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La questione toponomastica in Italia: storia e prospettive “al femminile”

La questione toponomastica in Italia: storia e prospettive “al femminile”

Foto di Andrea Zennaro – Own work, CC BY-SA 3.0, Link

Abstract

La dimensione e l’identità del cittadino si esplicano soprattutto nello spazio. E lo spazio abitato, da due secoli a questa parte, in seguito quindi ai primi progetti ed ai primi moti unitari, ha assunto un nome ed è quel nome che compare sui nostri documenti e ci qualifica come membri di una comunità comunale, regionale e nazionale. Che valori vuole veicolare oggi quel nome? Che valori veicolava quando è stato deciso?
Da quando l’odonomastica è diventata appannaggio della politica, una volta unificato il Regno d’Italia, l’uso pubblico e politico di quest’ambito si è dimostrato funzionale alla diffusione di un certo tipo di messaggio, che, allo stesso tempo, è spia dello Zeitgeist e della Weltanschauung dell’epoca di riferimento. Con una panoramica sulla storia dell’odonomastica e tramite l’utilizzo di metodologie semiautomatiche, si vuole contestualizzare come dal volto delle nostre città documenti siano tagliate fuori le grandi personalità femminili.

Toponomastica e odonomastica: la loro importanza storica

Nel famoso film del 1951 Miracolo a Milano,[1] con la regia di Vittorio De Sica, soggetto e sceneggiatura di Cesare Zavattini, una scena restituisce l’importanza dei nomi decisi per gli spazi pubblici: il protagonista, Totò, resosi conto della povertà educativa della comunità con cui abita, sostituisce il nome della strada principale (strada Maggiore) con “strada 5x5=25” e afferma «così i bambini imparano qualcosa», traducendo, di fatto, il significato della parola pedagogia.

(Fig. 1, tratta dal film Miracolo a Milano)

Lo spazio è storia. La toponomastica e l’odonomastica sono due ambiti strettamente collegati alla nostra quotidianità:[2] «i nomi delle strade sono luoghi della memoria, tramandano il passato nello spazio pubblico».[3] Plasmano il volto delle città e ne raccontano la storia: il primo dei due concetti è più generale e onnicomprensivo, τόπος significa luogo; il secondo, invece, è più specifico e riguarda le denominazioni delle vie: ὁδός, infatti, ha il significato di via e, lato sensu, di piazze e luoghi cittadini, passibili di modifiche più immediate.[4] Se la toponomastica comprende anche i nomi propri di città, regioni ed espressioni geografiche, più difficilmente e più lentamente oggetto di cambiamenti, l’odonomastica, invece, rappresenta la parte più malleabile dell’insieme toponomastica, proprio perché l’evoluzione urbanistica della città segue gli eventi storici e ne assorbe visivamente e visibilmente gli stravolgimenti e le conseguenze: per questo, benché il primo termine sia ben più diffuso e affermato, sembra più corretto usare il secondo per indicare il processo politico di modifica o di attribuzione a scopi celebrativi di nomi agli spazi pubblici.

