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La Grande guerra in Friuli raccontata al femminile (1915-1918)

La Grande guerra in Friuli raccontata al femminile (1915-1918)

Per una storia “plurale” nel curricolo scolastico

Abstract

Il laboratorio nasce da un’esperienza condotta nelle due classi terze della scuola secondaria di I grado “G. D’Artegna” di Artegna dell’Istituto comprensivo di Gemona del Friuli (Udine). Il racconto della Grande guerra si concentra sulle condizioni di vita e sulle attività svolte dalle donne friulane e carniche che vissero il dramma del primo conflitto mondiale. L’area provinciale di riferimento, di particolare rilevanza come zona di retrovia a ridosso del fronte dopo l’entrata in guerra dell’Italia nel 1915, ha visto le donne del luogo esercitare in molte occasioni un ruolo fondamentale.
Il percorso proposto nasce in occasione delle commemorazioni del centenario, con una particolare attenzione alle dinamiche della soggettività e all’identità di genere e con l’intento di scardinare l’approccio consueto della manualistica che, in nome di una presunta oggettività e neutralità del racconto storico, non contribuisce a creare negli studenti un rapporto con il passato vivo e autentico.

Introduzione
Il laboratorio nasce da un’esperienza realizzata dalla docente comandata dell’Ifsml (Istituto friulano per la storia di liberazione di Udine) con le insegnanti, Anita Pascottini e Cristina Adami, delle due classi terze della scuola secondaria di I grado “G. D’Artegna” di Artegna dell’Istituto comprensivo di Gemona del Friuli, in provincia di Udine, scuola inserita nella Rete Sbilf (Scuole dell’Alto Friuli)1La rete Sbilf coinvolge tredici Istituti friulani che lavorano in rete (indirizzo del portale: www.sbilf.eu) condividendo pratiche didattiche e modalità di lavoro collaborative per creare una comunità di apprendimento che supporti le scuole della montagna.. Il progetto nasce nell’occasione del centesimo anniversario dello scoppio della Grande guerra2Nel territorio regionale del Friuli Venezia Giulia, il centenario di quest’anno riguarda da vicino le province di Gorizia e Trieste, zone allora inserite nell’Impero austro-ungarico e coinvolte nel conflitto fin dal 1914., come scelta tematica capace di coinvolgere gli studenti sulla rielaborazione critica intorno al vissuto della guerra, al fine di evitare il rischio che l’anniversario possa risolversi in una serie di celebrazioni orientate a favorire la conoscenza dei luoghi (percorsi lungo le trincee) e dei fatti militari, senza lasciare spazio ad occasioni di riflessione sull’impatto doloroso che la guerra produsse sulla popolazione, in particolare quella del territorio in cui si combatté aspramente.
Il percorso si è così intenzionalmente concentrato sulle condizioni di vita e sulle attività svolte dalle donne appartenenti a diversi ceti sociali che vissero il trauma del primo conflitto mondiale nell’area del confine nord-orientale – proprio nel territorio friulano e carnico immediatamente a ridosso del fronte, divenuto dal 1915 zona di retrovia – e che assunsero un ruolo da protagoniste per le condizioni e le necessità poste in essere dalle dinamiche del conflitto bellico.
A livello storiografico questi temi sono stati affrontati solo negli ultimi vent’anni, essendo stati trascurati per molto tempo dalla ricerca storica e, se anche a livello locale molte fonti sono state recuperate (in particolare le fonti soggettive: diari, lettere, testimonianze), mancano tuttavia testi di sintesi e studi storiografici di qualche consistenza. A scuola, la storia raccontata è ancora quella prodotta dai manuali, apparentemente neutra e oggettiva; si è così ritenuto di recuperare attraverso fonti storiche locali esperienze soggettive, concentrando l’attenzione su alcuni gruppi femminili omogenei per condizioni di vita e ruolo assunto negli anni del conflitto.
