Select Page

Costruire un’intervista: una buona pratica per combattere gli stereotipi sui Rom

Costruire un’intervista: una buona pratica per combattere gli stereotipi sui Rom

Il campo Rom di Prato, dov’è stata realizzata l’attività didattica

Abstract

L’articolo racconta l’esperienza didattica realizzata dall’autrice, per decostruire gli stereotipi e bloccare gli hate speech pericolosamente dilaganti nei confronti di quelli che spesso vengono chiamati con disprezzo «zingari».  Far incontrare, di persona o a distanza, studenti italiani e studenti italiani rom è stato un esperimento riuscito di educazione alla cittadinanza e costituzione. L’attività didattica prevede di far conoscere e intervistare ad alcuni alunni di due scuole superiori di II grado dei loro «pari» di etnia sinti a rom. Attraverso le domande dei primi sono venuti alla luce «falsi miti» e le riposte dei secondi hanno mostrato aspetti della vita e della cultura rom purtroppo poco noti agli Italiani, permettendo di superare le barriere del pregiudizio e scacciando la paura nei confronti di chi è percepito come «altro».
Una buona pratica di didattica inclusiva di cittadinanza e costituzione e valevole anche come PCTO, realizzato dall’autrice, docente presso il Liceo Classico Galilei di Pisa, nell’ambito dell’offerta didattica e di formazione dell’Istituto Storico della Resistenza in Toscana relativa all’educazione civica.

«Il pregiudizio è un’opinione che non si fonda sul giudizio».
Voltaire, Dizionario Filosofico, sotto la voce “Pregiudizio”

UN PROGETTO DIDATTICO SUI E CON I ROM

Un esperimento riuscito, che potrebbe diventare una «buona pratica» di insegnamento finalizzata a decostruire gli stereotipi attraverso la conoscenza dell’«altro», superando i pregiudizi e scacciando la paura. Tale si è rivelato il percorso didattico, collegato all’indagine sul fenomeno dei nuovi razzismi e della radicalizzazione dell’intolleranza nella Regione Toscana in particolare sull’antiziganismo, fenomeno molto diffuso in tutta Italia (benché Sinti, Rom e Camminanti siano meno del 2% della popolazione) che vede i Rom ancora vittime di discriminazione ed esclusione sociale come più volte ha rilevato anche la Commissione per i diritti dell’uomo del Consiglio d’Europa. Il forte stigma sociale è dovuto in primis all’ignoranza. Dunque è compito anche della scuola fornire gli strumenti per colmare questa mancanza di conoscenza ed essere davvero una palestra di integrazione.

Il progetto verte sulla didattica con e su Sinti e Rom, cui chi scrive si è avvicinata collaborando con l’UCRI (Unione delle Cominità Romanès in Italia), pur essendo una gagì (il termine gagé indica nella lingua romanì «il non essere rom o meglio il non appartenere alla dimensione romanì»).

 

CHI SONO GLI «ZINGARI»?

Dei Rom tutti hanno paura, ma nessuno li conosce davvero. Perseguitati e considerati diversi da sempre. Una comunità anticamente proveniente dall’India del Nord e diffusa in tutta Europa, composta da circa 11 milioni di persone. Il numero ufficiale è in realtà incerto in tanti paesi, anche perché molti di loro rifiutano di farsi registrare come di etnia rom per timore di subire discriminazioni.

Quanti sanno che divi e personaggi famosi che hanno segnato questo secolo sono «zingari»? Qualche nome: nel campo delle arti e dello spettacolo: Charlie Chaplin, Yul Brynner, Micheal Caine, Antonio Banderas, Rita Hayworth, Elvis Presley, Moira Orfei, Django Reinhardt e anche il calciatore Zlatan Ibrahimovic.

In Italia ci sono circa 170mila appartenenti alle cominità romanès per la gran parte cittadini italiani di antico insediamento[1]  con un grado di inclusione tanto ampio da risultare invisibile agli occhi ogni differenza con i gagi. Soltanto il 20% vive nei campi nomadi, mentre l’80% vive esattamente come il resto della popolazione italiana[2] ed è scarsamente visibile ai nostri occhi, perché evita di dichiararsi Rom o Sinto per non doversi difendere dai pregiudizi.[3] Le loro comunità sono ormai stanziali da decenni: Quattro Rom su cinque non vivono nei campi, eppure c’è il costante richiamo a considerarli solo un popolo di ghettizzati e nomadi (termine che quindi non andrebbe usato per definirli).

