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Fuori ordinanza. L’obiezione di coscienza al servizio militare in Italia

Abstract

La storia dell’obiezione di coscienza al servizio militare in Italia permette di affrontare criticamente al questione delle prescrizioni normative e dei valori costituzionali condivisi dai cittadini. Il lavoro richiede la preconoscenza degli articoli della costituzione relativi alla Difesa (11 e 52) e alla libertà di coscienza (21).

Durata

4 ore.

don milani barbiana obiezione di coscienza

Di LmagnolfiOpera propria, CC BY-SA 4.0, Collegamento

Testo per docenti

Premessa

Perché una riflessione sull’Obiezione di coscienza oggi, a più di dieci anni dall’abolizione del servizio di leva e della coscrizione obbligatoria? Parrebbe di primo acchito un’operazione anacronistica e uno spreco di risorse, visti i destinatari, giovani non più costretti a passare un anno della loro vita in divisa, tra appelli in caserma ed esercitazioni al poligono di tiro.

A uno sguardo più attento è invece possibile cogliere almeno due motivi che rendono attuale questa proposta. In primo luogo perché non può dirsi esaurita la necessità di mantener viva una riflessione sui valori che hanno fatto sorgere e sostenuto nel tempo la scelta dell’Obiezione di coscienza, dalla pace all’antimilitarismo, dalla nonviolenza al rifiuto delle armi.

Ma c’è un secondo motivo che rende ancor più significativa la questione, ed è l’attualità della riflessione sul problematico rapporto tra norma e coscienza che non può venir circoscritto al solo ambito della chiamata alle armi, ma si allarga a tanti altri spazi del vivere civile, dalle pratiche di interruzione volontaria della gravidanza alla sterilizzazione, dalla procreazione medicalmente assistita ai trattamenti sanitari nel fine-vita.

Cronistoria dell’Obiezione di coscienza al servizio militare

Ripercorriamo rapidamente le principali tappe dell’Obiezione di coscienza al servizio militare in Italia. Non è stato un cammino facile. Questi ne sono stati i passaggi salienti[1]:

1861: Con l’unità d’Italia viene introdotta la coscrizione obbligatoria. Incontra una grandissima resistenza soprattutto tra la popolazione rurale del meridione, costretta a subirla forzatamente. L’esercito piemontese reprime massicciamente ogni forma di renitenza.

1915-18: Il malcontento popolare tocca il suo culmine. Nel corso della I Guerra Mondiale sono circa 470.000 i processi per renitenza alla leva, e oltre un milione per altri reati militari come diserzione, procurata infermità, disobbedienza aggravata, ammutinamento. È a questo periodo che risale il primo obiettore italiano ufficialmente documentato: Remigio Cuminetti, Testimone di Geova che nel 1916 finisce sotto processo per diserzione a causa del suo rifiuto di indossare l’uniforme.

1940: sotto il regime fascista, 26 Testimoni di Geova vengono processati e condannati perché rifiutano l’obbligo militare.

Italia repubblicana: I primi due casi di Obiezione di coscienza nel secondo dopoguerra risalgono alla fine degli anni ’40, e fanno riferimento a Rodrigo Castiello (membro di una comunità pentecostale) ed Enrico Ceroni (testimone di Geova), entrambi inquisiti e condannati per renitenza alla leva.

1948: La Costituzione Italiana, entrata in vigore il 1 gennaio, stabilisce all’art. 52 che “La difesa della patria è sacro dovere del cittadino. Il servizio militare è obbligatorio nei limiti e nei modi stabiliti dalla legge” e non prevede alcuna possibilità di obiettare.

1948-49: Processo a Pietro Pinna. È il primo processo di rilevanza nazionale a un obiettore di coscienza. Condannato, finisce in carcere per 10 mesi; liberato, viene nuovamente condannato e ritorna in carcere finché viene prosciolto dall’obbligo del servizio militare con un finto esonero per motivi di salute.

1949: Dopo i primi casi di Obiezione di coscienza, il socialista Calossi presenta il primo disegno di legge per il riconoscimento dell’Obiezione. Nel ’57 e nel ’62 il socialista Basso ripropone l’iniziativa, coperta dall’oblio dell’indifferenza parlamentare e dalla ostilità del governo e delle gerarchie militari.

Inizio anni ’60: primi casi di obiettori cattolici che dichiarano di voler vivere integralmente la non violenza evangelica, espressa dal comandamento del “non uccidere”.

1961: Il Sindaco di Firenze, Giorgio La Pira, autorizza la proiezione del film francese Non uccidere, incentrato sul tema dell’Obiezione di coscienza, nonostante il divieto imposto dalla censura.

