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“Il mito del grande complotto”: il libro di Salvatore Lupo come proposta di lettura e di didattica

“Il mito del grande complotto”: il libro di Salvatore Lupo come proposta di lettura e di didattica

Un soldato britannico si informa sulla Sicilia, obiettivo della prossima invasione alleata, luglio 1943. Pianificazione e preparativi gennaio-luglio 1943: Un “Tommy” legge la “Guida dei soldati alla Sicilia”.
Crediti: Di No 2 Army Film & Photographic Unit, Keating G (Major) – http://media.iwm.org.uk/iwm/mediaLib//38/media-38582/large.jpgThis photograph NA 4105 comes from the collections of the Imperial War Museums., Pubblico dominio, Collegamento

Abstract

Il saggio Il mito del grande complotto. Gli Americani, la mafia e lo sbarco in Sicilia del 1943 costituisce una proposta di lettura interessante per approfondire le vicende legate allo sbarco in Sicilia delle truppe anglo-americane e gli intrecci del mondo italoamericano con la mafia siciliana. Può essere utilizzato, inoltre, come valido strumento in più ambiti e con più finalità. Permette di approfondire, infatti, il 1943 quale anno cruciale del secondo conflitto bellico, ma anche di allargare la riflessione al tema dell’immigrazione transoceanica. Il lavoro di Lupo è considerato anche nella sua proiezione didattica: è valido strumento per insegnare il metodo storico e perciò può essere utile proporlo come palestra di pensiero critico. Un obiettivo che si può raggiungere attraverso un metodo che sostituisca le informazioni false con quelle vere e che poggi sul fascino di una narrazione basata sulla verità storica.

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The essay Il mito del grande complotto. Gli Americani, la mafia e lo sbarco in Sicilia del 1943 (The Myth of the Great ConspiracyThe Americans, the Mafia and the 1943 landings in Sicily) constitutes an interesting reading proposal to delve into the events connected to the landing in Sicily of the Anglo-American troops and the intertwining of the Italo-American world with the Sicilian mafia. It can also be used as a valid tool in several areas and for several purposes. In fact, it allows us to examine 1943 as a crucial year of the Second World War, but also to broaden our reflection to the theme of transoceanic immigration. Lupo’s work is also considered in its didactic projection: it is a valid tool for teaching the historical method and therefore it may be useful to propose it as a training ground for critical thinking. A goal that can be achieved through a method that replaces false information with true information and relies on the appeal of a narrative based on historical truth.

Premessa

L’ultimo saggio di Salvatore Lupo, Il mito del grande complotto. Gli Americani, la mafia e lo sbarco in Sicilia del 1943 è stato proposto dalla Donzelli nel 2023 in concomitanza dell’ottantesimo anniversario dello sbarco in Sicilia delle truppe anglo-americane, quindi nell’ambito di una saggistica di commemorazione. Tuttavia, pur oltre la ricorrenza, il volume può essere utilizzato come valido strumento in più ambiti e con più finalità, non ultima la sua proiezione didattica, complice un piccolo formato agile e una narrazione fluida.

Proposta di lettura

Il mito del grande complotto. Gli Americani, la mafia e lo sbarco in Sicilia del 1943.

Il lavoro di Lupo punta tutto sulla chiarezza: «Poca leggenda, molta storia»[1] è la sua premessa metodologica. Il rinvio alle fonti dirette e il rigore scientifico, riposizionano il mito del “grande complotto” con l’obiettivo, come lo stesso autore afferma, «di semplificare e disintossicare il dibattito».[2]

Il volume tratta di come gli Stati Uniti in armi si rapportarono alla mafia, sia a quella americana che a quella siciliana, durante il secondo conflitto mondiale, partendo da un “punto qualificante”:

non è vero che lo sbarco in Sicilia delle armate statunitensi e britanniche, l’operazione Husky del luglio del 1943, sia stato realizzato grazie ad un preventivo accordo con la mafia e tanto meno che le armate alleate abbiano trionfato sui loro nemici in forza di quell’accordo.[3]

L’autore non nega, tuttavia, l’atteggiamento tollerante dell’America nei confronti del sistema mafioso americano e italiano nella fase precedente e successiva allo sbarco in Sicilia.