Una prima operazione utile è perciò quella di ripulire il linguaggio di fraintendimenti e inesattezze, che spesso nascono in realtà una visione razzista e discriminatoria, che si nasconde spesso nelle espressioni e nelle associazioni ormai entrate nell’uso comune, anche per colpa della stampa. È ad esempio frequente legare il termine  Rom all’idea del campo nomadi, oltre che degli zingari, dei ladri e dei delinquenti in generale.

Che sia un tema sensibile lo dimostra per altro l’attività dell’U.N.A.R. – Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali -, deputato dallo Stato italiano a garantire il diritto alla parità di trattamento di tutte le persone e la rimozione delle discriminazioni fondate sulla razza o sull’origine etnica. Tra i suoi compiti, l’UNAR è anche responsabile nazionale della Strategia di inclusione di Rom, Sinti e Camminanti, nell’ambito del progetto iniziato nel 2018 To.Be.Roma – Towards a better cooperation and dialogue between stakeholders inside the National Roma Platform, presentato all’interno del Programma Rights, Equality and Citizenship della Commissione europea.

 

FACCIAMOLI CONOSCERE DA VICINO AGLI STUDENTI

Per far toccare con mano alle alunne e agli alunni il problema dell’integrazione e della discriminazione, nell’anno scolastico 2019-2020 con una Quarta Liceo Linguistico è stata messa in pratica una piccola ma significativa attività, mirata all’abbattimento delle barriere e del pregiudizio, facendo trascorrere a studenti e studentesse un intero sabato in un campo sinto.

Il campo si trova ai margini della città di Prato, lungo uno stradone, viale Manzoni, dove le macchine corrono e si da dove si tuffano poco dopo nel nodo di viadotti che allaccia la zona di capannoni industriali all’autostrada Firenze-Mare. È uno dei quattro campi rom di Prato ed esiste da trent’anni. A Prato, infatti, vivono in totale 108 romanì: ci sono due campi di sinti residenti costituiti rispettivamente da 68 e 34 abitazioni in legno, container, roulotte, camper, e un campo dove vivono 6 bosniaci rom residenti.

Studenti e studentesse, insieme alla docente, sono stati ospitati e guidati nella visita al campo da un suo abitante, Ernesto Grandini, che è anche Presidente dell’Associazione Sinti Italiani di Prato e membro dell’U.N.A.R., nonché grande divulgatore di cultura sinta. Grandini ha accolto i suoi ospiti in piccola unità abitativa adibita a cucina e salotto e offerto da bere. Poi ha iniziato a parlare. Lo ha fatto in continuazione come se stesse tenendo una lezione (e in effetti lo era), ponendo domande di cultura rom a cui gli alunni liceali non sapevano come rispondere, un po’ per ignoranza un po’ per imbarazzo. Malgrado egli non abbia problemi a dichiarare di essere un italiano di minoranza culturale sinta, è consapevole di quanto coraggio richieda farlo. Ha raccontato che è nato in Italia nel 1955, da padre italiano (partigiano della brigata “Stella Rossa” che ha combattuto sulle colline bolognesi, sepolto poi nel cimitero dei partigiani dei Bologna) e mamma sinta, proveniente da una famiglia di giostrai, e che da piccolo ha vissuto e studiato a Lucca nelle scuole speciali, quelle dedicate ai bambini rom (di cui la chiusura, proposta nel 1977, è stata totalmente attuata solo nel 1982) che aprivano negli scantinati degli edifici scolastici quando non era orario di lezione per gli alunni «ordinari»[4]. Ha raccontato anche come è stato essere guardato con sospetto e paura oppure sentir parlare della sua gente solo come spauracchio nelle campagne elettorali.

 

IL DIALOGO FRA «PARI»

Gandini ha lasciato poi la parola a due dei suoi numerosi nipoti, Nancy, studentessa di 17 anni e Margherita, operaia di 24, affinché gli studenti ponessero loro domande, in una conversazione fra pari, che le due ragazze hanno permesso di registrare e filmare.