Lo sfruttamento dell’odonomastica a fini commemorativi ed encomiastici, ambito che in primis, è bene ricordare, identifica i cittadini come abitanti grazie all’indicazione della residenza e adempie a funzioni fiscali e anagrafiche, è un fatto piuttosto recente che, per quanto riguarda l’Italia, compare con il Risorgimento.[5] Il bisogno di vedere scolpiti nel centro delle città i nomi dei grandi statisti e patrioti o i luoghi delle battaglie o degli incontri più famosi serviva a soddisfare il desiderio di costruire dei valori comuni e riconoscersi in essi all’interno di una Penisola che fino all’arrivo di Napoleone non aveva mai conosciuto l’unità politica. Non è sbagliato sostenere che l’odonomastica, proprio per la sua intrinseca vocazione alla pedagogia civile, così com’è ai giorni nostri, sia parte del cosiddetto fenomeno, di matrice illuministica e rousseauiana, di “religione civile”: «Con questo termine si suole definire un sistema, più o meno elaborato, di credenze, di miti, di riti e di simboli, che conferisce carattere sacro a un’entità di questo mondo, rendendola oggetto di culto, di devozione e di dedizione».[6] L’apposizione di una targa con dedica, soprattutto se contiene un antroponimo, ricordava da vicino l’usanza del ricordo del defunto all’interno dei cimiteri, così come parallelamente stava avvenendo per la monumentalizzazione: «le statue vogliono trasformare i morti in vive presenze».[7] L’atto della dedica, in tal senso, serviva come promemoria o come fonte di conoscenza del passato considerato patrimonio nazionale, che così veniva reso un simbolo. Ed è proprio figlio dello Zeitgeist ottocentesco il fatto che l’intitolazione fosse preferibilmente accordata a quanti si erano immolati, o si credevano immolati ex post, per la santa causa della libertà della patria: si creava così, da una parte, un’equazione tra merito e morte, funzionale alla riuscita del nascente Stato, e, dall’altra, si sfruttava anche il medium dell’odonomastica per plasmare un pantheon di riferimento per la religione civile del futuro Regno d’Italia. La dimensione nazionale e la dimensione locale andavano a fondersi: genius loci e rappresentanti di una comunità venivano in tal modo ricordati insieme alle grandi glorie della nazione, creando un’originale e variegata memoria.

Prima dell’arrivo dell’onda «politica»,[8] l’odonomastica rispecchiava le caratteristiche del luogo in cui compariva: serviva come orientamento all’interno della città. Si parla, infatti, di un’odonomastica spontanea, perché slegata dalle vicende politiche e legata alla presenza di particolarità territoriali, fossero esse edifici, luoghi di culto etc. Ed era altrettanto spontaneo anche il ricorso a espressioni dialettali per indicare “via” e “piazza”, in seguito uniformate alla ricerca di un’unità linguistica, che adesso si conserva in pochi luoghi, ad esempio a Venezia con le famose “calle”.

La sinistra storica, salita al governo dopo il 1876, ha sfruttato a pieno questo strumento con l’intenzione di «fare gli italiani»:[9] veniva veicolato così, in maniera indiretta ma penetrante, un racconto unico, privo della complessità di tutti grandi processi storici, della leggenda risorgimentale, dei suoi caduti, dei suoi eroi, e delle sue battaglie.[10] Era lecito non conoscere la storia, ma non lo era non aver mai sentito il nome dei patres patriae: Vittorio Emanuele II, Cavour, Garibaldi e Mazzini.

Esaurita l’età liberale, che aveva tentato, anche tramite l’istituzione di feste nazionali e l’erezione di imponenti monumenti come il Vittoriano o la statua all’Eroe dei due Mondi sul Gianicolo, di instillare un comune senso di attaccamento alla patria, è stato il fascismo ad appropriarsi dello spirito e dei simboli della antica Roma, della Prima Guerra Mondiale e poi delle campagne coloniali e a capire perfettamente le potenzialità espresse dall’urbanistica e dalle sue varie declinazioni, nell’ottica di estendere l’attività di propaganda e incrementare il consenso.