Lupo spiega come la tesi del “grande complotto” si sia sviluppata attraverso un percorso originale: è nata durante la guerra, ha preso forza nel dopoguerra, si è formalizzata durante la guerra fredda e nell’ambito della cultura di sinistra anti-atlantica. Il problema è sorto quando il mito è stato trasformato in verità documentaria. Una innegabile via facile per dare responsabilità “ad altri” della presenza della mafia nel territorio e dei perduranti problemi politici. Vista la larga diffusione del mito, dopo le doverose premesse di metodo e contenutistiche, lo storico siciliano ritiene necessario proporre le vicende accadute cronologicamente, prima e dopo lo sbarco.

Il mito del grande complotto

Come è noto, l’idea del “grande complotto” ha come primo riferimento le tesi del giornalista Michele Pantaleone, autore del fortunato Mafia e Politica, pubblicato nel 1962[4] con prefazione di Carlo Levi. Nel volume – e prima ancora sul quotidiano socialista palermitano l’Ora, nell’ambito di una inchiesta sulla mafia di quattro articoli intitolati Don Calo’ vita di un capo – Pantaleone presenta la teoria di fondo secondo cui i rapporti fra servizi segreti statunitensi e Lucky Luciano sarebbero stati finalizzati a un coinvolgimento della mafia siciliana nell’operazione Husky e a una gestione condivisa delle operazioni militari sull’isola. Lucky Luciano e Charles Poletti, come evidenzia Lupo, diventano personaggi-chiave della vicenda. Centro della narrazione sono La piazza di Villalba,[5] con la figura del capomafia Calogero Vizzini (don Calò), e i foulard con la lettera “L” rimandanti a Lucky Luciano lanciati dai bombardieri americani, come via libera sia per gli americani (anche nella reggenza del Governo Militare Alleato), sia ai mafiosi quali riferimenti locali. Un’operazione di restituzione alla mafia della sua funzione storica, dopo la repressione fascista. La necessità di riprendere il filo corretto del discorso è forte, ma Lupo non propone una critica tout court nei confronti dell’opera di Pantaleone: egli  evidenzia l’indubbia «forza evocativa e argomentativa»[6] di un libro «notevole»[7] che ha avuto il merito di riportare l’attenzione sul rapporto fra mafia e politica. Tuttavia, la fortuna della tesi, sicuramente agevolata negli ambienti culturali in chiave antidemocristiana, è andata oltre le aspettative, fino a diventare realtà documentaria, penetrando nella relazione finale della commissione parlamentare antimafia del 1976, firmata da Luigi Carraro.[8]

Lupo chiarisce, dunque, tre punti che screditerebbero ancor più la tesi del complotto: la mafia, per quanto sia stata indebolita dall’azione del prefetto Mori, non era scomparsa del tutto durante il fascismo e, pertanto, non era stata, in seguito, ricostruita dalle autorità americane per essere utilizzata nella collaborazione agli eventi bellici. In secondo luogo, i documenti d’archivio escludono una possibile infiltrazione di agenti segreti americani nel periodo pre-sbarco. In ultimo, la battaglia di Sicilia non si è risolta in una facile operazione per gli americani.

Riportare il mito fuori dalla storia

Lupo, nell’obiettivo di far chiarezza sulle vicende raccontate, evidenzia già la necessità di un atteggiamento critico fuori da generiche affermazioni: la tesi “complottista”, per quanto sia il punto nodale da confutare, in realtà non è una falsificazione, ma un modo per spiegare, in chiave di narrazione mitologica, i grandi rivolgimenti improvvisi del tempo.

Ci sono dei cambiamenti inaspettati che sconvolgono l’ordine delle cose e lo fanno in un tempo così celere che la sete di razionalità dell’uomo non può essere immediatamente soddisfatta. Subentra così il mito giustificatore e appagante. Lupo non scredita quindi la valenza del mito, ma lo riporta alla sua giusta dimensione, ossia fuori dalla storia.

L’analisi e le indicazioni metodologiche contenute nell’opera affermano con forza la necessità di ancorarsi al dato reale, alla verità dei fatti, di cui il documento è traccia e certezza. Lupo evidenzia indirettamente, altresì, la difficoltà dei contemporanei a trovare le giuste chiavi di lettura di fronte ad avvenimenti succedutisi con rapidità, ad una realtà fatta di violenza, di disordine e di continui stravolgimenti di cui, talvolta, ancora oggi, non si riesce ad avere una visione limpida e distaccata.

