuole superiori, molte delle quali sono ben lontane dall’essere scuole storiche[7] o anche semplicemente scuole con più di mezzo secolo di vita.

Il percorso intrapreso all’I.I.S. Edoardo Amaldi di Roma nasce innanzitutto dalla volontà di costruire un’esperienza didattica, che, grazie all’incontro e alla collaborazione con i ricercatori del CNR ISMED[8], si è trasformata anche in una esperienza di ricerca interessante e in parte riproducibile. L’idea è stata semplice e complessa allo stesso tempo, ovvero provare a costruire un centro di documentazione con lo scopo di creare uno strumento polifunzionale sulla storia della scuola capace di lavorare su diversi obiettivi: raccogliere voci della memoria; trovare e preservare fonti provenienti dagli archivi personali; elaborare dati statistici rintracciabili nell’archivio di deposito; preservare e predisporre materiali in vista della creazione di un archivio storico; costruire mostre e materiali di divulgazione; intrecciare la storia dell’istituto con quella del quartiere in cui sorge. In sintesi, si è trattato di creare un centro di documentazione per costruire un luogo dedicato alla ricerca storica sul più grande Liceo di Roma (l’unico fuori dal G.R.A.) e, contemporaneamente, dar vita a un laboratorio didattico insieme agli studenti e alle studentesse che permetta di svolgere un’esperienza di ricerca e storicizzazione del proprio istituto. Una simile esperienza può inoltre contribuire a rafforzare quelle premesse culturali che spingano la comunità scolastica a pensarsi storicamente, a curare la propria storia favorendo l’apertura immediata di un archivio storico allo scoccare del quarantesimo anno di vita, ma anche a conservare non solo la documentazione funzionale alle necessità amministrative.

La scelta del PCTO

Il progetto nasce quasi per caso, durante la partecipazione di una classe al progetto “1871-2021: 150 anni di immigrazioni a Roma Capitale. Storia, memoria, territori”[9]. Ragionando su quanto la scuola potesse divenire una fonte privilegiata relativamente alla storia migratoria della Capitale, è nata l’idea della costruzione di un più ampio centro di documentazione sulla storia del Liceo Amaldi e del territorio in cui sorge. Una proposta raccolta con entusiasmo dalla Dirigente Scolastica e che ha trovato collaborazione diffusa nell’istituto in tutte le sue componenti. Sono stati gli studenti e le studentesse interessate al progetto a proporci di costruire questa proposta didattica e di ricerca attraverso un PCTO di 30 ore complessive. I Percorsi per le Competenze Trasversali e l’Orientamento (legge 145/2018) hanno sostituito l’ex alternanza scuola-lavoro (legge 107/2015), il monte orario obbligatorio è di 90 ore nei licei, 150 ore per i tecnici e 210 per i professionali da svolgere nel triennio conclusivo. Il tema dell’alternanza e del PCTO solleva problematiche che non attengono al tema di questo articolo, ma la decisione di avvalercene ha evidenziato due difficoltà che è utile in ogni caso segnalare brevemente:

  • l’impossibilità nel collocare esperienze laboratoriali importanti all’interno del monte orario curriculare di storia per le scuole superiori, che prevede un massimo di 66 ore annuali di didattica (escluso il classico che ne ha 99), stante l’attuale scansione didattica nel sistema scolastico italiano;
  • la fatica per gli studenti e le studentesse di dover affrontare obbligatoriamente percorsi PCTO collocati spesso nel pomeriggio, dopo una giornata di scuola finita anche alle 14.

La piccola esperienza qui descritta ha richiamato la necessità di una riforma complessiva del curricolo di storia che dia uno spazio strutturale alle pratiche laboratoriali e la necessità di eliminare almeno l’obbligatorietà di percorsi didattici aggiuntivi all’orario tradizionale, per ridare agli studenti e ai docenti lo spazio della scelta e dell’autonomia.