La legge tutt’oggi in vigore che regola l’odonomastica è la n. 1188 del 23 giugno 1927: «Toponomastica stradale e monumenti a personaggi contemporanei». In breve, i punti salienti: «Art. 1. Nessuna denominazione può essere attribuita a nuove strade e piazze pubbliche senza l’autorizzazione   del   prefetto o del sottoprefetto, udito il parere della Regia deputazione di storia patria, o, dove questa manchi, della Società storica del luogo o della regione. Art. 2. Nessuna strada o piazza pubblica può essere denominata a persone che non siano decedute da almeno dieci anni. […] Art. 4. Le disposizioni degli articoli 2 […] non si applicano alle persone della Famiglia Reale, né ai caduti in guerra o per la causa nazionale. È inoltre in facoltà del Ministro per l’interno di consentire la deroga alle suindicate disposizioni in casi eccezionali, quando si tratti di persone che abbiano benemeritato della nazione.» Tale legge, naturalmente modificata laddove necessario per la soppressione di alcuni enti, dava, e ancora dà, linee guida ben precise a quanti vi facessero ricorso per l’introduzione o il cambiamento delle denominazioni. Tracce di alcuni passaggi risalenti all’epoca fascista sono le varie intitolazioni a luoghi, caduti, personalità di spicco, battaglie della Prima Guerra Mondiale, interpretata come completamento del Risorgimento e, per questo, ampiamente utilizzata (via/piazza Piave, via/piazza Diaz, via/piazza Trento e Trieste, via/piazza Battisti, via/piazza Filzi),[11] nonché denominazioni volte all’esaltazione delle imprese coloniali e della rinata capitale dell’Impero, che per volontà del capo del governo a partire dal 1931 doveva essere presente in tutte le città.[12]

Specchio della società in mutamento, l’odonomastica fascista, proprio perché improntata alla celebrazione, all’indomani del 25 luglio 1943, è stata oggetto di una damnatio memoriae più o meno spiccata a seconda delle zone, che ha così portato al ripristino delle denominazioni precedenti: ciò costrinse il ministro della Pubblica istruzione, Vincenzo Arangio-Ruiz, nel 1945 a emanare una circolare che limitasse la cieca volontà di cambiamento che, soprattutto in prossimità della linea Gotica, travolgeva letteralmente nomi fascisti, fascistizzanti e reali.[13] L’intervento tempestivo e irruento su questo tipo di medium rende ragione della sua importanza: dopo il 1945, le varie amministrazioni comunali, qualora lo ritenessero opportuno, decisero o di ripristinare l’antica denominazione o di optare per un cambiamento radicale.[14] L’allargamento delle città, seguito al boom economico dei primi anni ’60, permise un inserimento massiccio di nuove intitolazioni anche durante la prima Repubblica: si parla di un fenomeno di repubblicanizzazione,[15] in cui esordirono nomi di concetti quali Costituzione, Repubblica, Libertà, Pace.

La situazione attuale

Oggi spetta alla Giunta comunale l’attribuzione della denominazione dei luoghi e delle aree di circolazione, compresi parchi e giardini, e la decisione della collocazione di monumenti e lapidi collocati in spazi e aree pubbliche.

Con la circolare n. 18 del 29 settembre 1992, è stata concessa ai Prefetti la possibilità di autorizzare intitolazioni di vie, piazze o altri luoghi pubblici a persone decedute da meno di dieci anni, previa presentazione da parte dell’Amministrazione comunale di una delibera che motivi la richiesta e mostri la planimetria dell’area in oggetto, cui è necessario aggiungere anche il curriculum vitae del destinatario della dedica. Tale processo, dunque, indica in maniera incontrovertibile il grado di vicinanza che una comunità vuole dimostrare a un suo esponente: un esempio è quello di Vittorio De Sica a Napoli, che ha ricevuto un’intitolazione in città l’anno dopo la morte avvenuta nel 1974.[16] Tutt’altro discorso vale in caso di richiesta di sostituzione di un precedente odonimo a favore di un illustre personaggio deceduto da meno di dieci anni: la Soprintendenza, in questo caso, ha il compito di esprimersi sull’opportunità e la validità del cambiamento, soppesando l’attuale denominazione e la futura, con una propensione spiccata verso il mantenimento della consuetudine.