Proposte didattiche:

L’argomento: il 1943, tra fascino della narrazione e verità storica

Se consideriamo la didattica della storia nelle scuole secondarie di II grado, ci rendiamo conto che è piuttosto difficile affrontare lo specifico degli avvenimenti del 1943, partendo dallo sbarco alleato. L’armistizio, ad esempio, viene considerato nell’ottica della “lunga liberazione” dell’intero territorio italiano, focalizzando l’attenzione più sulla scansione temporale che sulla complessità del processo di liberazione stesso. Ciò implica una mancanza di messa a fuoco dello specifico delle vicende, come le operazioni militari che precedono l’8 settembre, o la nascita e le successive vicende del Regno del Sud. A fornire questo taglio interpretativo, una mano complice è rappresentata dalla trattazione generica affrontata dai manuali scolastici, che per lo più evitano di fornire schede di approfondimento a margine della narrazione.

Le vicende del 1943, peraltro, non riguardano solo il territorio siciliano: l’anno è cruciale e drammatico per l’Italia e l’Europa intera, estremamente complesso soprattutto nel Sud Italia, dove gli Alleati sbarcano non solo in Sicilia, ma anche in altre punti strategici come il porto di Taranto;[9] in quello stesso anno, gli arrivi dei profughi impegnano le organizzazioni internazionali come gli enti comunali di assistenza; il caroviveri e la crisi degli alloggi acuiscono il dramma vissuto dalla popolazione civile sofferente; le violenze dell’esercito tedesco in ritirata sono devastanti; ma, d’altro lato, si sperimentano in alcune zone del Sud anche le prime forme di libertà con la rinascita del dibattito politico e della stampa libera.

Il quadro, insomma, è estremamente complesso e riproporlo in ambito scolastico è un’operazione difficile: necessita di conoscenze specifiche, di strumenti efficaci, di un percorso metodologico mirato e di tempi opportuni. Un “pacchetto” che demoralizzerebbe il più entusiasta dei docenti.

Pertanto, bisogna cercare vie alternative e il volume di Lupo sembra molto adatto a questo scopo: può essere utilizzato nelle scuole come strumento di divulgazione di analisi che spesso rimangono a misura di specialisti o può fare da “apripista” o approfondimento agli avvenimenti del 1943. In quest’ultimo caso, si potrebbe partire da un quadro generico del 1943, facendosi aiutare dai nuovi studi promossi per l’Ottantesimo anniversario dell’armistizio, ma anche rinverdendo chiavi di lettura ormai note.[10]

In seguito, in base alle conoscenze acquisite degli alunni e alla loro formazione, si può scivolare su avvenimenti specifici; ad un’utenza più formata si potrebbero proporre percorsi di storia regionale, specie se in riferimento al Sud Italia, in considerazione delle implicazioni politiche e culturali immediate dei primi momenti della liberazione.

Nel nostro caso tuttavia, considerando le finalità generiche prefissate, è preferibile mantenere come oggetto di studio lo sbarco in Sicilia degli alleati anglo-americani e le vicende dal luglio del ’43.

Metodo 1: l’interesse verso la narrazione

A livello metodologico facciamo leva sull’interesse, interrogandoci sul modo più opportuno per suscitarlo, come chiave di accesso alla conoscenza delle vicende in oggetto.

Sappiamo bene quanto le narrazioni affascinanti possano far presa sugli adolescenti e quanto questo aspetto possa essere ambivalente: può giocare a nostro favore, ma anche – toccando alcune tematiche – essere diseducativo e addirittura pericoloso. Le storie legate alla malavita, ad esempio, hanno un largo pubblico giovanile estremamente partecipe. Educare il discente a scendere dal piano dal “sensazionalismo” a tinte forti a cui un certo linguaggio cinematografico e televisivo lo ha abituato, soprattutto sull’argomento della criminalità organizzata, è operazione assai difficile. Pertanto, in base a questa predisposizione, si può procedere con un’operazione che focalizzi due canali, che potremmo chiamare di “sostituzione” e di “decostruzione”.