Gli alunni, che seppur involontariamente hanno assorbito gli stereotipi ampiamente diffusi, sono stati subito colpiti dall’abbigliamento alla moda delle due ragazze, dal parlare correttamente l’italiano, insomma dal fatto che non le distingueresti mai da una gagia.
E così sono iniziate le domande: ad es. Chi sono i Sinti? Siete nomadi? Come vi trovate a scuola? Siete ladri? È vero che vi sposate molto presto e con matrimoni combinati? Avete famiglie allargate? Le donne vivono in una condizione di sudditanza? Che ne pensate delle zingare che si vedono in giro con la gonna lunga a chiedere l’elemosina?

E le ragazze, vestite all’occidentale e con i loro smartphone del tutto uguali a quelli degli alunni in visita, rispondono con naturalezza e senza sdegno. Ad uno ad uno si sfatano i pregiudizi, si evidenziano le similarità mai pensate. In breve, si decostruiscono gli stereotipi.

 

UN PROGETTO PCTO

Nei due anni successivi, il COVID ha impedito gli incontri de visu, così il progetto sull’antiziganismo è stato ripetuto a distanza dall’autrice presso il Liceo Classico Galilei di Pisa ed è stato inserito nell’offerta PCTO con un focus su deontologia e pratica giornalistica[5].

Durante il corso, l’insegnante ha dedicato due lezioni al genere giornalistico dell’intervista, dapprima spiegando come si conduce un’intervista e poi mettendo alla prova un piccolo gruppo gli alunni nel cimentarsi in essa. Quattro o cinque alunni hanno studiato l’argomento (antiziganismo) e preparato le domande, due di loro hanno materialmente condotto l’intervista ed un’altra alunna ha scritto il pezzo sulla base degli appunti dei due compagni. Infine la redazione di rapsodia on line[6], il giornale web del Liceo, l’ha pubblicata.

 

IMPOSTARE UN’INTERVISTA

Come primo passo sono stati dati agli studenti alcuni strumenti didattici su come condurre una intervista. Qui di seguito una breve scaletta:

Prima dell’intervista:

  • documentarsi sulla persona da intervistare e sugli argomenti che su vogliono affrontare
  • preparare delle domande sintetiche e mirate

Durante l’intervista:

  • presentarsi, ringraziare l’intervistato e dichiarare lo scopo dell’intervista
  • fare una domanda per volta partendo dalle più semplici
  • prendere appunti o registrare il colloquio, qualora l’intervistato abbia concesso il consenso
  • ascoltare attentamente le risposte e chiedere eventualmente Se necessario, riformulare le domande
  • evitare che l’intervistato si dilunghi o passi ad altri argomenti rispetto a quelli prefissati
  • osservare l’ambiente e l’atteggiamento dell’intervistato

Dopo l’intervista:

  • scrivere l’articolo segnando se mantenere separate le domande dalle risposte (forma diretta) oppure eseguire un montaggio, eliminando le domande rielaborando le risposte (forma indiretta)
  • introdurre eventualmente alcuni dettagli d in “pause descrittive” come il luogo dell’intervista, l’atteggiamento, le caratteristiche fisiche psicologiche dell’intervistato eccetera
  • introdurre eventualmente riflessioni e considerazioni personali

Poi sono state fornite loro informazioni di base sulle origini e la cultura rom, preliminari a formulare le domande (vedi “strumenti didattici”). Esse sono poi state vagliate dall’insegnate, la quale ha colto l’occasione per decostruire qualche stereotipo. Ad es. la prima domanda era “ma voi siete italiani”? fa chiaramente capire come nell’opinione comune i Rom siano percepiti come diversi, come “stranieri” nel nostro Stato, mentre la stragrande maggioranza dei Rom che abitano nel Paese è di nazionalità italiana da più generazioni e si applica loro a tutti gli effetti l’ordinamento giuridico italiano; solo il 3% è nomade. Far sapere ai giovani questo è la prima picconata nei confronti dell’ignoranza. Infatti dai dati sondaggi IXE tra il 31 luglio e il 4 agosto 2017[7] emerge con chiarezza come le conoscenze degli italiani sulla questione Rom, Sinti e Camminanti risultino fortemente limitate e fuorvianti e che solo il 24% del campione è a conoscenza del fatto nella maggior parte delle comunità romanès ci siano cittadini italiani, che molti di loro siano comunque cittadini comunitari o che i non cittadini UE siano meno del 10% del totale.

 

UN ESTRATTO DELL’INTERVISTA

Riportiamo un estratto dell’intervista sia come spunto per i docenti che volessero applicare questa proposta didattica alle loro classi, sia per avere uno spaccato di ciò che i giovani pensano della minoranza etnica romanès, sia per acquisire qualche conoscenza in più che stimoli la riflessione empatica e critica.