Il primo gruppo è composto dalle donne montanare delle Alpi carniche che durante la guerra si trovarono in una situazione di grande difficoltà, certo non nuova, abituate com’erano da tempo a sopportare il peso delle responsabilità familiari in assenza dei mariti emigrati per lavoro. La mobilitazione delle donne carniche, ingaggiate dai comandi militari per la costruzione delle strade e il rifornimento ai soldati (le “Portatrici”), da una parte illustra il notevole impiego femminile nell’economia di guerra, un fenomeno con caratteristiche di intenso sfruttamento, dall’altra permette anche di comprendere il processo d’integrazione delle donne contadine nello stato italiano nel corso della Grande guerra anche grazie allo sprone di alcuni parroci locali.
Nel 1915, infatti, le donne carniche da protagoniste di proteste contro la guerra (difficoltà di approvvigionamento, disoccupazione, blocco delle emigrazioni nell’impero austro-ungarico), diventarono in pochi mesi, loro malgrado, manodopera preziosa per la difesa della patria. Le donne al confine interpretarono il dovere patriottico in modo esemplare, come testimoniano le rare immagini che le raffigurano in gruppo insieme agli ufficiali e ai soldati italiani.
L’indagine sulla memoria delle “Portatrici”, culturalmente radicate nella tradizione delle credenze, delle pratiche religiose e degli usi locali, rende ben visibile, inoltre, l’impatto che la guerra ebbe sulla loro vita quotidiana. La guerra moderna, spettacolare per l’impiego di mezzi mai conosciuti prima, si trasforma nell’immaginazione collettiva in un evento enorme ma del tutto naturale, privo di elementi storici e inserito in uno spazio senza tempo dove un destino imperscrutabile, misterioso e ingannevole ferisce l’umanità, così come può essere crudele la natura dei boschi e della montagna. Il dolore, la sofferenza, la morte lasciano un segno suggestivo nei luoghi dove si è combattuto: nei racconti orali, la vita dei soldati perdura sotto forma di voci, canti, pianti, apparizioni innestandosi in un repertorio narrativo secolare.
ll secondo gruppo si compone delle donne mobilitate in ambito sanitario e per le sue caratteristiche si presta a chiarire il tema complesso dell’emancipazione femminile attraverso la guerra. Nel 1915, Udine diventò “Capitale della guerra” e in seguito anche “Città ospedale”, quando accolse in molti edifici (caserme, collegi, scuole) i malati e i feriti. In Friuli, le infermiere volontarie, organizzate in sottocomitato fin dal 1909 e appartenenti a ceti sociali elevati, rispondevano al dovere patriottico in continuità ideale con la partecipazione delle famiglie di appartenenza alle guerre del Risorgimento. La mobilitazione riguardava quelle donne della borghesia e dell’aristocrazia che svolsero un ruolo di primo piano nelle attività assistenziali e di propaganda. L’analisi delle memorie e delle lettere evidenzia la percezione di sé, la consapevolezza, l’intensità delle esperienze straordinarie compiute dalle donne in quegli anni.
Il terzo gruppo riguarda le donne coinvolte pesantemente nell’esperienza dell’occupazione e della profuganza. La disfatta di Caporetto nel 1917 segnò per la regione l’inizio dell’occupazione austro-tedesca e la diaspora nel territorio italiano. L’esperienza della profuganza impose alle donne uno sforzo di adattamento e un’abilità di gestione autonoma della vita quotidiana. Ma anche chi rimase dovette fare i conti con l’occupazione: la componente femminile fu sottoposta a pressioni fortissime, spesso affrontate in solitudine.
Consapevoli della complessità del tema e di non esaurire i molteplici aspetti della questione femminile nel contesto della prima guerra mondiale3Si è trascurato, ad esempio, per ragioni di opportunità il tema difficile e delicato della violenza sessuale contro le donne nella zona occupata., si è cercato di proporre ai ragazzi semplici obiettivi in sintonia con la programmazione scolastica fissata dagli insegnanti in base alle caratteristiche delle due classi formate ciascuna da diciotto alunni. Abbiamo concordato insieme gli obiettivi del percorso:

  • sviluppo di competenze nell’uso delle fonti storiche e nelle procedure di ricerca storica;
  • sviluppo di competenze nell’ordine delle relazioni e dei collegamenti fra fatti storici, in particolare tra la storia locale e la storia nazionale, nonché tra i soggetti della storia (maschile e femminile).
  • sviluppo di competenze nella produzione di testi, anche con l’ausilio delle nuove tecnologie, selezionando le conoscenze acquisite.