1962: Obiezione di coscienza per motivi religiosi di G. Gozzini. Padre Balducci, religioso vicino agli ambienti della nonviolenza militante, gli esprime pubblicamente la propria solidarietà. Viene attaccato dalla chiesa ufficiale e difeso da don Milani.

1965: I cappellani militari italiani, radunati a Firenze per una ricorrenza, scrivono una lettera aperta contro l’Obiezione di coscienza, definita “atto di viltà”. Don Milani risponde pubblicamente alla provocazione con l’opuscolo L’obbedienza non è più una virtù. Insieme a P. Balducci viene accusato di apologia di reato e processato. Questo processo scuote l’opinione pubblica e porta alla ribalta il problema dell’Obiezione di coscienza, registrando importanti prese di posizione a favore degli obiettori.

1966: La legge Pedini sembra offrire una soluzione al problema attraverso una specie di servizio civile nel terzo mondo che esonera dal servizio militare. La legge però si rivela ambigua, insufficiente e la sua applicazione ancora peggiore. Sembra una legge fatta per i pochi privilegiati che potevano mettersi al servizio di ditte private, enti statali e religiosi interessati a impiegare nei paesi sottosviluppati personale poco pagato.

Il 7 dicembre viene promulgata dal Concilio Vaticano II la costituzione Gaudium et spes dove si legge, al n. 79, “sembra conforme ad equità che le leggi provvedano umanamente al caso di coloro che, per motivi di coscienza, ricusano l’uso delle armi, mentre tuttavia accettano qualche altra forma di servizio della comunità umana”.

1968: la contestazione giovanile coinvolge anche il servizio militare: l’Obiezione di coscienza per motivi politici, oltre a quelli etico-religiosi, si afferma come mai prima. Le lotte per i diritti civili condotte nelle fabbriche, nelle scuole e nei quartieri si allargano anche all’esercito come istituzione che serve a mantenere un rapporto di pericoloso dominio dello stato sulla società civile. Cresce il numero dei giovani che scelgono il carcere piuttosto di prestare il servizio militare: l’Obiezione di coscienza diventa ormai un problema da risolvere.

1970-71: Gruppi di 6-7 persone fanno obiezioni collettive con motivazioni soprattutto politiche; gli obiettori in carcere sono varie decine, oltre a 250 testimoni di Geova.

1972: La classe politica, messa in difficoltà dal vasto movimento d’opinione nato nella società e dal contemporaneo intensificarsi di azioni di protesta condotte dalle organizzazioni non violente, approva il disegno di legge Marcora. Viene così promulgata la legge 772 del 15.12.1972 che riconosce il diritto all’Obiezione di coscienza e al servizio civile sostitutivo per motivi morali, religiosi e filosofici. La legge rende possibile la scarcerazione dei giovani obiettori di coscienza e contemporaneamente segna un cambiamento storico nella legislazione italiana, perché introduce la possibilità di rifiutare il servizio militare con le armi sostituendolo con un servizio militare non armato. Con questa legge l’Obiezione di coscienza non viene ancora considerata un diritto, ma un beneficio concesso dallo Stato a precise condizioni e conseguenze: la gestione del servizio civile resta nelle mani del Ministero della Difesa. La legge viene considerata restrittiva e punitiva, perché prevede 8 mesi di servizio in più, una commissione giudicante, l’esclusione delle motivazioni politiche e la dipendenza dai codici e dai tribunali militari.

1998: Dopo una serie di tentativi falliti, si giunge finalmente all’approvazione della legge 230 che sancisce il pieno riconoscimento giuridico dell’Obiezione di coscienza. Con questa ultima legge tale istituto non è più un beneficio concesso dallo Stato, ma diventa un diritto della persona: il Servizio Civile rappresenta un modo alternativo di “servire la patria”, con una durata pari al servizio militare, a contatto con la realtà sociale, con i suoi problemi, con le sue sfide. Da questo momento i giovani possono scegliere di difendere la Patria con il servizio militare o con il servizio sostitutivo civile, la cui gestione passa all’Ufficio Nazionale per il Servizio Civile.

2000: Sono ormai maturi i tempi per una radicale riforma del Servizio Militare. La Legge 331 del 14.11.2000 muta profondamente la natura del Servizio di leva che diventa “volontario e professionale”, determinando così la conclusione della Obiezione di coscienza a partire dal 2007.

Obiezione al servizio di leva, ma non solo.

Le riflessioni che questo studio di caso potrebbe suscitare si collocano su due piani.