Nonostante queste evidenti criticità con cui abbiamo convissuto, la scelta del PCTO, nelle condizioni date, si è rivelata vincente, perché ci ha permesso di avere uno spazio congruo per coinvolgere gli studenti e le studentesse in un percorso capace di offrire conoscenze e competenze, ma anche di orientarli relativamente alle eventuali scelte universitarie. Il PCTO è stato costruito con una pianificazione su tre fasi: formazione; ricerca; restituzione.

Cronaca della ricerca-laboratorio

La formazione è durata 10 ore, ma è stata concepita in maniera integrata alla ricerca. Ogni incontro di formazione è stato seguito da una discussione aperta relativamente alle domande, agli obiettivi e alle metodologie da utilizzare. L’intenzione era quella di preorganizzare solo in parte il lavoro, per immettere gli studenti e le studentesse dentro una ricerca a pieno titolo e in mare aperto[10]. Il primo incontro con lo storico Luciano Villani[11] ha permesso di inquadrare la storia sociale e urbanistica di Tor Bella Monaca, ma anche di far emergere il quesito relativamente all’edificio che ospita il Liceo, che nacque negli anni Ottanta con il complesso di Tor Bella Monaca Nuova e che non era originariamente destinato a un liceo. Le domande nate nel confronto con i ragazzi e le ragazze sono state quindi inevitabili: per cosa è stato costruito l’edificio? Cosa c’era prima del Liceo? Perché alla fine è sorto un liceo scientifico?

L’incontro con Francesco Di Filippo del Cnr ha invece permesso di interrogarsi sul rapporto tra web, storia e strumenti informatici. È in questo contesto che è nata l’idea di creare un portale del centro di documentazione e soprattutto di provare a trovare dati relativi alla popolazione studentesca. Le domande degli studenti hanno cominciato a storicizzare il loro edificio, ma anche la propria condizione: quanti studenti arrivano da Tor Bella Monaca? Quanti vengono bocciati o abbandonano? Ci sono territori o categorie sociali che subiscono di più la dispersione scolastica? Cosa ha permesso a questo istituto di diventare il più grande di Roma?

Guidati dall’archivista Luciano Governali, che ha introdotto gli studenti ai fondamenti dell’archivistica in un incontro specifico, è stato interrogato l’archivio corrente e individuato nei registri degli scrutini la fonte su cui elaborare una griglia dove immettere i dati degli studenti per costruire un database.
Si è dunque scoperto e affrontato il problema dei dati sensibili e della privacy, ma anche l’impossibilità di lavorare su una mole così ampia di dati. Anche per tale ragione si è optato per costruire una serie storica con dati acquisiti su forchette temporali di 4 anni. Sulla nascita dell’edificio e del liceo non sono state trovate fonti interne e si è così promosso un incontro con i docenti che erano in servizio durante i primi anni di vita del liceo. Dai loro racconti sono state acquisite tantissime informazioni, e ci si è imbattuti nell’archivio personale di un ex docente dell’Amaldi purtroppo oggi scomparso, il professor Ludovico Scudetti. Nella raccolta da lui dedicata alle lotte sociali del quartiere e conservata grazie al progetto Memo – Memorie in Movimento[12], sono stati trovati i volantini del comitato di quartiere risalenti al 1988 che rivendicavano, dopo un burrascoso incontro con il Ministero della Pubblica Istruzione, l’ottenimento della sperimentazione liceale attraverso lo spostamento in via Parasacchi di tre classi prime del Liceo D’Assisi di Centocelle.

È indubbiamente una traccia interessante, in parte confermata dalle voci della memoria e che si vuole approfondire il prossimo anno.

Gli incontri con i docenti hanno poi permesso agli studenti di scoprire alcune contraddizioni, di tastare con mano la differenza e la reciproca influenza tra storia e memoria. Anche in virtù di questo passaggio e dell’incontro di formazione tenuto da Giulia Zitelli Conti dell’Associazione Italiana di Storia Orale (AISO[13]), si è deciso che una delle attività fondamentali del centro di documentazione sarebbe stata quella della raccolta di fonti orali. Un gruppo di lavoro, coordinato dalla stessa ricercatrice e dalla professoressa Susanna Mattarocci, ha così lavorato sulle interviste, elaborando le domande, dividendosi i ruoli, scegliendo soggetti e scrivendo le successive schede di corredo.