Quanto al primo, la percezione del “macro”, del “sensazionale” può essere fornito dalle vicende storiche stesse, che possono di fatto sostituire  le narrazioni fuorvianti: la grandezza dell’intervento alleato sulle coste della Sicilia, infatti – una delle più grandi operazioni anfibie della Seconda guerra mondiale, nonché l’inizio della campagna d’Italia – ha di per sé la forza e il fascino della “grande impresa”, anche attraverso la valutazione delle sue conseguenze a livello mondiale.

Metodo 2: dal falso al vero come palestra per lo sviluppo del pensiero critico

L’opera di Salvatore Lupo ci viene incontro anche in relazione al secondo canale, in virtù di  una dinamica che andrebbe a sostituire al fascino della narrazione quello della decostruzione. Partire, cioè, da una lettura “falsa” per raggiungere la verità storica.

Ciò permetterebbe di allontanarsi dal “mito” attraverso la valutazione dei fatti, anzi: sottolineando costantemente l’uso di fonti autorevoli, evidenzierebbe la non-necessità del legame interesse-mito sostituendolo con quello interesse-dato reale. Lo stesso Lupo, in una recente intervista, afferma: «Il tentativo che faccio nel mio libro è di riportare sia l’analisi dei fatti sia l’analisi del mito stesso su un piano di analisi storiografica.»[11]

L’uso del volume di Lupo come punto di partenza per l’approfondimento di una vicenda essenziale nel quadro del secondo conflitto mondiale, ha pertanto non solo un obiettivo in termini di conoscenze; con esso avviamo un’operazione che può avere una forte valenza formativa, giocando su più livelli.

Così presentato, balza subito agli occhi come Il “mito del grande complotto” chiarisce alcune questioni metodologiche di fondo del fare storico; la trattazione giunge ad affermare, infatti, l’importanza della verità storica e dell’approccio corretto alle fonti, attraverso un procedimento confutativo del falso mito, ribadendo la non validità di una lettura delle vicende non comprovata dai documenti. Uno strumento utile agli studenti per avvicinarsi alla disciplina e all’analisi storica.

Strumento n. 2: il cinema

Come si è detto, con il percorso di destrutturazione del mito si avvia un processo di distacco da una tipologia di narrazione carica e spesso confusa, in cui errati modelli comportamentali sono ribaltati in positivo. È un’operazione importante e necessaria, se si considerano anche le storture che si possono creare usando degli strumenti didattici sbagliati, basati su fonti non comprovate per veicolare le vicende storiche.

Lo storico Rosario Mangiameli, più volte citato anche da Lupo nel suo saggio, ha ripetutamente denunciato come il “mito” del grande complotto sia penetrato anche nel cinema, andando a semplificare e distorcere la narrazione. Si riferisce al film di Pierfrancesco Diliberto, in arte PIF, In guerra per amore.[12] La pellicola narra le vicende di Arturo Giammaresi, un italoamericano, palermitano d’origine, che per arrivare in Sicilia e poter risolvere una difficile questione sentimentale si arruola con le truppe anglo-americane nell’operazione Husky. In Sicilia si scontrerà con la mentalità e le dinamiche mafiose.

Lo stile lineare della pellicola può risultare efficace per raggiungere  un’utenza scolastica abituata a un linguaggio semplice; e tuttavia, è difficile non essere d’accordo con Mangiameli quando afferma che il film in questione utilizza e veicola la vecchia narrazione dell’aiuto dato dalla mafia alle truppe americane per conquistare e governare il territorio siciliano. «Non si tratta», sottolinea Mangiameli, «del ricorso a una invenzione che serva a vivificare il racconto, ma del ricorso a quello che possiamo chiamare un luogo comune abbondantemente superato dalla ricerca storica,  […] offerto come una verità consolidata e incontrovertibile anche attraverso l’esibizione di documenti a sostegno di quanto affermato».[13] L’immagine della relazione The problem of mafia in Sicily di William E. Scotten, del 29 ottobre 1943, presentata prima dei titoli di coda  della pellicola di Pif, può indurre, infatti, l’alunno a ritenere che tutta la narrazione sia attinente a fatti reali.

