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Formare gli insegnanti: dalle SISS ai nuovi percorsi di abilitazione

Formare gli insegnanti: dalle SISS ai nuovi percorsi di abilitazione
Nota della Direzione

Nel corso degli anni, i Novecento.org si è affermata come rivista di riferimento per i/le docenti delle scuole del primo e secondo ciclo desiderosi di approfondimenti storici mirati, riflessioni metodologiche o attività didattiche da trasferire in classe con relativa immediatezza. A certificare questa realtà ci sono le statistiche di lettura del sito web, costantemente su ottimo livello ormai da diversi anni. E tuttavia, negli ultimi 12 mesi la redazione si è resa conto di come vi sia tutto un altro mondo da esplorare: quello della didattica universitaria.

Il tema dell’insegnamento della storia in università può essere affrontato da due punti di vista:

  • quello dell’università come agenzia di formazione – storica e metodologica – non solo dei futuri insegnanti, ma anche degli insegnanti in servizio (si vedano le varie iniziative in questa direzione avviate negli ultimi anni, in varie Università italiane, dai Dipartimenti di storia, in collegamento, o non, con i corsi di Didattica della storia);
  • quello dell’università come luogo di sperimentazioni didattiche, sia in termini di contenuti disciplinari sia di didattiche attive e laboratoriali.

Non che questo genere di riflessioni sia, fino a questo momento, mancato del tutto nella nostra rivista. Ci sembra però sempre più importante non trattarle come qualcosa di separato dalla formazione che riguarda le scuole primarie e – soprattutto – secondarie; e, anzi, siamo convinti che mettere in comunicazione questi due ambiti possa arricchirli vicendevolmente e favorire un confronto di esperienze e metodologie certamente proficuo per entrambi.

Per questo motivo si è deciso di dare avvio a un filone editoriale che sarà sviluppato nel corso dell’intero 2024 e che affronterà vari temi. Di qui l’utilità di un rapido bilancio dell’esperienza delle SSIS sottoforma di breve editoriale a firma di Antonio Brusa, già Direttore di questa stessa rivista e attualmente Presidente della S.I.Dida.St., la società italiana di didattica della storia, che proprio qualche settimana fa (l’11 dicembre 2023) ha diffuso un comunicato sui nuovi percorsi di formazione e abilitazione degli insegnanti.


Non molti ricordano le parole con le quali la ministra Mariastella Gelmini eliminò le Scuole di specializzazione all’insegnamento, faticosamente messe in piedi dalle Università nel 2001 (“ci sono voluti nove anni per istituirle, mi sono bastati nove minuti per eliminarle”). Molti, però, hanno ben presente che da allora – era l’agosto del 2008 – l’Italia è stata privata di un sistema stabile di formazione dei docenti. Andarono bene quelle scuole? E funzionarono i Pas e i Tfa che precariamente le sostituirono? L’Amministrazione non ha mai provveduto né a un monitoraggio e neppure a un meno ambizioso convegno nel quale i protagonisti avrebbero potuto confrontarsi.  E tale è rimasta la situazione a quindici anni di distanza, mentre il ministro Giuseppe Valditara ridà vita (finalmente) al corso, si spera stabile, di formazione professionale all’insegnamento.

Tuttavia, sarebbe bene rammentare quelle passate esperienze, almeno per evitarne qualche inconveniente. Le fonti non mancherebbero per una rinfrescata della memoria. Infatti, non furono pochi gli storici che pubblicarono resoconti del loro lavoro, esprimendo le loro valutazioni e riportando a volte la voce degli studenti. Per quanto manchi uno studio complessivo, una sia pur rapida scorsa mostra con grande evidenza una loro lamentela insistita: quella che i loro docenti delle Scuole di specializzazione spesso non facevano didattica, ma si limitavano a spiegare la loro disciplina, o a ri-spiegarla per chi l’aveva già frequentata nel suo corso di laurea. Al fondo di questo comportamento, c’era la disistima nei confronti della didattica disciplinare, considerata inutile rispetto all’urgenza di garantire una buona conoscenza della materia, se non inesistente, dal momento che la si riteneva compresa nella stessa conoscenza disciplinare. Ciò sembra valere in particolare per gli storici. Riassumendo questa vicenda nel corso di un convegno sulla formazione dei docenti di storia organizzato nel 2008 dalla Sisem (la società degli storici modernisti italiani), Andrea Zannini e Walter Panciera scrivevano: “Tra gli storici, poi, era – ed è tuttora prevalente – una concezione dell’insegnamento riassumibile nella massima catoniana rem tene verba sequentur. Da cui deriva che, se si padroneggia la materia, l’insegnamento scaturisce naturalmente da questo fatto senza bisogno di disporre di alcun metodo di insegnamento che non sia quello derivato dall’esempio dei propri docenti. Proveniendo dalla filiera tradizionale di formazione del corpo docente umanistico – borghesia professionale o intellettuale, Liceo Classico o Laurea in Lettere – il docente medio universitario continuava (e continua) a pensare che la Scuola italiana sia solo o prevalentemente quella che ha conosciuto”.