Senza pretesa di esaustività, tenendo presente la varietà delle fonti, la pluralità delle metodologie richieste (fonti orali, fonti scritte, documentazione d’archivio) nonché le abilità pregresse delle due classi, il percorso si è articolato in quattro fasi e sette incontri per un numero complessivo di 21 ore, articolati come segue:

  1. impostazione del lavoro generale, ricerca e selezione delle fonti
  2. lezione introduttiva sulla Grande guerra
  3. conduzione dei gruppi di lavoro: analisi e lettura delle fonti storiche
  4. produzione e selezione dei testi per lo spettacolo di fine anno.

L’esplorazione del tema “La Grande guerra
Con una lezione di due ore è stato introdotto il tema della Grande guerra utilizzando fonti iconografiche ricavate dal sito francese L’Histoire par image4Il sito www.histoire-image.org. presenta la storia della Francia attraverso le collezioni dei musei e i documenti d’archivio. Ogni opera (dipinto, scultura, documento) è accompagnata da una scheda di contestualizzazione storica, analisi e interpretazione. , evidenziando e commentando i termini adottati dagli storici per connotare la prima guerra mondiale e i processi che ha contribuito ad attivare: guerra tecnologica, guerra di massa, guerra totale, guerra mondiale, morte di massa, fronti militari, fronte interno, propaganda patriottica, mobilitazione femminile.
Nel percorso sono state utilizzate anche altre immagini ricavate da testi locali, in particolare quelle relative al periodo dell’occupazione austro-tedesca dopo la disfatta di Caporetto fino alla conclusione del conflitto (1917-1918)5Cfr. E. Folisi (a cura di), 1917 Anno terribile. I soldati, la gente: reportage fotografici e cinematografici italiani e austro-tedeschi, Edizioni Forum, Udine, 2007.. In questa prima fase, per motivare la scelta dell’argomento della ricerca si è introdotta anche l’espressione “storia di genere”, intesa non come differenza biologica tra uomo e donna, ma come categoria organizzatrice e ordinatrice delle relazioni sociali. La “Gender history”, nata in un primo tempo con l’intento di dare visibilità ad un soggetto tenuto da sempre ai margini delle indagini storiche tradizionali – la donna – assume il genere femminile come argomento della storia, sia dal punto di vista oggettivo, quindi delle condizioni sociali, culturali, politiche, sia dal punto di vista soggettivo, della rappresentazione del sé. Oggi, superata la fase di rivendicazione “femminista” della visibilità della donna nella storia, la storia di genere è divenuta il racconto della costruzione discorsiva del maschile e del femminile. In questo senso diventa importante trasmettere a scuola una narrazione del passato attenta alle differenze di genere prodotte dalle culture e dai contesti sociali.

L’organizzazione dei gruppi attorno ai temi individuati
Nel prosieguo del percorso, in ciascuna classe sono stati individuati tre gruppi di lavoro a cui sono state assegnate le fonti storiche, diversificate per ciascun gruppo, da cui ricavare informazioni, e successivamente, indicazioni per le interpretazioni e le riflessioni. La bibliografia selezionata relativa ai tre settori di ricerca è riportata di seguito.

La condizione femminile in Carnia e l’impiego delle Portatrici nel primo conflitto mondiale

Portatrici carniche

Portatrici carniche, Sergente Bendandi 14° battaglione, 2° reggimento (photograph), ottobre 1915.

