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Giornata della Memoria: il senso e l’uso didattico

Giornata della Memoria: il senso e l’uso didattico

Il 27 gennaio è diventato, dall’istituzione nel 2000 della Giornata della Memoria, una delle date topiche del calendario scolastico. Le scuole ed i singoli insegnanti, sollecitati anche dalle molteplici amplificazioni che con l’avvicinarsi della giornata giungono dalle istituzioni, dai media, dal dibattito pubblico, assumono quasi come un’imprescindibile necessità le parole dell’articolo 2 della legge, che recita: «In occasione del “Giorno della Memoria” di cui all’articolo 1, sono organizzati cerimonie, iniziative, incontri e momenti comuni di narrazione dei fatti e di riflessione, in modo particolare nelle scuole di ogni ordine e grado, su quanto è accaduto al popolo ebraico e ai deportati militari e politici italiani nei campi nazisti in modo da conservare nel futuro dell’Italia la memoria di un tragico ed oscuro periodo della storia nel nostro Paese e in Europa, e affinché simili eventi non possano mai più accadere»1.

La frenesia del “dover fare”, tuttavia, spesso mette in ombra il “come fare” e genera usi distorti e talvolta abusi o forzature nell’inserimento (non sempre coerente) del discorso memoriale legato alla Shoah all’interno di un curriculum disciplinare o d’istituto già avviato. Per questo è emersa la necessità di offrire ai docenti, che spesso si rivolgono agli istituti della rete in prossimità della data istituzionale per cercare un aiuto o uno spunto di lavoro, un percorso di formazione, supportato dalla presentazione di prassi didattiche sperimentate, che nelle intenzioni avrà cadenza annuale, nel periodo della Giornata dedicata alla memoria della Shoah. È così che è nata l’idea della prima edizione del Seminario di formazione “Il percorso della memoria da Macerata ad Auschwitz. Per una didattica della Shoah”, tenutosi il 23 gennaio 2013 nella Biblioteca Comunale di Macerata, futura sede operativa dell’ISREC.

L’idea di fondo che ha sostenuto la prima annualità dell’iniziativa è stata duplice: in primo luogo, ci si proponeva di avviare una riflessione tra gli insegnanti sull’uso pubblico del calendario civile e sulla sua inclusione nella didattica; in secondo luogo, di mostrare modalità, di espanderne i contenuti ed i nodi storici fondanti all’interno del curriculum disciplinare; l’occasione della giornata istituzionale non deve di fatto diventare una mera celebrazione, limitata nel tempo e avulsa dalla prassi, ma può essere sottoposta ad una mediazione didattica che la renda significativa per l’insegnamento/apprendimento della storia nel suo complesso.

La questione principale è l’invito ad evitare l’uso della Giornata della Memoria come se fosse un evento, un momento di solennità staccato dalla pratica didattica. Le scuole spesso prediligono un approccio emozionale al discorso sulla Shoah, forse influenzate anche dalla dimensione “vittimaria” che tanto il testo di legge, quanto la scelta della data, quanto soprattutto la sua riverberazione mediatica e pubblica portano in primo piano.

Le modalità solitamente praticate infatti puntano sulla ricerca del relatore esterno o dell’allestimento di un evento, oppure si avvalgono, come fonte prioritaria se non esclusiva, del testimone. In questo modo si crea quello che Giovanni De Luna chiama “corto circuito” tra storia e memoria2, con ripercussioni anche sulla percezione della testimonianza che se non elaborata e mediata, rischia di assumere lo status di assoluta verità.

Talvolta invece esigenze di tempo e di sinteticità fanno prediligere pratiche passive: la visione di un film, la visita di una mostra, la partecipazione ad una conferenza, le quali si configurano come momento unico che esce dal quotidiano scolastico e non sempre trova successive occasioni di approfondimento.

Forse è eccessivo sostenere che queste tipologie di approccio sono da evitare, è certo comunque che hanno come conseguenza quella di sviluppare negli alunni e negli studenti una percezione il cui il senso dell’alterità prevale su quello dell’appartenenza: si considera la Shoah come qualcosa di sicuramente enorme e malvagio, ma successo altrove (Auschwitz è la localizzazione spaziale prevalente, ma variamente collocata in Germania, in centro Europa, secondo la categoria del “lontano” che non ha precise coordinate geografiche), in un altro tempo (vagamente storicizzato), ad altri (gli ebrei, protagonisti quasi assoluti nella loro dimensione di vittime) e per colpa di altri (i tedeschi o i nazisti, con i quali noi non abbiamo/abbiamo avuto nulla a che fare).