L’obiettivo delle interviste era anche quello di scovare archivi personali, spesso i più utili per trovare ciò che negli archivi pubblici è più difficile rintracciare (a partire dalle foto e dal materiale didattico). La restante parte degli studenti si è divisa in due ulteriori gruppi: uno, coordinato da Michele Colucci del Cnr, avrebbe consultato i verbali dei consigli d’istituto, per costruire una prima timeline di eventi, ma anche per individuare problemi da sottoporre ad ulteriori ricerche; l’altro gruppo si sarebbe concentrato sui dati. Poco prima di partire con la raccolta di questi ultimi ci si è imbattuti in qualcosa che ha sconvolto in parte i piani. Grazie all’aiuto di Domenico Zito, tecnico dell’Istituto, è stato scoperto che nel registro elettronico sono presenti tutti i dati degli iscritti e delle iscritte, anche relativamente agli anni in cui il registro elettronico ancora non era stato adottato: un enorme risparmio di tempo e una scoperta interessante dal punto di vista della riproducibilità del progetto in altri istituti. Gli studenti si sono confrontati con la necessità di modificare il lavoro in corso d’opera, ma anche con cosa significa l’espressione “rumore di fondo” relativamente ai dati di cui sono entrati in possesso. Molti, infatti, erano gli errori e le incongruenze determinatesi nella fase di produzione dei dati, tale da richiedere  un lavoro di prima “pulitura” della banca dati messa a punto da Francesco Di Filippo.

L’arco temporale su cui si sviluppa il progetto e la scelta dello strumento del portale web, hanno immediatamente fatto emergere potenzialità e problematiche del passaggio dalla carta all’elettronica nella conservazione dei documenti e dei dati. Se da una parte l’applicazione dell’informatica ha permesso una riduzione degli spazi necessari alla conservazione e una facilità nell’elaborazione dei dati, dall’altra essa pone problemi di obsolescenza dei supporti informatici con cui si conserva la documentazione nonché la perdita di alcune informazioni relative alle correzioni e agli appunti personali dei docenti, che sempre più raramente vengono inserite nei formalizzati registri elettronici.

I risultati dei primi mesi di lavoro

Il primo risultato è stato il coinvolgimento pieno degli studenti e delle studentesse che hanno partecipato molto attivamente alle varie fasi della ricerca-laboratorio, con la maggior parte di loro che ha già chiesto di poter proseguire il prossimo anno. Oltre alla parte più strettamente formativa, i ragazzi si sono confrontati con l’attività pratica. Saper riconoscere e distinguere una fonte, comprenderne la problematicità, saper citare un documento con i giusti riferimenti, avanzare un’ipotesi costruendo una strategia di verifica, contribuire alla produzione di una fonte orale e compilare una scheda di corredo, elaborare e problematizzare una serie storica, sono solo alcune delle conoscenze e delle competenze con cui gli studenti si sono dovuti confrontare. Si auspica che la forza della strategia laboratoriale possa essere incentivata dall’esistenza stessa del centro di documentazione, che potrà divenire strumento per le varie classi dell’istituto anche per piccoli e circoscritti progetti.

Il progetto è comunque ancora all’inizio. A settembre sono stati presentati all’Amaldi i primissimi risultati, sicuramente incoraggianti, del lavoro svolto tra fine inverno e primavera scorsi. Il portale http://amaldistoria.cnr.it sta per essere ultimato nella sua prima versione e sarà costruito su diverse sezioni. Per il momento saranno attive quelle relative ai dati e alle mappe, alle voci e alla time-line da aggiornare anno per anno, ma c’è la ferma volontà di allargare progressivamente il portale ad altre aree su cui lavorare con il centro di documentazione, dalla nascita dell’Istituto alla storia del quartiere, dalle fotografie alla documentazione archivistica che si proverà a rendere parzialmente disponibile online. Già alcuni risultati sembrano di valore. Il portale mostra le serie storiche dal 1992 a oggi relativamente agli iscritti, divisi per genere e nazionalità, ma anche agli abbandoni e ai trasferimenti.