Il ruolo specifico della “Portatrice” nella Grande guerra viene contestualizzato cronologicamente: infatti, già nell’Ottocento le “Portatrici” supportavano le esplorazioni degli alpinisti “cittadini”, mentre nella Seconda guerra mondiale si resero indispensabili nel garantire l’approvvigionamento delle risorse alimentari durante il periodo della Zona libera della Carnia (estate 1944) e nel sostenere la guerriglia partigiana in montagna. Nella prima guerra mondiale, le Portatrici “donne – soldato”, “armate solamente di gerla e di coraggio”, fecero parte integrante del settore logistico del XII Corpo d’Armata della Carnia che operava come anello di congiunzione tra la IV e la II Armata. Le “Trasportatrici” (in seguito “Portatrici”) dipendevano dai Comandi Tappa situati negli abitati e svolgevano i servizi di trasporto per il fronte. Con la gerla carica di viveri, generi di conforto, ma anche proiettili di artiglieria e materiale vario – occorrente per la costruzione di ricoveri e postazioni arretrate – a gruppi di quindici-venti, senza guide adeguate e imponendosi autonomamente una disciplina di marcia, “attaccavano” la montagna dirigendosi a raggiera verso la linea del fronte. La marcia in ripida salita superava dislivelli da 600 a 1200 metri e durava da due a quattro ore; durante i faticosi viaggi, effettuati con qualsiasi tempo, giorno e notte, calzando all’occorrenza “scarpetz” (calzature di pezze confezionate a casa) oppure zoccoli di legno, lavoravano a maglia, pregavano e cantavano sotto il tiro delle artiglierie e delle pallottole nemiche. Al rientro, scendendo lungo i sentieri, accompagnavano i feriti sulle barelle provvedendo anche al seppellimento dei morti: nelle gerle trasportavano il vestiario per la necessaria disinfezione e la biancheria che veniva riconsegnata ai combattenti in trincea nei giorni successivi. Indossavano un bracciale rosso sul quale era stampato un numero corrispondente a quello iscritto su uno speciale libretto di carico e scarico utile anche per ricevere il “soldo”, il compenso per il servizio effettuato pari a quello percepito dal fante in trincea con il diritto alla razione viveri giornaliera. Dalle iniziali due compagnie formatesi nella zona dell’Alto But (villaggi di Timau e Cleulis) con circa trecento unità, in breve furono arruolate da tutta la Carnia oltre duemila portatrici dai dodici ai sessant’anni, non sottoposte a disciplina militare: il servizio durò ininterrottamente fino all’ottobre 1917.

Fonti

G. Angeli, N. Candotti, Carnia Libera. La Repubblica partigiana del Friuli (estate-autunno 1944), Del Bianco editore, Udine, 1971.

Associazione nazionale alpini, sezione di Udine (acd.), Omaggio alle portatrici carniche. Cavalieri di Vittorio Veneto, Provincia di Udine, Comunità Montane Carnia e Canal del Ferro-Valcanale, Udine, 1983.

A. Buvoli, I. Domenicali (acd.), La Zona Libera della Carnia e del Friuli, estate-autunno 1944. Le radici della democrazia, Treu Arti Grafiche, Tolmezzo, 1994.

T. De Caneva, Per la concessione dei riconoscimenti previsti dalla legge 18 marzo 1968 n° 263 alle portatrici di Paluzza, Timau e Cleulis, partecipanti alla guerra 1915-1918, Anpi, Udine, 1968.

C. De Franceschi, A. Gransinigh, Le portatrici carniche, 4° ed. (con allegato l’elenco delle portatrici aggiornato al 4 settembre 1997), Amministrazione comunale di Paluzza, Paluzza, 1997.

A. Delli Zotti, “Portatrici e Portatori” di Paluzza–Cleulis-Timau sul fronte carnico “Alto But” durante la prima guerra 1915-1918. Memorie e Ricordi, Tipografia C. Cortolezzis, Tolmezzo, 1999.

D. Durissini, C’è una donna che sappia la strada? Alpinismo esplorativo femminile in Carnia e Friuli, Lint, Trieste, 2000.

C. Fragiacomo, Un paese in guerra. Paularo, in L. Fabi (acd.), La Gente e la Guerra, vol. I, Saggi, Il Campo, Udine, 1990, pp. 157-187.

L. Pilosio, Maria Plozner-Mentil: l’eroina di Timau, in “Ce fastu?” a. 12, 1936, n. 7-10, pp.150-151.

S. Sartori, Lettere della Portatrice carnica Lucia Puntel. Corrispondenza con gli alunni e l’insegnante delle scuole elementari di Solbiate Olona (Va) e con il Comitato “Pro Monumento alle Portatrici Carniche di Timau”. Cenni sulla Grande Guerra e sulle Portatrici Carniche, Associazione Amici Alpi Carniche Timau – Carnia, Paluzza, 2006.

R Tedino, M. Unfer, Il Tempio Ossario di Timau, Istituto di Cultura Timavese, Paluzza, 2006.

L. Unfer, Carnia. Testimonianze della Grande Guerra sui monti di Timau e dintorni, Editore Moro Andrea, Tolmezzo, 2001.

Donne friulane nella Croce Rossa italiana fra guerra e impegno sociale. Diari e testimonianze

Domenica del Corriere n 51

Copertina della Domenica del Corriere n°51, 22 dicembre 1918, Ina Battistella, medaglia d’argento al valor militare, partecipa a una sparatoria contro un gruppo di austriaci il 3 novembre 1918.

