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Jazz, propaganda e Terzo Reich

Laboratorio collegato al percorso interdisciplinare La musica al tempo delle dittature

Il laboratorio si propone di far scoprire ai ragazzi che anche una fonte musicale può essere utilizzata come fonte storica. In questo caso, la fonte è costituita dal jazz, la musica americana che si diffuse in Europa nel primo dopoguerra. Era una musica americana e nera: perciò non risultava gradita ai regimi nazifascisti. In particolare, fu oggetto di un’intensa attività di controllo da parte dei nazisti e, per contro, divenne, nei campi di concentramento, uno strumento per resistere a quelle terribili sofferenze.

Il laboratorio ha tre momenti. Nel primo, gli allievi vengono invitati ad una lettura sinestetico-emozionale di un brano jazz. Nel secondo si forniscono agli allievi alcuni elementi che permettono la contestualizzazione del brano: il luogo dove venne eseguito, il suo autore, le condizioni dei campi. Di conseguenza, vengono invitati a riflettere sulle prime impressioni a caldo. Nel terzo momento, il laboratorio si apre alla discussione sul senso di questo tipo di musica dentro e fuori i lager nazisti.

ATTIVITÀ N. 1:

a. Ascoltate il brano proposto, ma soprattutto “ascoltatevi”.

D. Reinhardt, Belleville

b. Descrivete le emozioni suscitate in voi dall’ascolto (gioia, tristezza, irrequietezza, indifferenza)

c. Associate alla musica una o più immagini tra le sei proposte:

a) pellegrino1
b)pellegrino2

c)pellegrino3
d)pellegrino4

e) pellegrino5
f) pellegrino6

 

d. Associate alla musica una o più azioni (sorridere, danzare, piangere, sospirare, urlare)

e. Ora, analizzate il brano (sottolineate le risposte o rispondete ove richiesto)

  • ritmo  (veloce, lento, veloce e lento)
  • tempo (allegro, gioioso, vivace, malinconico, triste, lento, ecc. – anche più opzioni contemporaneamente)
  • melodia: (orecchiabile, difficile da seguire, assente)
  • strumenti ascoltati (provate a individuarli)

 

ATTIVITÀ N. 2

L’insegnante introduce questa fase, informando gli allievi che quel pezzo venne suonato a Terezín (Theresienstadt in tedesco), campo di concentramento a 60 km da Praga, e che ora prenderanno in esame dei documenti che permetteranno loro di capire l’ambiente e il clima, nel quale quella musica venne eseguita. Fa leggere i brani e, dopo una breve discussione, invita gli studenti a riprendere i giudizi precedentemente formulati e, se lo ritengono necessario, modificarli.

a. Poesia anonima, scritta nel campo di concentramento di Theresienstadt

.. quindici corpi che vogliono vivere qui

trenta occhi che cercano quiete

teste rasate che ricordano la galera…

Il cibo che danno qui è un vero lusso.

Troppo lunga è la notte per un giorno troppo breve.

Malgrado tutto non voglio abbandonare

questa stanza più grande,

la mia polmonite

e le infermiere, ombre vaganti

che aiutano i piccoli malati.

Vorrei restare qui, piccolo malato in questo luogo di visite mediche

finché non sarò guarito

a lungo, a lungo.

Poi vorrei vivere

e tornarmene a casa.

(J. Karas, La musica a Terezín 1941-1945, a cura di F. R. Recchia Luciani, Genova, il melangolo, 2011)

b. Testimonianza di V. Ullmann, musicista, compositore e musicologo internato nel campo di concentramento di Theresienstadt

Theresienstadt è stata, ed è ancora per me, la scuola della Forma. In passato, quando non si avvertiva né l’impatto né il fardello della vita materiale, perché cancellati dagli agi, magiche realizzazioni della civiltà, era facile concepire forme artistiche di grande bellezza. Qui, a Terezín, dove anche nella vita quotidiana occorre vincere la materia con il potere della forma, dove qualsiasi cosa in rapporto con le Muse stride così aspramente con ciò che ci circonda, proprio qui si trova la vera scuola dei Maestri, se, come Schiller, si percepisce il segreto di ogni opera d’arte nel tentativo di annichilire la materia grazie alla forma, che è, probabilmente, la più alta missione dell’uomo, sia dell’uomo estetico che di quello etico.