Nella sezione mappe è possibile visualizzare geograficamente la distribuzione territoriale degli iscritti e delle iscritte anno per anno, che possono essere visualizzati anche per nazionalità, indirizzo di studi, anno di corso ed esito finale.

Il portale promuove l’interattività, e quindi è possibile utilizzare e incrociare i dati per trarne alcune prime conclusioni e altri spunti di ricerca. Interessante, per esempio, vedere l’evoluzione dell’istituto dopo l’apertura delle succursali, dopo l’avvio del Liceo linguistico, ma anche l’evoluzione degli iscritti con la crescita dei flussi migratori.  Questa sezione, quella a oggi più compiuta relativamente al lavoro dell’anno scolastico 2021-22, potrà essere una base per iniziare anche a costruire una prima mostra del centro di documentazione che sarà ospitata nei corridoi del dipartimento di storia e filosofia della scuola. Il sistema DADA[14] adottato dall’istituto lo scorso anno permette infatti di sfruttare alcuni spazi del liceo per rafforzare l’attività laboratoriale delle varie discipline. Su questo si proverà a concentrare l’attività del secondo anno di lavoro, proseguendo con le interviste e con il lavoro sulla timeline, e cercando al contempo di rafforzare la dimensione fisica del centro di documentazione, operando proprio su quella parte di materiali che vengono normalmente considerati di poco valore e quindi scartati prima che giungano all’archivio storico. Verrà posta attenzione ai manuali, agli strumenti dei diversi laboratori, alle fotografie, agli archivi personali e agli elaborati. Si proverà anche a rafforzare quell’approccio storicizzante capace di illuminare di luce diversa il presente, e di rafforzare l’attenzione alla conservazione del patrimonio storico della scuola. Molti risultati di questo lavoro permetteranno verosimilmente di guardare al futuro in modo diverso anche nelle scelte didattiche e organizzative che la scuola prenderà, dimostrando sul campo l’importanza di pensare storicamente.

Un progetto riproducibile?

Perché raccontare così nel dettaglio il progetto? Semplice: per offrire indicazioni operative a docenti e plessi scolastici, nella convinzione che il percorso iniziato da qualche mese all’Amaldi sia riproducibile in altre scuole. All’inizio lo si è pensato come progetto d’Istituto, ma col tempo ci si è progressivamente resi conto delle potenzialità del processo che si è contribuito ad attivare. In autunno verrà dedicato un incontro, probabilmente nella sede del CNR-ISMED e in collaborazione con il Dipartimento di Storia, Patrimonio culturale, Formazione e Società dell’università di Roma ‘Tor Vergata’, per presentare questa esperienza ad altre realtà scolastiche e di ricerca, allo scopo di attivare un confronto su limiti e potenzialità che sono state esperite strada facendo.  In particolare lo schema utilizzato per l’elaborazione dei dati statistici relativamente alla popolazione scolastica potrebbe divenire un piccolo “format” dalle grandi potenzialità in termini di ricerca, ma anche per le istituzioni scolastiche e per le amministrazioni locali. Potenzialità di ricerca e potenzialità didattiche che, nel piccolo, potrebbero costituire in un terreno dove costruire nuove sinergie tra scuola, università e istituti di ricerca.