Le biografie di alcune Crocerossine friulane mettono in luce l’impegno sociale delle donne benestanti in forte continuità con l’attivismo patriottico dell’età risorgimentale. Con l’intervento dell’Italia in guerra, nel 1915, la Croce Rossa a Udine è già organizzata e preparata: in città era già stato istituito un corso per il conseguimento del diploma d’infermiera volontaria al quale si erano iscritte 317 cittadine; il corso poi non ebbe seguito, ma durante la guerra ne fu aperto un altro al quale risposero 88 donne delle quali 22 ottennero il diploma di infermiera volontaria diventando crocerossine. Tra le altre, la biografia più notevole anche per spunti interessanti di riflessione sul rapporto tra donne e guerra, è senza dubbio quella di Ina Battistella (1889-1928), medaglia d’argento al valor militare, appartenente a una famiglia di patrioti friulani e in contatto con un gruppo di irredenti triestini. L’infermiera iniziò la sua attività nel luglio del 1915 presso l’Ospedale 11 di Cormons dove rimase per circa 18 mesi. Finita la licenza, decise di rientrare in servizio, ma il 28 ottobre del 1917 si trovò nel caos della ritirata e così si recò presso l’ospedale contumaciale della sua città per avere informazioni, ma qui, vista la situazione disperata, si mise subito al lavoro aiutando i pochi medici rimasti, i tanti pazienti gravi e gli intrasportabili. In seguito motiverà così la sua scelta di rimanere sotto l’occupazione nemica:

Il mio fermissimo proponimento di non allontanarmi, più che dalle previsioni di un compito presso i malati, fu determinato dalla volontà estrema che mi legò indissolubilmente alla terra disgraziata, con disperato amore, per cui sentii che il suo destino dovette essere anche il mio, da allora. E così terribile esso mi apparve che non potei immaginare né vita né lavoro oltre il suo compiersi, ma pensai che il termine stesso della mia vita e della mia angoscia fossero nell’ora che fatalmente s’appressava.

Il racconto di quell’anno drammatico di isolamento nell’Ospedale insieme ai malati infettivi è contenuto nella Relazione del servizio prestato a Udine durante il periodo dell’invasione nemica nell’ospedale “Dante” inviata all’Ispettrice della CRI, Duchessa Elena d’Aosta. Rimane celebre la copertina della Domenica del Corriere n° 51 del 22 dicembre 1918 che la ritrae mentre spara al nemico in ritirata dietro a un carro [in realtà la dinamica del fatto è diversa] nel giorno in cui finiva la guerra. Il suo stesso racconto giustifica tale gesto:

Fin dal mezzogiorno gruppi di armati di nostri giovanetti o di soldati prigionieri giravano per le vie dando la caccia ai nemici nascosti. Noi osservavamo un nucleo di costoro che facevano resistenza da un baraccone là nelle vicinanze; e impegnatosi in breve un fuoco piuttosto vivo, vi partecipammo, due soldati dell’ospedale e io, da un abbaino dell’edificio stesso del “Dante”, mentre altri dei nostri facevano fuoco dalle finestre e dal tetto di una villa vicina, fino alla resa dei ribelli.

Fonti

S. Bartoloni, Donne nella Croce Rossa Italiana tra guerre e impegno sociale, Marsilio Editori, Venezia, 2005.

S. Bartoloni, Italiane alla guerra. L’assistenza ai feriti 1915-1918, Marsilio Editori, Venezia, 2003.

I. Battistella, Memorie, Del Bianco Editore. Udine, 1952.

A. Brollo Sellan, P. Boccasini (acd.), In memoria di Camilla Pecile Kechler, Udine, 1968.

G. Ellero, Bianca di Prampero, Ribis, Udine, 1994.

E. Gaspari, Le donne patriote del Risorgimento in Friuli: 1848-1918, Arti grafiche friulane. Udine, 1968.

G. Hauser Troiani, La Croce Rossa Italiana in Friuli. 100 anni di storia 1887-1987, Ribis, Udine,1987.

E. Morpurgo, Ina Battistella: una eroina del dovere, in “La Panarie”, a. VII, n. 40, 1930, pp. 193-199.

M. Perrini, M. L.Solentino, Donne eroiche italiane decorate al valor militare 1915-1918, Giorgio Berlutti Editore, Roma, senza data.

P. Scandaletti, G. Variola (acd.), Le crocerossine nella Grande Guerra. Aristocratiche e borghesi nei diari e negli ospedali militari. Una via all’emancipazione femminile, Gaspari editore, Udine, 2008.