Nel corso di questo quindicennio, tuttavia, qualcosa è cambiato nelle Università. Gli insegnamenti di didattica della storia sono diventati consuetudine in molte facoltà, le Società storiche si sono dotate tutte di una sezione didattica e sono comparsi dei manuali didattica della storia, destinati specificatamente alla formazione universitaria, dai quali è possibile ricavare uno statuto della disciplina e, per ultimo, è nata la Società Italiana di Didattica della Storia (SIDidaSt), che si è data il compito di fornire ai diversi soggetti che si occupano di questa materia un luogo ideale dove riunirsi, scambiare esperienze e ricerche e, soprattutto, entrare in contatto con la ben strutturata ricerca storico-didattica internazionale. Certo, gli atteggiamenti tradizionali rimangono, e sono evidenti nella decisione di alcune facoltà (non sappiamo ancora quante) di suddividere il corso di didattica della storia in specializzazioni, quali “didattica della storia medievale, o antica”, e così via. Alle motivazioni di più lungo periodo, relative alle scarse conoscenze storiche dei corsisti, si aggiunge il proposito di salvaguardare le specificità didattiche di settore. Dal punto di vista pratico, va notato che non si tratta di una scelta felice: le ore che verranno assegnate al corso di didattica varieranno (a seconda delle Università) dalle 30 alle 35. Dividendole per le storie canoniche (antica, medievale, moderna e contemporanea), queste si riducono a sette/otto ore, durante le quali è evidente che non si potrà recuperare nessuna lacuna disciplinare, né impostare un serio lavoro di approfondimento specifico. Dal punto di vista professionale, per contro, non si può non tenere presente il contesto nel quale si andrà a insegnare: per esempio, se storia antica si insegna a bambini di 8/9 anni o a ragazzi di 14/15, è evidente che impostare la didattica sul Codex Inscriptionun Latinarum (come pure è stato scritto) sarebbe un tentativo alquanto ambizioso. Questa frammentazione, perciò, lungi dal proporre i benefici che si vorrebbero, distrugge il portato essenziale che la didattica può offrire a tutti i docenti, quale che sia la storia che insegnano: imparare come si organizza un determinato percorso storico per bambini o per adolescenti; imparare ad avviarli al pensiero storico; a costruire piccoli e pratici laboratori di storia e così via (solo per richiamare alcuni aspetti sui quali la ricerca didattica italiana ha lavorato).

Opportunamente, la SIDidaSt ha diffuso un comunicato nel quale, precisa che “i crediti formativi universitari (CFU) da erogare dovranno riguardare gli aspetti epistemologici, metodologici e tecnologici dell’insegnamento della storia e non la trasmissione di specifici contenuti” e richiama, per converso, alcuni contenuti che caratterizzano un programma universitario di didattica storica: “significato e finalità della disciplina storica; metodo della ricostruzione storica e gli intrecci interdisciplinari; assetto legislativo italiano ed europeo per l’insegnamento della Storia anche nella loro evoluzione storica; programmazione delle unità di apprendimento di Storia e gli strumenti operativi e valutativi; tecniche per la realizzazione di attività laboratoriali di Storia; potenzialità delle tecnologie informatiche e telematiche per l’insegnamento della Storia; confronto con gli usi extrascolastici della storia”.

Nel dibattito su questi corsi, che speriamo si avvii quanto prima, si dovrebbe tener presente che i problemi della formazione storica degli insegnanti sono due. Entrambi necessari ma, per quanto intrecciati fra di loro, distinti: il problema delle conoscenze storiche dei docenti che, come tutti lamentano, è in generale insufficiente, e quello delle conoscenze didattiche, che le Università non possono ancora una volta lasciare alla buona volontà di chi lavora nelle scuole.

 

Nota bibliografica

Le Scuole di Specializzazione all’insegnamento vennero abolite con la legge 133/2008, art. 64, comma 4. Sono state ripristinate con il DPCM del 4 agosto 2023. Fra gli interventi degli storici, vanno ricordati:

  • quelli del Convegno della Sisem sulla formazione storica, pubblicato in “Mundus”, 3.4, 2009, pp. 38-92, a cura di Walter Panciera;
  • il reading dell’Università di Pavia, curato da Brusa, Ferraresi, Lombardi, L’Officina della memoria. Percorsi di formazione storica a Pavia tra scuola e università, Unicopli, Milano 2008;
  • il resoconto dell’Università di Pisa: Baldocchi, Bucciarelli, Sodi, Insegnare storia. Riflessioni ai margini di un’esperienza di formazione, ETS, Pisa 2007;
  • quello di Trieste: Di Pasqua, Grassilli, Storti (a cura di), La SSIS di Trieste si racconta. Esperienze e riflessioni intorno a una scuola, Edizioni Università di Trieste, 2007.

Le riviste “Società e Storia”, “Storia e futuro” e “Reti medievali” hanno dedicato vari articoli a questo tema. Esempi di manuali di didattica storica:

  • W. Panciera e A. Savio, Manuale di didattica della storia. Formazione e aggiornamento per i docenti di scuola secondaria, Le Monnier Università, 2022;
  • F. Monducci, A. Portincasa (a cura di), Insegnare storia nella scuola secondaria. Il laboratorio storico e altre pratiche attive, Utet 2023.

Sulle Società storiche:

  • A. Brusa, Non sempre Cenerentola. La didattica della storia nei siti accademici italiani e in quelli esteri, in “Historia Magistra”, XXI, n. 34 2020, pp. 124-125.

Nel sito della SIDidaSt: www.Sididast.it si legge il comunicato per intero.