Note:

[1] Gemma Luzzi individua sul finire del XX secolo l’inizio di questo nuovo interesse per gli archivi scolastici, favorito, a suo parere, dalla rinnovata influenza della storiografia francese; dalla legge istitutiva dell’autonomia scolastica; dall’istituzione della “Giornata della memoria” e dalla valorizzazione dello studio del Novecento voluto dal ministro Berlinguer. G. Luzzi, Nel ventre della balena: percorsi di ricerca negli archivi scolastici, In Istituto Romano per la storia d’Italia dal fascismo alla Resistenza, Memorie di scuola. Indagine sul patrimonio archivistico delle scuole di Roma e provincia, FrancoAngeli, Milano 2006, p. 31

[2] E. De Fort, Storiografia e storia della scuola, in D. Piacciau e L.M. Plaisant (a cura di), L’archivio scolastico. Storia e didattica, CUEC, Cagliari 2005, pp. 11-25

[3] M.T. Sega  (a cura di), La scuola fa la storia. Gli archivi scolastici per la ricerca e la didattica, edizioni nuovadimensione, Portogruaro (Ve) 2002, p.18

[4] S. Soldani, Andar per scuole: archivi da conoscere, archivi da salvare; in Istituto romano per la storia d’Italia dal fascismo alla resistenza, Memorie di scuola. Indagine sul patrimonio archivistico di Roma e provincia, FrancoAngeli, Milano 2006, p.16

[5] Termine archivistico che identifica il soggetto per l’appunto “produttore” dei documenti.

[6] Si veda l’articolo 30 del codice dei beni culturali (legge 42 del 2004 e successive modificazioni)

[7] J. Meda, «Luoghi della memoria scolastica» in Italia tra memoria e oblio: un primo approccio, in A. Ascenzi, C. Covato, J. Meda (a cura di) La pratica educativa. Storia, memoria e patrimonio. Atti del 1º Congresso nazionale della Società Italiana per lo studio del Patrimonio Storico-Educativo (Palma de Mallorca, 20-23 novembre 2018), Eum, Macerata 2020, p.304

[8] Istituto di studi sul mediterraneo – Consiglio Nazionale delle Ricerche [https://www.ismed.cnr.it]. URL consultato il 30 settembre 2022.

[9] ll progetto su “Le immigrazioni a Roma Capitale dal 1870 ad oggi” nasce nell’ambito della collaborazione tra l’Istituto di Studi sul Mediterraneo (ISMed) del CNR e il Sistema delle Biblioteche e Centri Culturali di Roma.

[10] D. R. Nardelli, Gli archivi scolastici tra ricerca e didattica, in Sega, 2002, p.120

[11] Autore di L. Villani, Le borgate del fascismo. Storia urbana, politica e sociale della periferia romana, Ledizioni, Torino 2012

[12] ME.MO. – Memorie in movimento [https://sites.google.com/a/uniroma1.it/laboratorio-studi-urbani-dicea/attivita/memo-memorie-in-movimento]. URL consultato il 30 settembre 2022. Il progetto, finanziato dal Mibact, promotore il Liceo Amaldi, è stato coordinato dal DICEA e, in particolare dal LabSU – Laboratorio di Studi Urbani «Territori dell’abitare». Il gruppo di lavoro del DICEA è composto da: Carlo Cellamare, Marco Gissara, Luca Lo Re, Francesco Montillo, Serena Olcuire, Maria Vallo. Il Progetto punta a incentivare la coesione territoriale attraverso la valorizzazione delle esperienze di impegno civico e di aggregazione sociale che hanno accompagnato le trasformazioni storiche del quartiere Tor Bella Monaca di Roma.

[13] AISO – Associazione italiana di storia orale [https://www.aisoitalia.org]. URL consultato il 30 settembre 2022

[14] DADA – Didattiche per ambienti di apprendimento [https://www.scuoledada.it/modello-dada]. URL consultato il 30 settembre 2022

Dati articolo

Autore:
Titolo: Gli archivi scolastici tra didattica e ricerca. Un esperimento di PCTO al Liceo Amaldi di Roma
DOI: 10.52056/9791254693872/15
Parole chiave: , , ,
Numero della rivista: n.19, giugno 2023
ISSN: ISSN 2283-6837

Come citarlo:
, Gli archivi scolastici tra didattica e ricerca. Un esperimento di PCTO al Liceo Amaldi di Roma, Novecento.org, n.19, giugno 2023. DOI: 10.52056/9791254693872/15

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