Per il suo ruolo di veicolo di un certo tipo di messaggio che affonda le radici nel passato locale e/o nazionale, l’odonomastica rientra a pieno titolo tra i casi di uso pubblico della storia: secondo l’accezione di Nicola Gallerano, trattasi di «tutto ciò che si svolge fuori dai luoghi della ricerca scientifica in senso stretto»[17] e non obbligatoriamente ha un significato negativo, proprio perché in grado di coinvolgere a vari livelli la cittadinanza, che così diviene protagonista della storia; diversamente, invece, si può dire per l’uso politico,[18] dove viene volontariamente attuata una lettura parziale e strumentalizzata dei fatti storici volta alla mera ricerca di consenso. L’odonomastica, specificamente, quando non sfocia nell’uso politico, è un uso pubblico al cubo: avviene in spazi pubblici, è promossa da una istituzione “pubblica”, l’interesse e l’uso sono “pubblici”.

Gender gap

Nelle declinazioni locale-nazionale, però, sembra non esserci spazio per figure di spicco di genere femminile. Da una parte ciò può essere imputabile all’innegabile primato della politica: non sono molte le intitolazioni a persone all’infuori di tale ambito e, ove presenti, sono oggetto di un processo di politicizzazione coatta. Se è vero che le donne, per cause di ordine culturale del tutto indipendenti dalla loro volontà, sono state quantitativamente meno soprattutto in campo politico, è altrettanto vero che la celebrazione e il ricordo di quante si sono rese protagoniste, di quante hanno avuto l’onere e l’onore di aver sfondato il tetto di cristallo, possono renderle un modello per le future generazioni, andando così ad assolvere il compito pedagogico che l’odonomastica è andata a mano a mano ricoprendo.

La presa di coscienza di questo enorme gender gap ha portato nel 2012 alla fondazione dell’associazione ‘Toponomastica femminile’,[19] che, tramite un’ingente opera di sensibilizzazione, un costante impegno e un’attiva presenza sia nelle città sia sui social network, focalizza l’attenzione sui modi pratici per colmare questo divario con la partecipazione del pubblico e delle amministrazioni. Difatti, l’associazione si prodiga al fine di includere la cittadinanza, promuovendo azioni bottom up, ad esempio con sondaggi su quale donna i cittadini vorrebbero tra le targhe urbane, oltre che top down, con la presenza di alcune loro rappresentanti nella Commissione toponomastica. Sicuramente è grazie a loro e alle numerose interviste nonché alla loro presenza sul web che l’argomento è diventato centrale sia sulla stampa sia sul web. Loro il merito, tra l’altro, di aver coniato l’espressione ‘toponomastica femminile’, ormai diventata di uso comune per riferirsi a questo fenomeno. Il loro gruppo Facebook, ormai giunto a più di 23mila membri, parla di problematiche legate al genere, spaziando dalla lingua alla visibilità delle donne in generale; così anche la loro rivista Vitamine vaganti, i loro profili Twitter e Instagram. I dati da loro raccolti e censiti, dal 2012 sulla base della dotazione alle ex agenzie del territorio, sono disponibili al seguente indirizzo https://www.toponomasticafemminile.com/sito/index.php/censimento/italia,[20] su cui vengono aggiornati regolarmente e commentati dalle/dagli affiliate/i all’associazione tramite contatti diretti con i comuni o attraverso segnalazioni da parte degli utenti, includendo in maniera convincente il pubblico nel crowdsourcing  soprattutto all’interno dell’omonimo gruppo Facebook.