(H. G. Adler, Theresienstadt 1941-1945, Göttingen, Wallstein Verlag, 2005)

c. L’opinione di uno studioso odierno

Ben raramente un’espressione artistica ha influenzato le esistenze di comuni esseri umani tanto direttamente quanto il jazz nell’Europa occupata dai nazisti. Era una catarsi quotidiana, un rilassamento purificatorio dopo la tensione. Le persone che suonavano questa musica erano sicure di essere coinvolte nella vera forma d’arte del ventesimo secolo. Il suo elemento principale, lo swing, era emblematico, pertinente e fisico.  Cos’era lo swing? Lo swing era la musica popolare di quel tempo. […] Il jazz si identificava col dramma, era dinamite politica, esteticamente ecologico, creato con fervore religioso, ed era popolare. Una rara combinazione.

(Zwerin M., Musica degenerata. Il jazz sotto il nazismo, Torino, EDT, 1993)

 ATTIVITÀ N. 3

L’insegnante propone la lettura del regolamento nazista, riguardo alla musica Jazz. Avvia la discussione in classe su ciò che questa musica oggi ci fa conoscere di quel periodo. Al termine del lavoro, l’insegnante completerà il quadro informativo-problematico, utilizzando l’articolo sulla musica degenerata proposto nella prima parte di questo dossier. Può chiudere l’unità invitando gli allievi a scrivere una breve relazione sulla “musica degenerata”.

Riassunto del regolamento del Ministero della Propaganda (nazista), sostenuto dalla Reichmusikprüfstelle, l’organo della censura musicale del Terzo Reich, in riferimento alla musica jazz:

  • I pezzi Swing non devono eccedere del 20% il repertorio delle orchestre.
  • Nel repertorio jazz, sono da preferire composizioni in tonalità maggiore e testi che esprimano gioia di vivere piuttosto che a testi tristi di stampo ebraico.
  • Per quanto riguarda il tempo, la preferenza è da dare a composizioni vivaci piuttosto che ai lenti cosiddetti blues; tuttavia, il ritmo non deve superare un certo livello di Allegro, commisurato al senso ariano della disciplina e della moderazione. In nessun caso saranno tollerati eccessi “negroidi” (come recita la legge) nel tempo (il cosiddetto hot jazz) o nelle performance da solista.
  • È severamente vietato l’uso di strumenti estranei allo spirito tedesco (compreso il sax, anche fabbricato da aziende tedesche, da sostituire con il violoncello o la viola ad esempio) così come tutti quelli che “trasformano il suono nobile degli strumenti a fiato e ottoni in un ululato ebraico-massonico” (come recita la legge).
  • Nelle cosiddette composizioni jazz il contrabbasso può essere suonato soltanto con l’archetto. Non è possibile “pizzicare” le corde in quanto ritenuto dannoso per lo strumento e per la musicalità ariana. Pizzicare le corde è, dunque, vietato salvo casi eccezionali, purché si faccia bene attenzione affinché la corda non batta contro la tastiera.
  • Si proibisce di alzarsi platealmente in piedi nell’esecuzione di assoli.
  • Si proibisce di lanciare strilli durante l’esecuzione.

(J. Skvorecky, Il sax basso, Milano, Adelphi, 1993)

 

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Dati articolo

Autore:
Titolo: Jazz, propaganda e Terzo Reich
DOI: 10.12977/nov152
Parole chiave: , , ,
Numero della rivista: n. 7, febbraio 2017
ISSN: ISSN 2283-6837

Come citarlo:
, Jazz, propaganda e Terzo Reich, Novecento.org, n. 7, febbraio 2017. DOI: 10.12977/nov152

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