Il primo, più specifico, riguarda l’attualità delle istanze di pace sollecitate dall’obiezione di coscienza e dalle vicende di centinaia di obiettori che con le loro scelte hanno permesso di dare corpo giuridico ai diversi articoli della Costituzione italiana direttamente legati alla questione: l’articolo 11, innanzitutto, che sancisce in via di principio il rifiuto della violenza come via di soluzione dei conflitti (“L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”), ma anche l’articolo 52, secondo cui “La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino. Il servizio militare è obbligatorio nei limiti e modi stabiliti dalla legge”; e l’articolo 21, che tutela la libertà di coscienza (Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”). I conflitti in corso in ampi quadranti dello scacchiere internazionale e il ruolo in essi ricoperto dalle Forze armate italiane sollecitano una discussione sui modelli di difesa e sulle modalità di intervento che rende tutt’altro che accademica la riflessione su pace e nonviolenza.

Il secondo, più ampio, livello di indagine riguarda il valore – ma soprattutto i confini – dell’istituto dell’obiezione di coscienza, colto peraltro nella sua specificità rispetto alla resistenza alla legge ingiusta. Nei nostri ordinamenti contemporanei infatti, che hanno privato la legge ordinaria del suo carattere di insindacabilità individuando livelli di legalità e di garanzia “sopra” la legge e talvolta “contro” la legge, l’obiezione di coscienza non è – di norma – lo strumento per opporsi a una legge ritenuta ingiusta in quanto contraria ai valori fondanti dell’ordinamento giuridico: a questo scopo esiste la possibilità del ricorso alle forme riconosciute della giustizia costituzionale.

All’istituto dell’obiezione di coscienza pertiene piuttosto il compito di conciliare ragioni della legge e ragioni della coscienza, là dove si manifesti tra esse una conflittualità non sanabile con un semplice e pacifico esonero dall’osservanza di doveri generali altrimenti cogenti. Proprio su questo piano è necessaria un’analisi delle condizioni e dei requisiti necessari per ammetterla, onde evitare situazioni paradossali che finirebbero per snaturarla: si potrebbe giungere al caso, per assurdo, di appellarsi all’obiezione di coscienza per giustificare atti e comportamenti discriminatori, o per ammettere violazioni dell’altrui dignità.

Un caso di conflitto norma-coscienza

La riflessione sulla storia dell’obiezione di coscienza al servizio militare in Italia rappresenta un esempio paradigmatico di indagine in tal senso, perché mostra come in questo ambito specifico  sia stato possibile giungere a una integrazione dell’obiezione nel contesto dell’ordinamento democratico, pur dovendo affrontare snodi fortemente conflittuali. Questo risultato ha richiesto il concorso di due condizioni: da una parte, che la maggioranza accogliesse il valore del dissenso insito nell’obiezione; dall’altra, che la minoranza degli obiettori riconoscesse il valore dei doveri “inderogabili” di solidarietà politica, economica e sociale espressi nell’articolo 2 della Costituzione, in un quadro di pluralismo accettato e condiviso.

Il riconoscimento dell’Obiezione di coscienza diventa in questo caso il segnale delle divisioni culturali e ideologiche che marcano una società, ma anche della sua capacità di affrontarle, garantendo una legittima tutela alle minoranze nei casi in cui il processo democratico non sia stato in grado di raggiungere un adeguato livello di integrazione di posizioni culturali e assiologiche differenti. Sotto questo profilo, l’istituto dell’obiezione di coscienza diventa un efficace indicatore del livello democratico di una comunità plurale, assumendo un significato più ampio rispetto a quello di semplice forma di tutela della “coscienza dissenziente” rispetto alla lettera della legge. Essa diventa «strumento di garanzia della convivenza e della coesione in una società democratica e pluralista, i cui limiti sono anche i limiti entro i quali la “contraddizione” insita nell’obiezione di coscienza può essere tollerata. Più in là, resta la necessità che la società si regga sull’accettazione comune di alcuni valori»[2].

In questa prospettiva i processi subiti dagli Obiettori di coscienza al servizio di leva nei tribunali militari italiani hanno fornito occasioni insostituibili per affrontare temi nodali per la nascente Repubblica. Si potrebbe affermare che – al di là del merito della questione – hanno contribuito a far crescere gli spazi di democrazia che alcune forze politiche volevano ridurre surrettiziamente. Proprio per questo meritano di esser fatti oggetto di studio in un percorso più ampio di indagine del primato dialettico della coscienza sull’obbedienza e del rapporto problematico tra democrazia e libertà.