Di certo un film, per quanto gradevole e curato,[14] se non aderisce al reale dato storico rischia di ricadere nella pratica didattica in maniera sbagliata, soprattutto se si considera come la riflessione sull’utilizzo in ambito didattico dello strumento visivo, nella tipologia del film o del documentario, negli ultimi tempi abbia fatto un grande passo in avanti, diventando non più corollario o approfondimento della trattazione, ma strumento e veicolo stesso di conoscenza[15].

La poca aderenza al vero,se è un limite per la pellicola di cui si è scritto, può, però, giocare a nostro favore: diventa un secondo elemento del procedimento di confutazione che abbiamo avviato con il volume di Lupo.

Pertanto, in relazione alle vicende dello sbarco in Sicilia, potremmo utilizzare sia lo strumento del saggio sia quello filmico per un percorso che avvicini i discenti al dato storico, seguendo un metodo che, a ben guardare, può presentarsi per loro intrigante, avviandoli alla conoscenza delle vicende in maniera ancor più approfondita perché ricercata nel cavillo dell’errore, rispetto alla presentazione lineare delle vicende.

Espansioni: la migrazione transoceanica

Al margine del discorso, possiamo ragionare su un’altra possibile espansione didattica che il volume di Lupo permette di intraprendere: il legame che la narrazione del grande complotto crea con il tema dell’emigrazione transoceanica già da inizio Novecento.

L’emigrazione potrebbe essere studiata, infatti, rimarcando le dinamiche che si creano sul territorio di arrivo.

Si consideri anche quale valenza ha avuto la storia migratoria come consistente vantaggio per l’occupazione angloamericana, al ruolo che ebbero gli emigranti reclutati dagli americani per lo sbarco in Sicilia: molti emigrati, infatti, furono utilizzati per agevolare i rapporti con la popolazione colpita duramente dai bombardamenti; si tratta di una politica largamente utilizzata anche dagli Inglesi in Capitanata, Irpinia, Molise, Basilicata.

Erano figli di emigrati anche figure che ebbero un ruolo decisivo nelle vicende di cui trattiamo, tra questi Charles Poletti; senza dimenticare figure come Michael Musmanno, avvocato e giurista, che assunse la difesa degli attivisti anarchici Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti.

In tal senso, si agevolerebbe una lettura più dinamica del fenomeno migratorio e, sicuramente, più aperta alla connessione sia dei luoghi sia delle vicende, secondo i più recenti percorsi interpretativi, come nella dialettica arrivo/partenza e non solo analizzando il canale unico della partenza, che è il percorso didattico solitamente più frequentato. Il tema, inoltre, può avere una ricaduta positiva sull’approfondimento delle vicende migratorie attuali, permettendo di strutturare utili percorsi di educazione civica.

Conclusioni

Condurre i discenti alla riflessione sulla verità storica in maniera interessante e accattivante, utilizzando strumenti non necessariamente creati ad hoc per l’ambito scolastico, ma che per il taglio della narrazione e per l’alto valore delle tesi sostenute possono essere utili alla didattica: questo il senso della riflessione qui proposta a margine del saggio di Salvatore Lupo, Il mito del grande complotto. Gli Americani, la mafia e lo sbarco in Sicilia del 1943. Una proposta percorribile, sia per rendere più solide le conoscenze, sia per allontanare gli adolescenti da una tipologia di narrazione affascinante, ma non formativa, incentivando in loro lo sviluppo  del pensiero critico e di un un approccio più corretto ai media, in una ricerca costante del “falso” presentato come “vero”.

Bibliografia
  • A. degli Espinosa, Il Regno del Sud, Editori Riuniti, Roma 1973.
  • V. A. Leuzzi, 1943. La Puglia in guerra, Edizioni dal Sud, Bari 2023.
  • S. Lupo, Il mito del grande complotto. Gli americani, la mafia e lo sbarco in Sicilia del 1943. Donzelli, Roma 2023.
  • S. Lupo, La mafia. Centosessant’anni di storia, Roma, Donzelli, Roma 2018.
  • S. Lupo, Quando la mafia trovò l’America. Storia di un intreccio intercontinentale, 1888-2008, Torino, Einaudi, 2009;
  • S. Mangiameli, In guerra con la storia. La mafia al cinema e altri racconti, in Meridiana, n. 87, Viella, 2016
  • S. Mangiameli, La mafia tra stereotipo e storia, Sciascia, Caltanissetta – Roma 2000.
  • M. Pantaleone, Mafia e politica (1943-1962), Einaudi, Torino 1962.
  • M. Patti, La Sicilia e gli alleati, Tra occupazione e liberazione (prefazione di Salvatore Lupo), Donzelli, Roma 2013.
Sitografia:

Note:

[1] S. Lupo, Il mito del grande complotto. Gli americani, la mafia e lo sbarco in Sicilia del 1943. Donzelli, Roma 2023. P. VIII.

[2] G. Grimolizzi, «L’aiuto della mafia agli Alleati? Un grande complotto». Intervista a Salvatore Lupo, in “Il Dubbio”, 12 luglio 2023. URL https://www.ildubbio.news/cronache/laiuto-della-mafia-agli-alleati-un-grande-complotto-l9h296eh.

[3] S. Lupo, Il mito del grande complotto. Gli americani, la mafia e lo sbarco in Sicilia del 1943. Donzelli, Roma 2023. P. VII.

[4] M. Pantaleone, Mafia e politica, Einaudi, Torino 1962.

[5] C. Levi, introduzione a M. Pantaleone, Mafia e politica (1943-1962), Einaudi, Torino 1962.

[6] Lupo, 2023, p. 6.

[7] Lupo, 2023, p. 6.

[8] Lupo, 2023., pp. 5-6.

[9] V. A. Leuzzi, 1943. La Puglia in guerra, Edizioni dal Sud, Bari 2023.

[10] Dello stesso autore del volume in oggetto cfr. S. Lupo, Quando la mafia trovò l’America. Storia di un intreccio intercontinentale, 1888-2008, Torino, Einaudi, 2009; La mafia. Centosessant’anni di storia, Roma, Donzelli, Roma 2018; Manoela Patti, La Sicilia e gli alleati, Tra occupazione e liberazione (prefazione di Salvatore Lupo), Donzelli, Roma 2013; R. Mangiameli, La mafia tra stereotipo e storia, Sciascia, Caltanissetta – Roma 2000. Per una storia del regno del Sud, cfr. A. degli Espinosa, Il Regno del Sud, Editori Riuniti, Roma 1973.

[11]  Grimolizzi, 2023.

[12] In guerra per amore (Italia, 2016, 01 distribution).

[13] S. Mangiameli, Quando la mafia aiutò gli alleati. Storia di una diceria fortunata, in “Novecento.org”, n. 7, febbraio 2017. DOI: 10.12977/nov169. Cfr. anche il dibattito che è seguito alle teorie di Mangiameli: Rosario Mangiameli, In guerra con la storia. La mafia al cinema e altri racconti, in Meridiana, n. 87, Viella, 2016; La videolettera di Pif a lasicilia.it “Caro prof. Mangiameli si sbaglia”, in “La Siclia”, 12 Novembre 2016, URL: https://www.lasicilia.it/archivio/la-videolettera-di-pif-a-lasicilia-itcaro-prof-mangiameli-si-sbaglia-1116046/; S. Mangiameli, Se Pif banalizza lo sbarco in Sicilia, in “La Sicilia”, 8 novembre 2016. URL: https://www.lasicilia.it/archivio/se-pif-banalizza-lo-sbarco-in-sicilia-1107435/; Polemica Pif-storico su mafia nel ’43, in “ANSA.it”, 21 novembre 2016. URL: https://www.ansa.it/sicilia/notizie/2016/11/21/polemica-pif-storico-su-mafia-nel-43_63cb0db2-98e5-4b70-938c-17be9157a615.html

[14] Il film In guerra per amore di Pif è stato candidato al premio David di Donatello 2017 per miglior sceneggiatura, migliore scenografo, miglior costumista, miglior truccatore, miglior acconciatore, migliori effetti speciali visivi e al globo d’oro 2017 per la migliore fotografia e la migliore commedia.

[15] Cfr. il dossier S. Morganti e A. G. Salassa (a cura di), Scolpire il tempo: cinema e storia, cinema è storia, in “Novecento.org”, n.21, giugno 2024.