Nel corso dell’intervista sono state poste domande che hanno toccato il lessico con il quale normalmente sono indicati i Sinti, lessico che utilizza di preferenza un termine generico e dispregiativo e favorisce il perpetuarsi degli stereotipi. I ragazzi che hanno condotto l’intervista erano molto curiosi di conoscere come i loro coetanei di origine Sinti erano arrivati in Italia, come vivono, come si trovano a scuola. Le domande poste hanno toccato anche argomenti di vita quotidiana, quali il significato attribuito al matrimonio, il divorzio, la composizione tipica dei nuclei familiari, l’età in cui si tende ad avere figlio, il ruolo delle donne e quello degli anziani nella società, quali sono le professioni più diffuse. Ci sono poi state domande il cui scopo era chiaramente quello di smontare alcuni stereotipi: la vita “nomade” e nei campi, la veridicità di affermazioni del tipo “gli zingari rubano, sono tutti ladri”. Alle due ragazze intervistate è stato anche chiesto che opinione hanno delle appartenenti alla loro stessa etnia che chiedono l’elemosina.

STRUMENTI DIDATTICI
  • Materiali sulla storia di Rom, Sinti e Camminanti forniti dall’U.N.A.R., in particolare piccole dispense tematiche: le origini, nel Medioevo, in età moderna, i campi di concentramento fascisti, il porrajmos…
  • Documenti prodotti e attività del progetto To.Be.Roma (in particolare le guidelines) reperibili sul sito dell’U.N.A.R.  http://www.unar.it/cosa-facciamo/azioni-positive-e-progetti/progetto-to-be-roma/
  • Il saggio dello scrittore e attore Pino Petruzzelli, Non chiamarmi zingaro, Milano, Chiarelettere, 2008. L’autore va a cercare storie e opinioni di persone in Italia, Romania, Francia, Bulgaria, si avvicina alle vergogne dell’intolleranza e alle tragedie degli incendi, facendo sentire la voce di chi le subisce; fa conoscere chi ha un ruolo sociale importante e nasconde la sua origine o la ostenta pagandone le conseguenze: La zingara medico che sorveglia sulla nostra salute, lo zingaro responsabile degli antifurti di una banca, l’insegnante, il prete, le migliaia di bambini che vanno a scuola, realtà che sembrano straordinarie ma che appartengono alla vita quotidiana.
  • Da esso è stato tratto anche l’omonimo spettacolo del Teatro Stabile di Genova di e con Pino Petruzzelli, che ne è anche il regista. Si tratta di uno spettacolo
    di impegno civile, in cui il monologo di Petruzzelli, sotto forma di teatro narrazione, porta sulla scena episodi di vita quotidiana (l’autore ha vissuto con i Rom e i Sinti per cinque anni.) di un popolo troppo spesso vittima di pregiudizi e soprusi.
  • http://www.toscananovecento.it/wp-content/uploads/2018/12/Scheda-sulla-cultura-roman%C3%AC-esulla-loro-presenza-in-Italia-e-in-Toscana.pdf
  • http://www.toscananovecento.it/wp-content/uploads/2018/12/Bibliografia-e-sitografia.pdf
  • https://www.accademianazionaleromani.it/ che fornisce materiali e lezioni periodicamente implementate sulla cultura e la storia rom
CONCLUSIONI E OBIETTIVI DIDATTICI

Conoscere le storie di Rom e di Sinti fa uno strano effetto. Iniziando a conoscere la loro cultura si comincia a vedere lo “zingaro” da un diverso punto di vista. Il suo. Si comincia a capire qualcosa di una “etnia più misconosciuta che conosciuta”. Una?! Rom, Rom Lovari e Kalderasa, Rom Rudari, Carnerm, Sinti, Manouche, Kalè, Jenish, Khorakhanè, Kanjarja, Sufi …. Un variegato mondo di comunità purtroppo accomunato da pesante emarginazione sociale, spesso povertà e dall’essere oggetto di sistematiche discriminazioni e di razzismo.