Bibliografia

  • S. ALBESANO, Storia dell’obiezione di coscienza in Italia, Santi Quaranta, 1993
  • AA.VV, Processo all’obiettore, Lanterna, 1971
  • P. FERRUA, L’obiezione di coscienza anarchica in Italia, Arkiviu-Bibrioteka “T. Serra”, 1997
  • A. MARTELLINI, Fiori nei cannoni, Donzelli editore, 2006
  • D. PARIS, L’obiezione di coscienza, Passigli editori, 2011
  • G. PIOLI, Gli obbiettori di coscienza dinanzi alla legge, Rescigno, 1949
  • G. ROCHAT, L’antimilitarismo oggi, Claudiana, 1973

Sitografia

Materiali per lo studio di caso

Vengono presentati documenti che intendono suggerire una possibile riflessione su più livelli:

1) In primo luogo vogliono illustrare il travagliato itinerario percorso da uno specifico ambito dell’Obiezione di coscienza – quello al servizio militare di leva – per ottenere adeguato riconoscimento giuridico.

2) In secondo luogo intendono analizzare il progressivo cambiamento delle motivazioni e dei caratteri della stessa Obiezione di coscienza al servizio di leva, attraverso la presentazione degli interventi degli obiettori nel corso dei processi subiti nei tribunali militari, mostrando come da semplice scelta pacifista fondata su motivazioni personali di carattere etico o religioso sia andata assumendo nel corso degli anni un carattere più generale, caricandosi di significati politici e ideologici.

3) Infine vorrebbero far intravedere le linee prospettiche di una riflessione allargata al tema più ampio delle divisioni culturali e ideologiche che caratterizzano una società plurale, del loro riconoscimento e della loro integrazione nel contesto dell’ordinamento democratico.

Documento 1: Processo a P. Pinna (1949). L’Obiezione di coscienza come scelta personale.

Il processo a Pietro Pinna solleva per la prima volta nell’opinione pubblica il caso “Obiezione di
coscienza”. Se ne occupano giornali e politici su fronti contrapposti. Dal brano riportato emerge
chiaro come la scelta di Pinna si fondi su argomentazioni personali di carattere etico e religioso.

Documento 2: Articolo de La Civiltà Cattolica (1950): Il servizio militare è sacro dovere

Fin dalla sua fondazione, la rivista dei Gesuiti La Civiltà cattolica è stata portavoce ufficiosa della
Chiesa cattolica, in quanto gli articoli che vi compaiono passano ancora oggi al vaglio della Santa
Sede. Per questo i pareri che esprime hanno un valore particolarmente significativo, come nel
caso dell’articolo firmato dal gesuita P. Messineo, qui riportato in stralcio, caratterizzato da una
stroncatura dell’Obiezione di coscienza netta e senza appello.

Documento 3:  Processo a G. Gozzini (1963). L’Obiezione di coscienza come fatto politico

Il caso di Giovanni Gozzini, primo obiettore cattolico italiano, suscita grandi polemiche in tutto il
Paese perché affianca alle motivazioni personali di carattere religioso riflessioni più generali di
carattere politico, considerate più pericolose dalle gerarchie militari per la stabilità dell’intero
ordinamento istituzionale. Nel brano è riportato un passaggio della sua autodifesa.

Documento 4:  Processo a G. Gozzini (1963). L’obiettore di coscienza “giudice e arbitro delle
leggi”

La requisitoria del Pubblico Ministero al processo Gozzini rende espliciti i timori delle gerarchie
militari: l’assoluzione di un obiettore aprirebbe una falla nel muro di difesa delle istituzioni.

Documento 5:  Documento dei cappellani militari (1965): l’Obiezione di coscienza come atto di viltà

La Chiesa degli anni ’60 vive dilaniata tra posizioni “lealiste” e istanze profetiche decisamente
critiche nei confronti dell’uso delle armi. Della prima fazione si fanno portavoce i cappellani militari,
che su iniziativa di don Alberto Cambi, sacerdote vicino al MSI, approvano un ordine del giorno in
cui deprecano la scelta dell’Obiezione di coscienza.

Documento 6:  La risposta di don Milani: l’obbedienza non è più una virtù

 La risposta di don Milani, priore di Barbiana, non si fa attendere. L’espressione “l’obbedienza non
è una virtù” ha fatto scuola, ed è diventata un motto per molti movimenti dell’area pacifista e della
nonviolenza. Il brano qui suggerito come documento riporta proprio questo passaggio.

Documento 7:  Processo a G. Viola (1965). L’Obiezione di coscienza come antistatalismo

Col passare del tempo la scelta dell’Obiezione di coscienza si colora sempre più di toni polemici nei
confronti dello Stato e delle sue istituzioni, in particolare di quella militare. Anche obiettori non
direttamente legati agli ambienti anarchici assumono posizioni polemiche che vengono esplicitate
in occasione dei processi di fronte ai Tribunali militari. Ne è esempio questo brano, tratto
dalla conferenza stampa tenuta da Giorgio Viola poco prima dell’ingresso in aula.