La possibilità di ricorso a metodologie digitali semiautomatiche permette di fotografare in maniera più economica, in termini di tempo e risorse, la situazione dell’odonomastica delle città per quanto riguarda la questione di genere.[21] E, ad esempio, quanti tra i primi cento nomi più ricorrenti in Italia sono femminili? E quanti di questi sono di donne distintesi in ambito laico? Prendendo come punto di partenza le province, sono stati scaricati i dati odonomastici di 107 città medie, con una popolazione cioè tra i 20 e i 50mila abitanti, la cui mappa è disponibile al https://www.google.com/maps/d/u/0/edit?mid=1JPNapVJzoZ5aXtiPM3Goukb1op4Yf4&ll=41.731526963572556%2C12.652844949999999&z=6.[22] Una volta processati, i risultati dei dati non stupiscono: tra i primi dieci nomi, riconosciamo tre dei quattro patres patriae e luoghi/personaggi noti appartenenti a varie epoche, pur notando la naturale tendenza che più recenti sono i personaggi, i concetti o le date oggetto della dedica, meno frequenti risultano. In ordine: Garibaldi, Mazzini, Dante, Matteotti, Cavour, Gramsci, Marconi, Roma, Carducci, San Francesco. Le donne non compaiono se non nelle ultime posizioni: in ordine decrescente di frequenza, tra i primi cento, sono al 94esimo e 100esimo posto e si tratta di Santa Lucia e Grazia Deledda. Gli agionimi sembrano doversi ricondurre alla vicinanza a luoghi di culto eponimi; sarebbero, quindi, da legare a quel periodo di odonomastica cosiddetta spontanea e slegata dalle vicende locali e/o nazionali: perciò non stupisce leggere il nome della martire siracusana Santa Lucia, figura cara al cristianesimo.[23] Poca meraviglia dovrebbe destare anche Grazia Deledda, premio Nobel per la letteratura dopo Carducci, nel 1926.

Dal momento che sia Santa Lucia sia Grazia Deledda sono entrambe figure lontane dall’attività politica, è lecito cogliere l’occasione per riflettere su un punto: l’odonomastica oggi, quando ricorda persone benemerite, dovrebbe, in maniera sempre più significativa, espandersi a quanti e quante, in campi come la scienza, le arti etc. hanno reso famosa l’Italia in senso lato o la propria città in senso stretto? Naturalmente, se lo scopo è sempre celebrativo, sarebbe giusto prevederne l’inclusione. È vero che il rischio della politicizzazione è sempre dietro l’angolo: esempio ne sia l’affaire Fallaci a Livorno della scorsa primavera[24] o l’affaire Montanelli a Milano nel 2020.[25] Vale, tuttavia, la pena di notare che in questo caso, la questione di genere si intreccia strettamente con il ruolo ricoperto dal destinatario dell’intitolazione: Oriana Fallaci è stata una giornalista, scrittrice e staffetta partigiana e non ha mai fatto politica attiva, altrettanto vale per Indro Montanelli. Ciò significa che, quanto all’autrice fiorentina, la sua opera letteraria e intellettuale è stata riletta e interpretata in chiave meramente politica, schiacciandola sull’ultima parte della vita e facendone un simbolo della destra conservatrice, mentre, per ciò che attiene alla figura di Montanelli, il suo passato in Africa durante le guerre coloniali fasciste lo ha reso bersaglio di attacchi femministi, volti a sottolineare e a condannare l’acquisto prima e il matrimonio poi con una bambina eritrea di 12 anni.

La rilettura del passato con gli occhi inevitabilmente cambiati, alla luce di una nuova sensibilità, può portare al paventato rischio di cancel culture,[26] che, però, non va confuso con la rivendicazione nel tempo presente di un più ampio spazio per le donne meritevoli. Una maggiore attenzione alle quote di genere, se imparziale e calibrata, nel campo sia dei monumenti sia dell’odonomastica non causerebbe una cancellazione indiscriminata della nostra storia né eroderebbe ciò che è già stato fatto. Per colmare, infatti, il gender gap, molte iniziative in concreto grazie ‘Toponomastica femminile’ sono state intraprese: alcune amministrazioni comunali, ad esempio quella partenopea,[27] hanno inserito come obbligo quello di destinare un’intitolazione a un uomo e una a una donna; altre, invece, prevedono sondaggi da diffondere tra la popolazione per scegliere a quale donna intitolare una strada, coinvolgendo così in maniera diretta la cittadinanza. Un esempio calzante è quello della città toscana di Barberino Tavernelle, da poco fusasi in un unico comune: a tal proposito, ha previsto un programma di collaborazione con l’associazione al fine di eliminare i doppi nomi nelle strade e sostituirli con quelli di figure di donne proposte dai cittadini e successivamente selezionate da una commissione ad hoc.[28] In particolare, nel comune di San Casciano, nel marzo 2021, sono state protagoniste le classi delle scuole medie “Ippolito Nievo” di un progetto durato un anno che si è concluso con la dedica di tre spazi cittadini ad altrettanto protagoniste della storia come Serafina Battaglia, Cristina Campo e Emmeline Pankhurst.[29]