I. Spilimbergo, Il patriottismo delle donne friulane, “La Panarie!” a. 4 n. 22, 1927.

Scritture di donne. Diari e memorie della profuganza e dell’occupazione austro-tedesca in Friuli e in Carnia

Profughe friulane

1917 Anno terribile. I soldati, la gente: reportage fotografici e cinematografici italiani e austro-tedeschi, Edizioni Forum, Udine, 2007

I diari documentano eccezionalmente i giorni dell’occupazione e della fuga dei friulani. La scrittura delle donne (acculturate) rileva il loro punto di vista sull’arrivo dei militari “nemici” e i sentimenti che le accompagnano nel momento del distacco dalla loro terra. Il diario di Virginia Borletti, maestra di San Daniele del Friuli, esprime forti sentimenti patriottici. Doloroso è il distacco dalla propria terra e tenace è il sentimento di appartenenza alla comunità nazionale. La proprietà di linguaggio segnala la cultura della donna e comunica la desolazione del paesaggio e il disordine della popolazione in fuga. Tuttavia l’unità rassicurante della famiglia tiene in vita la speranza di un ritorno a casa e della liberazione della patria:

28 ottobre 1917. Preparammo tante cose con l’intento di condurre con noi, al di là del Tagliamento, le mucche ed il carro e lavorammo di lena, con una stretta che ci spezzava il cuore, con il pensiero fisso ai nostri soldati specialmente a quelli che conoscevamo. La mamma agitata ed il papà taciturno, riponevano le cose preziose, mentre lo sguardo ogni tanto si perdeva lungo i campi lucidi di pioggia, si posava sulle case lontane, osservava il movimento e la direzione, talvolta inspiegabile della cavalleria e degli autocarri sulla strada di Rodeano […] 30 ottobre 1917. A Barbeano fango, disordine, passaggio confuso di truppa che va e viene[…] La nostra meta era Pordenone. Ci seguivano, e dopo breve tempo ci precedevano i drappelli dei militari stanchi, sfiniti, affamati, sporchi. […] 2 novembre 1917. Proseguimmo insieme con un treno ordinario fino a Milano, nella città simpatica e generosa che ci accolse fraternamente. Materialmente non mi manca nulla; però nel cuore ho un ardente desiderio che si può riassumere nella frase “Fratelli combattenti liberate la mia terra!”.

Fonti

L. Anziutti Turco, Memorie, in Un doul a mi strinzeva il cour. 1917: questo terribile mistero, Coordinamento circoli culturali della Carnia, San Daniele del Friuli, 1997.

V. Borletti, La mia fuga (diario inedito), 1918 (?).

E. Folisi, Il Diario di Maria Juretigh, in L. Fabi (acd.) La Gente e la Guerra, vol. II Documenti, Il Campo, Udine, 1990.

G. Viola, Le memorie di Luigia Venturini di Basaldella in L. Fabi (acd), La Gente e la Guerra, vol. II Documenti, Il Campo, Udine, 1990.