Documento 8:  Testo della canzone Proposta (Mettete dei fiori nei vostri cannoni) de “I giganti” [1967]

Le idee pacifiste escono dalla cerchia ristretta degli addetti ai lavori ed entrano progressivamente
nelle pieghe della società civile, della cultura e dell’arte. Si moltiplicano i cantautori militanti, che
in Italia come nel mondo seguono le orme dei vari Bob Dylan e Joan Baez, inneggiando alla pace e
alla fine delle guerre, ma non solo. Anche esponenti della musica pop fanno entrare nei loro brani le
tematiche del movimento nonviolento, come testimonia questa famosa canzone dei Giganti,
classificatasi terza nella gara canora forse più tradizionalista del panorama musicale italiano, quella
del Festival di Sanremo.

Documento 9:  Processo ad A. Trevisan (1971). L’Obiezione di coscienza come “smagliatura nel sistema”

Il brano proposto riporta una delle espressioni più esplicite della preoccupazione del mondo
militare circa la diffusione della scelta dell’Obiezione di coscienza: nel corso del processo ad Alberto
Trevisan, uno dei personaggi più noti della storia dell’Obiezione, il Pubblico Ministero la definisce
“una smagliatura”. Ciò che teme di più non è il pacifismo individuale dei Testimoni di Geova o di
qualche singolo devoto, ma la scelta operata a partire da motivazioni politiche, contagiose e
corrosive per la tenuta complessiva del “Sistema”

Documento 10: Processo a G. Bedussi (1970). L’Obiezione di coscienza come esempio di conflitto legalità-giustizia

Nel processo condotto nel 1970 davanti al tribunale militare di Bari contro Claudio Bedussi,
l’avvocato difensore è Mino Martinazzoli. Futuro Ministro della difesa (non proprio morbido nei
confronti dell’Obiezione di coscienza…), in quella occasione sollevò invece un aspetto importante
per la riflessione che questo “studio di caso” intende suscitare, suggerendo un’apertura
interessante al tema più ampio del rapporto dialettico tra legalità e giustizia.

Documento 11: L’obiezione di coscienza in cifre. L’andamento tra il 1973 e il 1991

La tabella offre un quadro eloquente dell’impennata di richieste di obiezione a partire dall’entrata
in vigore della Legge 772 del dicembre 1972.

Testo per gli allievi

La Costituzione italiana recita, all’articolo 52: “La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino. Il servizio militare è obbligatorio nei limiti e modi stabiliti dalla legge”. Si richiama quindi alla tradizione della coscrizione obbligatoria in vigore nel Paese fin dal 1861, affidando al Parlamento il compito di individuare opportune modalità di attuazione nella nuova stagione repubblicana, senza fornire indicazioni circa il possibile esercizio del diritto all’Obiezione di coscienza. Non offre cioè la possibilità di sottrarsi alla chiamata alle armi appellandosi a motivi ideali, lasciando senza voce coloro che in Italia già da tempo avevano sollevato la questione. Il riferimento non è solo ai Testimoni di Geova, che già nel 1916 avevano subito processi davanti ai tribunali militari italiani per essersi rifiutati di indossare l’uniforme, ma anche altri obiettori, come Rodrigo Castello, membro di una Chiesa pentecostale condannato nel 1947 per non aver risposto alla cartolina di precetto.

Da allora la questione è stata tenuta viva da numerosi esponenti di movimenti pacifisti con motivazioni che sono andate arricchendosi nel tempo di sfumature diverse. Disposti a pagare con il carcere la propria scelta e sottoposti a ripetuti processi e a lunghe detenzioni tra gli anni ’50 e gli anni ’70, hanno suscitato accesi dibattiti che hanno visto confrontarsi posizioni contrastanti quando non contraddittorie, come quella della Chiesa italiana, dilaniata tra le posizioni “lealiste” dei cappellani militari e le istanze profetiche di personaggi come Padre Balducci o don Milani.

Il lungo percorso che portò il riconoscimento giuridico dell’Obiezione di coscienza tagliò un primo traguardo nel 1972 con l’approvazione della legge 772 che ha offerto ai giovani di leva la possibilità di sostituire il servizio militare con un analogo servizio civile non armato; e successivamente nel ’98 ha equiparato a tutti gli effetti le due possibilità, sia in termini di durata che di dignità, fino a che nel 2000 la legge ha abolito la coscrizione obbligatoria trasformando le Forze armate in un esercito volontario e professionale, abolendo così l’istituto dell’Obiezione di coscienza.