La difficoltà della modifica in questo campo rende quanto mai inverosimile pensare a un’azione di riscrittura dell’odonomastica: da una parte, ne vengono tutelati i caratteri storici, dall’altra, posti ‘nuovi’ come rotonde, parchi, piste ciclabili etc. diventano il teatro prediletto per esprimere una nuova sensibilità culturale e/o politica. Quest’ultimo aspetto pone riflessioni di altro tipo, non secondarie: trattandosi di luoghi privi di numeri civici in quanto non abitati, la targa non si trasferisce nei documenti d’identità, rimanendo così confinata al solo ambito urbano. Ed essendo il fermento legato alle questioni di genere una recente acquisizione, c’è il rischio che le donne si vedano relegate dove nessuno abita: in luoghi-non luoghi. Vista da un altro punto di vista, la creazione ex novo di posti è anche il simbolo di una richiesta sempre più ingombrante di intitolazioni per persone decedute da poco, di cui si vuole impedire la cancellazione nell’immaginario collettivo. In una direzione di polarizzazione politica e frantumazione della memoria collettiva, invece, vanno le intitolazioni, tipicamente considerate di sinistra, a Nilde Iotti o a donne partigiane e staffette partigiane, maggiormente legate a realtà locali, e quelle, canonicamente avanzate da giunte di centodestra, a Norma Cossetto o alla già citata Oriana Fallaci.

La toponomastica femminile, dunque, è un panorama in evoluzione, sia perché mira a includere più persone possibile nel dibattito, sia perché spera di penetrare, a livello di messaggio e di intenti, in più comuni possibili, sia perché pone quesiti e riflessioni che direttamente vanno a modificare il nostro modo di guardare agli spazi pubblici e al nostro passato. Aspetto che è emerso durante il convegno La toponomastica e l’uso pubblico della storia, organizzato a Roma l’1 e il 2 dicembre 2022 dalla Giunta centrale per gli studi storici, in cui ogni relatore non ha mancato di chiamare in causa il fermento relativo alla questione delle pari opportunità.

La strada per la parità è, indubbiamente, impervia e in salita, ma la consapevolezza, in tal senso, è cambiata: si cercano continuamente nuovi spazi e nuovi nomi per affermare l’identità anche femminile della storia italiana.

Bibliografia
  • A. M. Banti, Il Risorgimento italiano, Laterza, Roma-Bari, 2011.
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  • A. Gallia, Cartografia storica e strumenti digitali per lo studio della memoria della grande guerra. L’odonomastica capitolina, in Chirico M. L. e Conti S. (a cura di) La Grande Guerra. Luoghi, eventi, testimonianza, voci, Aracne, Canterrano, 2018.
  • E. Gentile, Le religioni della politica, Laterza, Roma-Bari 2014.
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  • D. Messina, La storia cancellata degli italiani, Solferino, Milano 2022.
  • M. Pentucci, La nazione per le strade. Odonomastica e segni urbani per la costruzione della nazione per l’affermazione della monarchia nelle città dell’Italia postunitaria, 2005. DOI: 10.13140/RG.2.1.4567.7927.
  • M. Ravveduto, La toponomastica della Seconda Repubblica. Falcone e Borsellino, vittime della mafia, in “Memoria e Ricerca”, 57, 2018.
  • M. Ridolfi, Il nuovo volto delle città. La toponomastica negli anni della transizione democratica e della nascita della Repubblica, in “Memoria e Ricerca”, 20, 2005.
  • M. Ridolfi, Verso la Public History. Fare e raccontare storia nel tempo presente, Pacini editore, Pisa 2017.
  • G. Vitolo, Toponomastica, memoria della città e insegnamento della storia a Napoli, in “Archivio storico per le province napoletane” 139, 2021.
  • C. Zucchi, Modalità di estrazione dei dati toponomastici, in “Aidainformazioni” 39, 3-4/2021.