La disuguaglianza che tocca strutturalmente i Rom è di tipo etnicorazziale. Ne sono infatti colpiti anche i Rom italiani, con cittadinanza italiana, presenti nel territorio nazionale da secoli o da decenni. Non è quindi una disuguaglianza di nazionalità legata all’essere stranieri sul piano formale, giuridico; è prima di tutto una disuguaglianza etnico-razziale, una disuguaglianza sociale etnicamente connotata (che può anche assumere tratti formali nei casi di discriminazioni istituzionali dirette o indirette), legata all’appartenenza a popolazioni che storicamente hanno subito un processo di razzializzazione, di etnicizzazione, che sono stato rese un «popolo paria».

Eliminare le opinioni infondate e far smettere le persecuzioni e diminuire le disuguaglianze dovrebbe essere compito primario di ognuno di noi, e in particolare dei docenti.

L’educazione alla cittadinanza che la scuola deve fornire mira, infatti, a promuovere la convivenza armoniosa e a favorire lo sviluppo mutualmente proficuo delle persone e delle comunità in cui queste stesse vivono.

«La scuola è responsabile della formazione di cittadine e cittadini attivi e partecipi, consapevoli dei loro diritti e dei loro doveri e dei valori della Costituzione», recitala pagina del Miur dedicata a cittadinanza e costituzione[8].

Sul tema dell’inclusione sociale dei Rom c’è ancora molto da fare, in primis a livello politico e istituzionale, ma far toccare con mano ai ragazzi che quelli che chiamano con disprezzo “zingari” non sono diversi da noi, non sono nomadi, non sono sporchi, non rubano o delinquono per cultura (o per razza, come si diceva nel Ventennio) è il primo passo per bloccare gli hate speech e lottare contro l’antiziganismo.

Sfatare i «miti» che hanno ottenuto la patente di verità è difficile. Perciò bisogna saper offrire testimonianze inconfutabili, fatti concreti e precisi ed una documentazione scelta con rigore e presentata nel modo più chiaro possibile. L’intervista a ragazzi rom è un modo per iniziare a fare questo.


Note:

[1] I primi sono arrivati in Italia nel XIV sec., pare come conseguenza della battaglia del Kosovo nel 1389 fra le armate serbo-cristiane e ottomane.  La vittoria delle seconde comportò l’affermazione dell’influenza islamica nei Balcani.

[2] Sonia Montrella, Quanti sono e cosa fanno i rom in Italia, in “Agi.com”, 8 aprile 2019, https://www.agi.it/cronaca/rom_sinti_italia-5292892/news/2019-04-08/

[3] https://sfi.usc.edu/education/roma-sinti/it/conosciamo-i-roma-e-i-sinti/chi-sono/nel-mondo-e-in-italia/i-rom-e-i-sinti-in-italia.php

[4] Dopo la riforma del 1977 non tutte furono eliminate: per altri cinque anni rimasero attive le cosiddette classi Lacio drom ,“buon cammino” in lingua romanì. Queste classi speciali erano state istituite nel 1965 per quelli che allora venivano genericamente definiti “zingari”, grazie a una convenzione tra il ministero dell’istruzione, l’Opera nomadi e l’istituto di pedagogia dell’università di Padova. La convenzione fu aggiornata nel 1974 con l’inserimento degli alunni “zingari” nelle classi comuni ma senza abolire quelle “speciali”, che avrebbero dovuto mantenere una funzione di recupero per alunni “zingari” con ritardo scolastico o frequenza irregolare. Con questa funzione di recupero le classi Lacio drom sopravvissero fino al 1982 quando si stabilì che tutti i bambini “zingari” fossero inseriti in classi ordinarie. Tuttavia il loro effettivo svuotamento avvenne solo 1986.

[5] Chiara Nencioni è infatti, iscritta all’albo nazionale dei giornalisti.

[6] https://www.rapsodiaonline.it/

[7] https://cild.eu/blog/2017/12/04/rom-tra-integrazione-e-stereotipi-cosa-ne-pensano-i-cittadini-italiani/ consultato il  15 gennaio 2023

[8] https://www.miur.gov.it/cittadinanza-e-costituzione consultato il 12 gennaio 2023

Dati articolo

Autore:
Titolo: Costruire un’intervista: una buona pratica per combattere gli stereotipi sui Rom
DOI: 10.52056/9791254693872/18
Parole chiave: , ,
Numero della rivista: n.19, giugno 2023
ISSN: ISSN 2283-6837

Come citarlo:
, Costruire un’intervista: una buona pratica per combattere gli stereotipi sui Rom, Novecento.org, n.19, giugno 2023. DOI: 10.52056/9791254693872/18

Didattica digitale integrata