Ricerca sul campo
Le due classi hanno avuto modo di visitare in tempi successivi il Museo della Grande Guerra di Ragogna (Udine) approfondendo lo studio delle vicende militari della guerra a livello locale. Le docenti hanno inteso così proporre anche l’altra chiave di lettura sulla Grande guerra, quella che segue la storia dei soldati italiani nella guerra in trincea, immagine accreditata un tempo come esclusiva. Tuttavia, se in precedenza i musei tradizionali davano del conflitto piuttosto una lettura patriottica e nazionalista, oggi grazie anche alla spinta di una storiografia rinnovata, gli allestimenti sono capaci di andare oltre all’immagine del museo-collezione. Il Museo, situato a San Giacomo di Ragogna6 Il Museo www.grandeguerra-ragogna.itsi trova a 30 chilometri da Udine e a 20 chilometri da Artegna., si propone come uno dei maggiori punti di riferimento regionali sul tema del primo conflitto mondiale. La struttura è articolata su tre sezioni museali: in particolare, la prima sezione museale presenta un approfondito percorso didattico illustrato su pannelli, teso alla comprensione delle vicende legate alla prima guerra mondiale nel settore del Medio Tagliamento; la seconda sezione museale espone una decina di supporti informativi tra cui una selezione fotografica di “graffiti di guerra” rilevati sul territorio regionale, carinziano, sloveno e le note biografiche dei personaggi celebri che tra il 1915 ed il 1918 si trovarono quali combattenti nel settore del Medio Tagliamento. Entrambe le sezioni museali sono arricchite da una collezione d’oggettistica d’epoca, formata con reperti perlopiù raccolti sugli ex campi di battaglia o donati dai discendenti di militari combattenti. La terza sezione è dedicata ai reperti (un centinaio) del Risorgimento, delle Guerre coloniali, della Seconda guerra mondiale, della Resistenza e in generale della storia militare europea; fra i pannelli illustrativi, il principale delinea la sintesi delle vicende politico-militari conosciute dall’Italia nei suoi primi centocinquant’anni di vita statale unitaria.
Le insegnanti hanno guidato i ragazzi nella visita della prima sezione museale utilizzando la preparazione realizzata in classe, sia sulle fonti iconografiche della Grande guerra, sia sulle fonti documentarie della storia femminile. L’interesse per le armi espresso da qualche ragazzo è stato anche occasione per la comprensione di come la guerra in trincea effettivamente si svolse. Su tutti i fronti (in Italia e in Europa) per respingere gli assalti delle fanterie, appoggiati da un fuoco di artiglieria terrificante, ma quasi sempre poco mobile, i soldati dovettero fermarsi, scavare buche, trincee, gallerie profonde in cui abitare sepolti vivi, stendere reticolati, sistemare mitragliatrici e artiglierie; questo il più vicino possibile alla trincea avversaria, per limitare al minimo lo spazio da percorrere nell’assalto, ma non tanto da essere distrutti dalle armi del nemico7L. Fabi, Sul Carso della Grande Guerra. Storia Itinerari Monumenti Musei, Paolo Gaspari editore, Udine, 1999, pp.7-30.. La visita al Museo è stata pertanto un buon motivo per affrontare in modo semplice, ma efficace, il tema delle tremende condizioni di vita imposte dalla trincea: la vita quotidiana, la disciplina militare, il cameratismo, le regole della guerra, le diserzioni, le malattie, la morte.
In seguito, alcune allieve particolarmente motivate hanno ampliato la ricerca sulla questione femminile conducendo autonomamente nel proprio paese brevi interviste a persone anziane, per recuperare così, attraverso il racconto orale, semplici memorie dei civili sul periodo del conflitto; altri hanno approfondito le memorie presenti nella propria storia familiare.

Produzione testi e selezioni testi per lo spettacolo di fine anno
La fase finale ha impegnato le classi nella scrittura dei testi ricavati dalla lettura delle fonti.
Per ogni argomento sono stati prodotti dei testi corredati da una selezione di fonti e immagini. La forma di presentazione scelta è stata prevalentemente quella della produzione di un power point. Nel caso dei gruppi che hanno operato sul tema delle “Portatrici”, il materiale multimediale raccolto – la ricerca basata sulle interviste audioregistrate e sulla ricostruzione di mappe con segnalazione dei percorsi delle “Portatrici” di Paluzza, Cleulis, Timau, Rigolato, Paularo – è stato assemblato e caricato su un tablet in modo da documentare l’intero percorso in digitale.
L’attività è stata illustrata di fronte a tutte le classi della scuola nella giornata conclusiva dell’anno scolastico (11 giugno 2014); per l’occasione sono stati recitati i passi più significativi tratti dai diari, testimonianze preziose sulle giornate dell’occupazione nemica e della profuganza.

Valutazione dell’attività
L’attività proposta ha certamente valorizzato la scoperta di fonti documentarie locali; in questo modo, gli studenti si sono confrontati con testi nuovi, portatori anche di nuove piste di lettura e interpretazione. La finalità del lavoro è stata in particolare l’avvio all’acquisizione di una maggiore sensibilità verso i soggetti del racconto storico, testimoni di una pluralità di esperienze e di relazioni che rendono ricca la trama del passato. In questo caso l’attenzione all’appartenenza al genere si è intrecciata con quella per le relazioni sociali e la riflessione sui testi, in particolare sulle fonti soggettive (diari, interviste, testimonianze) ha messo in evidenza la costruzione culturale dei soggetti della storia e dunque della figura femminile.
Il percorso può essere efficacemente adottato da altre classi e costituire occasione di confronto sulle categorie maschile-femminile calate nel racconto della Grande guerra.