Note:

[1] Wikipedia, voce Miracolo a Milano https://it.wikipedia.org/wiki/Miracolo_a_Milano [url consultato il 22 dicembre 2022].

[2] D. Mask, Le vie che orientano, Bollati-Boringhieri, Torino 2020, pp. 23-39.

[3] M. Ravveduto, La toponomastica della Seconda Repubblica. Falcone e Borsellino, vittime della mafia, in “Memoria e Ricerca”, 57, 2018, p. 157.

[4] Ne sia un esempio la battaglia degli odonimi in giro per il mondo come conseguenza dell’invasione russa in Ucraina cfr. R. Castelletti, La sfida della toponomastica: a Mosca una piazza per i separatisti vicino all’ambasciata Usa, in “la Repubblica” 12 giugno 2022 https://www.repubblica.it/esteri/2022/06/12/news/russia_strade_piazze_cambiano_nome-353484788/  [url consultato l’1 novembre 2022].

[5] Per un esempio della città di Bologna cfr. M. Fanti, Le vie di Bologna. Saggio di toponomastica storica e di storia della toponomastica urbana, Istituto per la storia di Bologna, 1974, pp. 22 e ss.

[6] E. Gentile, Le religioni della politica, Laterza, Roma-Bari 2014, p. 3.

[7] A. M. Banti, Sublime madre nostra. La nazione italiana dal Risorgimento al fascismo, Laterza, Roma-Bari 2011, p. 67.

[8] O. Ihl, Una territorialità repubblicana. I nomi delle vie nella Francia del XIX e XX secolo in “Memoria e Ricerca”, 9, 2002, pp. 19-20.

[9] A. M. Banti, Il Risorgimento italiano, Laterza, Roma-Bari, 2011, pp. 122-123.

[10] M. Pentucci, La nazione per le strade. Odonomastica e segni urbani per la costruzione della nazione per l’affermazione della monarchia nelle città dell’Italia postunitaria, 2005. DOI: 10.13140/RG.2.1.4567.7927.

[11] A. Gallia, Cartografia storica e strumenti digitali per lo studio della memoria della grande guerra. L’odonomastica capitolina, in Chirico M. L. e Conti S. (a cura di) La Grande Guerra. Luoghi, eventi, testimonianza, voci, Aracne, Canterrano, 2018, pp. 311-328.

[12] E. Beggiato, Via Roma in tutti i Comuni in “L’indipendenza nuova” 24 marzo 2018 https://www.lindipendenzanuova.com/via-roma-in-tutti-i-comuni-ordine-di-mussolini-dal-1931-pienamente-in-vigore/ [url consultato l’11 gennaio 2023].

[13] M. Ridolfi, Verso la Public History. Fare e raccontare storia nel tempo presente, Pacini editore, Pisa 2017, pp. 32-33.

[14] Ridolfi, 2017, , pp. 32-33.

[15] Ravveduto 2018, pp. 157-174; M. Ridolfi, Il nuovo volto delle città. La toponomastica negli anni della transizione democratica e della nascita della Repubblica, in “Memoria e Ricerca”, 20, 2005, pp. 147-167.

[16] G. Vitolo, Toponomastica, memoria della città e insegnamento della storia a Napoli, in “Archivio storico per le province napoletane” 139, 2021, pp. 257-265.