Oggi, dunque, il servizio militare non è più obbligatorio. Ma resta importante riflettere sull’obiezione di coscienza, almeno per due motivi. In primo luogo perché non può dirsi esaurita la necessità di mantener viva una riflessione sui valori che hanno fatto sorgere e sostenuto nel tempo la scelta dell’Obiezione di coscienza, dalla pace all’antimilitarismo, dalla nonviolenza al rifiuto delle armi.

E in secondo luogo la questione resta significativa in quanto rimane aperta la riflessione sul problematico rapporto tra norma e coscienza che non può venir circoscritto al solo ambito della chiamata alle armi, ma si allarga a tanti altri spazi del vivere civile, dalle pratiche di interruzione volontaria della gravidanza alla sterilizzazione, dalla procreazione medicalmente assistita ai trattamenti sanitari nel fine-vita.

Dossier

Documento 1. Pietro Pinna: L’Obiezione di coscienza come scelta personale fondata su motivazioni di carattere morale.

“La guerra, nonostante l’abnegazione e l’eroismo ispirati dall’amor di patria, misconosce imperdonabilmente il valore divino della vita umana. Nessuna legge deve cercare di violentare la coscienza di un individuo al punto di impedirgli di vivere per quei principi nei quali trova la sua ragione di esistenza come uomo”.

[Dal Memoriale di Pietro Pinna, uno dei primi obiettori di coscienza processato in Italia nel 1949. In: S. ALBESANO, Storia dell’obiezione di coscienza in Italia, Santi Quaranta, 1993, pag. 27]

Documento 2. La Civiltà cattolica: Il cittadino ha l’obbligo di obbedire allo Stato impugnando le armi.

“Lo Stato ha il potere di chiamare al servizio della patria i propri cittadini, di prepararli convenientemente con l’istruzione militare alla difesa armata, imponendo loro l’obbligo di rispondere al suo appello. Il cittadino da parte sua ha l’obbligo di ubbidire impugnando le armi. […] I giudici che hanno condannato il giovane Pinna hanno compiuto il loro dovere, e la Camera compirà il proprio respingendo la proposta di legge sull’Obiezione di coscienza. La pericolosità del soggettivismo che essa rende legale si può già vedere in atto nel rifiuto degli operai di qualche industria bellica di lavorare alla produzione delle armi”

[Da La Civiltà cattolica del l’11 febbraio1950. In: S. ALBESANO, cit., pag. 39]

Documento 3. G. Gozzini. L’Obiezione di coscienza come scelta di carattere politico

“La guerra è un male presente anche in quello che chiamiamo «tempo di pace», perché mette le sue radici in altri mali: l’ingiustizia, la fame, lo sfruttamento, ecc. di fronte ai quali vorrei esercitare più positivamente la mia «obiezione di coscienza». Sarei disposto a servire la patria in un servizio civile alternativo che mi offra questa possibilità”.

[Da G. GOZZINI, Perché sono un obiettore di coscienza. In: A. MARTELLINI, Fiori nei cannoni, Donzelli editore, 2006, pag. 153]

Documento 4. Il Tribunale militare: l’obiettore di coscienza come “giudice e arbitro delle leggi”

“Gozzini ha portato davanti a questo Tribunale il proprio problema di coscienza, la sua estrema antisocialità che lo ha condotto a contrapporsi allo Stato, erigendosi arbitro a stabilire quali leggi si debbano seguire. Se riconoscessimo il Gozzini innocente autorizzeremmo chiunque ad erigersi giudice delle leggi secondo la propria coscienza”

[Dalla requisitoria del P.M. al processo Gozzini (1963). In: S. ALBESANO, cit., pag. 70]

Documento 5. I cappellani militari: l’Obiezione di coscienza come atto di viltà

“I cappellani militari in congedo della regione Toscana […] considerano un insulto alla Patria e ai suoi caduti la cosiddetta «obiezione di coscienza» che – estranea al comandamento cristiano dell’amore – è espressione di viltà”.

[Ordine del giorno dei cappellani militari in congedo riuniti a Firenze (1965). In: S. ALBESANO, cit., pag. 80]

Documento 6.  Don Milani: l’obbedienza non è più una virtù

“Bisogna avere il coraggio di dire ai giovani che l’obbedienza non è ormai più una virtù, ma la più subdola delle tentazioni. Quando è l’ora, non c’è scuola più grande che pagare di persona con una obiezione di coscienza, cioè violare una legge di cui si ha coscienza che è cattiva e accettare la pena che essa prevede. Preghiamo Dio che ci mandi molti giovani capaci di tanto!”.