[17] N. Gallerano, L’uso pubblico della storia, Franco Angeli, Milano 1995, p. 17; Ridolfi 2017, pp. 9-10.

[18] Gallerano, 1995, pp. 9-10.

[19] Toponomastica femminile, https://www.toponomasticafemminile.com/sito/ [url consultato il 6 novembre 2022].

[20] Toponomastica Femminile, Censimento, Italia, https://www.toponomasticafemminile.com/sito/index.php/censimento/italia [url consultato il 2 novembre 2022].

[21] C. Zucchi, Modalità di estrazione dei dati toponomastici, in “Aidainformazioni” 39, 3-4/2021, pp. 145-152.

[22] Mappa di 107 comuni con 20-50mila abitanti [url consultato il 10 novembre 2022]. Ove non presenti comuni con quella forchetta di popolazione, si sono prese in considerazione le città più vicine in termini di abitanti.

[23] Wikipedia, voce Santa Lucia, https://it.wikipedia.org/wiki/Santa_Lucia [url consultato il 10 novembre 2022].

[24] M. Gasperetti, Livorno niente strada intitolata a Oriana Fallaci. La bocciatura di Pd e sinistra: «Era portatrice di intolleranze» in “Corriere della Sera” 8 giugno 2022, https://www.corriere.it/cronache/22_giugno_08/livorno-niente-via-intitolata-oriana-fallaci-bocciatura-pd-sinistra-era-portatrice-intolleranze-984d3dd4-e74b-11ec-bc81-fb93af2ab36c.shtml [url consultato il 10 novembre 2022]; D. Messina, La storia cancellata degli italiani, Solferino, Milano 2022, p. 120.

[25] Cfr. la questione della statua e dei giardini intitolati a Montanelli, accusato di pedofilia e stupro, D. Maida, Statua di Indro Montanelli imbrattata a Milano. Tutte le volte che la scultura ha creato dissensi, in “Artribune 14 giugno 2020 https://www.artribune.com/arti-visive/arte-contemporanea/2020/06/statua-di-indro-montanelli-imbrattata-a-milano-tutte-le-volte-che-la-scultura-ha-creato-dissensi/ [url consultato il 10 novembre 2022]; Messina 2022, pp. 98-103.

[26] Messina, 2022, pp. 16-47.

[27] Comune di Napoli, Regolamento comunale per la toponomastica e la numerazione civica, 22 febbraio 2021 https://www.comune.napoli.it>flex>pages>pdf [url consultato il 12 gennaio 2023].

[28] Redazione, La toponomastica si dedica alle donne, in “Qui news Val d’Elsa” 4 dicembre 2020 https://www.quinewsvaldelsa.it/barberino-tavarnelle-la-toponomastica-si-dedica-alle-donne.htm [url consultato il 12 gennaio 2023]; Ufficio stampa associato del Chianti fiorentino, Venti donne per venti strade ‘doppie’ da rinominare a Barberino Tavernelle, in “Go news” 13 marzo 2021 https://www.gonews.it/2021/03/13/venti-donne-per-venti-strade-doppie-da-rinominare-a-barberino-tavarnelle/ [url consultato il 12 gennaio 2023].

[29] Ufficio stampa associato del Chianti fiorentino, Donne per la toponomastica, la scelta a San Casciano nelle mani degli studenti, in “Go news” 12 marzo 2021  https://www.gonews.it/2021/03/12/donne-per-la-toponomastica-la-scelta-a-san-casciano-nelle-mani-degli-studenti/ [url consultato il 12 gennaio 2023]; Redazione, San Casciano, le donne riprendono il loro posto nella storia (a partire dalle piazze), in “In Toscana” 1 marzo 2021  https://www.intoscana.it/it/articolo/donne-toponomastica-strade-piazze-san-casciano/ [url consultato il 12 gennaio 2023].