[Da L. MILANI, L’obbedienza non è più una virtù. In: S. ALBESANO, cit., pag. 84]

Documento 7.  G. Viola (1965). L’Obiezione di coscienza come antistatalismo

“Rifiuto il servizio militare perché penso che la Patria alla cui difesa sono chiamati i cittadini sia un mito. Sono convinto che con la motivazione della Patria mi si vuole in realtà indurre a uccidere o a farmi uccidere per difendere l’esistenza dello Stato cui sono soggetto, e che è soltanto una delle possibili organizzazioni, e probabilmente nemmeno la migliore”.

[Dichiarazione dell’obiettore Giorgio Viola in occasione del processo di fronte al Tribunale militare (1965).  In: A. MARTELLINI, cit., pag. 156]

Documento 8.  L’Obiezione di coscienza entra nel tempio della canzone italiana

Rit.: Mettete dei fiori nei vostri cannoni, perché non vogliamo mai nel cielo molecole malate,

        ma note musicali che formano gli accordi per una ballata di pace, di pace, di pace. 

Anche tu sei molto giovane, quanti anni hai? E di che cosa non sei soddisfatto?

Ho quasi vent’anni e vendo giornali girando quartieri fra povera gente
che vive come me, che sogna come me sono un pittore che non vende quadri
dipingo soltanto l’amore che vedo e alla società non chiedo che la mia libertà.

Rit.: Mettete dei fiori nei vostri cannoni…

[I GIGANTI, Proposta (Mettete dei fiori nei vostri cannoni). Canzone 3^ classificata al Festival di Sanremo ’67]

Documento 9. Il tribunale militare: l’Obiezione di coscienza come “smagliatura nel sistema”

“Chiedo fin d’ora che al Trevisan non sia concessa alcuna attenuante, per la semplice ragione che l’Obiezione di coscienza costituisce una smagliatura nel sistema. Capisco l’obiettore di coscienza per motivi religiosi, poiché ritiene di far parte soltanto della milizia celeste e di non poter militare nella milizia terrena, ma debbo totalmente dissentire da colui che rifiuta il servizio militare per motivi ideologici e per un’avversione contro l’istituzione militare”.

 [Dalla requisitoria del P.M. al processo Trevisan(1971). In: AA.VV, Processo all’obiettore, Lanterna, 1971, pag. 103]

Documento 10. Martinazzoli: L’obiezione di coscienza come esempio di conflitto legalità-giustizia

“Questi giovani non chiedono esenzioni, dispense o privilegi; chiedono di servire la patria in un modo che, non offendendo la loro coscienza, risulti ugualmente proficuo per l’onore della nazione. Il comportamento di questo giovane può assumere ai vostri occhi l’aspetto della provocazione; ma basta a me che ammettiate l’onestà intellettuale e morale di questa sua presa di posizione. […] Questo conflitto tra legalità e giustizia appartiene, del resto, alla nostra esperienza esistenziale”.

[Dall’arringa del difensore, avv. M. Martinazzoli, al processo Bedussi (1970). In: S. ALBESANO, cit., pag. 105]

Documento 11. L’obiezione di coscienza in cifre. L’andamento tra il 1973 e il 1991

Anno Domande di O.d.C.
1973 143
1978 1.934
1981 7.000
1984 9.093
1989 13.746
1991 18.254

[Da S. ALBESANO, cit., pag. 164]

Attività didattica
  1. Contestualizzazione

1.a Ricostruisci, attingendo alle fonti che ritieni più appropriate, l’ordine cronologico delle tappe salienti del riconoscimento giuridico dell’Obiezione di coscienza al servizio militare in Italia e collocale sull’asse del tempo. Individua poi i collegamenti fra gli eventi storici e i documenti riportati, soffermandoti in particolare sugli avvenimenti della società italiana nel periodo tra il 1948 e il 1972.

1.b Individua altri ambiti della vita sociale in cui movimenti politici e di opinione hanno fatto appello al principio dell’Obiezione di coscienza per non riconoscere la legittimità di comportamenti, prescrizioni e vincoli normativi.

  1. Rapporto fra testo e documenti

2.a Nel testo si parla di “motivazioni che sono andate arricchendosi nel tempo di sfumature diverse”, a sostegno della scelta dell’Obiezione di coscienza. Riesci ad individuare questo progressivo cambiamento nei documenti che ti sono stati forniti?

2.b Il testo dice che “il rapporto tra norma e coscienza non può venir circoscritto al solo ambito della chiamata alle armi, ma si allarga a tanti altri spazi del vivere civile”. Individua nei documenti a tua disposizione qualche riferimento esplicito a questa indicazione.

  1. Lavoro sui documenti

3.a Ricava dai documenti forniti alcune indicazioni circa le diverse interpretazioni del “dovere di difendere la patria” prescritto dall’art. 52 della Costituzione italiana.

3.b Individua nei documenti alcune delle motivazioni addotte dalle gerarchie militari per osteggiare così duramente il riconoscimento giuridico dell’Obiezione di coscienza.

3.c In quali testi si intravedono gli spiragli che hanno consentito infine l’integrazione tra posizioni distanti come quelle degli obiettori e quelle dei militari? A cosa hanno potuto fare riferimento per trovare la cornice entro cui scrivere una legge capace di offrire spazio a istanze così divergenti?

  1. Integrazione del testo

Il testo termina in modo aperto, lasciando spazio a un possibile sviluppo del tema centrale – quello della dialettica tra norma e coscienza – in direzioni che non sono semplicemente quelle del rifiuto del servizio militare. Prova tu ad aggiungere qualche spunto che trasponga su altri fronti le problematiche e le soluzioni individuate per comporre gli aspetti conflittuali della questione.

  1. Discussione

Come sintesi delle attività fin qui svolte, potrebbe essere interessante concludere lo studio di caso con un esercizio di “didattica controversiale”. In riferimento all’ambito della riflessione (il percorso giuridico e l’attenzione ai procedimenti contro gli obiettori di coscienza) l’argomento dell’obiezione di coscienza si presta a essere affrontato attraverso un dibattimento processuale simulato, in cui agli studenti vengano assegnati i ruoli di Giudice, Pubblico ministero e difensore, dando vita a un vero e proprio dibattimento condotto secondo i canoni giuridici[3].

Glossario

Coscrizione obbligatoria:
È una delle forme di reclutamento previste per la costituzione delle forze armate. La coscrizione indica genericamente l’iscrizione, prevista dalla legge, dei cittadini in apposite liste, al fine di consentire la chiamata di questi ultimi nell’esercito per il servizio militare. Quando è imposta in modo cogente dalla legge si parla di “coscrizione obbligatoria”.
Si differenzia radicalmente dal reclutamento previsto per gli eserciti  professionisti, su base volontaria.

Obiezione di coscienza:
Possibilità – riconosciuta e codificata dalla legge – di rifiutare di ottemperare a un dovere imposto dall’ordinamento giuridico da parte di chi ritiene tale dovere contrario alle proprie convinzioni , o comunque tale da provocare effetti contrari alle proprie convinzioni etiche, morali o religiose.

Disobbedienza civile:
Forma di lotta politica, attuata da un singolo individuo o più spesso da un gruppo di persone, che comporta la consapevole violazione di una precisa norma di legge, considerata particolarmente ingiusta.

Resistenza a una legge ingiusta:
Possibilità di ricorrere per vie legali – in Italia attraverso le forme riconosciute della giustizia costituzionale – contro provvedimenti legislativi ritenuti ingiusti.

Testimoni di Geova:
Movimento religioso di ispirazione cristiana fondato nel 1870 in Pennsylvania da Charles Taze Russel. I suoi membri hanno sempre rifiutato per motivi religiosi non solo di prestare servizio militare ma anche di svolgere qualunque forma di servizio civile sostitutivo, in quanto non riconoscono la suprema autorità dello Stato. Piuttosto di “servire” lo Stato adempiendo a un qualche obbligo, hanno sempre scelto di sottoporsi al giudizio dei tribunali militari e di subire le pene derivanti dall’accusa di renitenza alla leva.


 Note:

[1] cfr. http://www.serviziocivile.gov.it/menu-dx/obiezione-di-coscienza/storia-dellobiezione-di-coscienza/

[2] D. PARIS, L’obiezione di coscienza, Passigli editori, 2011, pag. 17

[3] Per approfondire caratteristiche e modalità della didattica controversiale, cfr i riferimenti al T.E.A.C.H. (Teaching Emotive And Contoversial History) di M. Woolley in http://www.mundusonline.it/index.php/numeri-precedenti/ mundus-1/21-strutture/1/59-la-societa-internazionale-per-la-didattica-della-storia

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Dati articolo

Autore:
Titolo: Fuori ordinanza. L’obiezione di coscienza al servizio militare in Italia
DOI: 10.12977/nov187
Parole chiave: , , ,
Numero della rivista: n.8, agosto 2017
ISSN: ISSN 2283-6837

Come citarlo:
, Fuori ordinanza. L’obiezione di coscienza al servizio militare in Italia, Novecento.org, n. 8, agosto 2017. DOI: 10.12977/nov187

Dossier n. 8, agosto 2017

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