Attraverso la formazione dei docenti vorremmo raggiungere lo scopo di superare l’estraneità dell’argomento Shoah rispetto alla storia insegnata, anche nelle classi e negli ordini di scuola in cui il Novecento non fa parte del curriculum storico annuale.

Intanto, seguendo le indicazione di Francesco Maria Feltri3 sulla curriculazione della storia del popolo ebraico, dare il senso della lunga durata del discorso antisemita, limitando così l’impressione – purtroppo radicata in molti studenti – che gli ebrei si presentino all’improvviso nella storia in Germania durante la dittatura nazista. In secondo luogo far capire ai ragazzi che la storia italiana e degli italiani ha molto a che fare con l’argomento, non solo per la lunga tradizione di discriminazione nei confronti degli ebrei che risale all’età romana, ma anche per le responsabilità del fascismo relativamente alla Shoah.

Inoltre la scuola dovrebbe accogliere le altre sollecitazione che la legge 211/2000 propone: non limitare la memoria al discorso sulla discriminazione ebraica, ma prendere in considerazione le altre deportazioni: rom e sinti, omosessuali, disabili e soprattutto deportati per motivi politici, espressamente citati nel testo normativo, antifascisti ed oppositori che più di altri testimoniano le forti responsabilità del regime fascista rispetto alle deportazioni. Va detto che la scelta della data, lungamente dibattuta in Parlamento, che ricorda il giorno dell’apertura dei cancelli di Auschwitz, proietta la ricorrenza in una dimensione più generale ed europea e focalizza l’attenzione sullo sterminio del popolo ebraico: anche tale questione può assumere una valenza didattica ed aprire una riflessione sull’uso pubblico della storia, nel confrontare le scelte di altri paesi di dare un senso più nazionale alla Giornata4, con quella italiana, più simbolica ma meno storica5.

Possiamo concludere affermando che non esiste una didattica della Shoah diversa o separata dalla didattica della storia: riteniamo che sia molto efficace, anche nell’affrontare il discorso delle deportazioni, utilizzare il metodo storico presente – passato – presente, cioè partire dal “vicino” spaziale o temporale, per poi declinare il discorso su scale e dimensioni più ampie.

Il discorso dell’internamento di civili ebrei durante la seconda Guerra mondiale, voluto e progettato da Mussolini addirittura prima della promulgazione delle leggi razziali si presta per esempio a percorsi di storia locale, nei posti in cui erano presenti campi di concentramento o località di internamento libero, e che magari ne conservano alcune tracce (fisiche o semplicemente documentarie), per vedere come le vite dei molti che sono finiti ad Auschwitz si siano in parte svolte anche nelle nostre città e paesi.

L’analisi delle attuali sacche di antisemitismo, razzismo, discriminazione, evidenti anche se spesso non considerate nella loro profonda violenza per esempio nei linguaggi e nelle esternazioni delle tifoserie calcistiche, possono essere punti di partenza per un’indagine a ritroso sulle radici storiche di tali fenomeni.

Infine, proponiamo, come di consueto nelle nostre sperimentazioni didattiche, l’uso di fonti alternative, non abusate dalla continua e a volte ricorrente riproposizione in contesti didattici: la graphic novel Maus: A Survivor’s Tale, di Art Spiegelman6, la musica e le canzoni, il vastissimo mondo del web, il tutto utilizzato con metodologie attive e laboratoriali, in cui la ricostruzione storica sia affidata agli studenti.

Note:

1 Legge 20 luglio 2000, n. 211, art. 2.1.

2 Giovanni De Luna, La Repubblica del dolore. Memorie da un’Italia divisa, Milano, Feltrinelli, 2011.

3 Francesco Maria Feltri, Tra storiografia e didattica. Suggerimenti di metodo per insegnare la Shoah, in Lidia Gualtiero et alii (cur.), C’è manuale e manuale. Analisi dei libri di storia per la scuola secondaria, Viterbo, Sette Città, 2010, pp. 115 – 119.

4 La Francia ad esempio sceglie il 16 luglio, in ricordo della tragedia del Velo d’Hiver. Israele invece fissa la data al 19 aprile, giorno della rivolta del Ghetto di Varsavia, evitando così di dare alla commemorazione una connotazione esclusivamente vittimaria.

5 Al momento di individuare la data per la Giornata della Memoria, Furio Colombo propose il 16 ottobre, in ricordo della deportazione dal Ghetto di Roma, per focalizzare l’attenzione sul coinvolgimento dell’Italia alla Shoah, mentre l’ANED propose il 5 maggio, la liberazione di Mauthausen, il campo che raccoglieva tutte le tipologie di deportati, in particolare i politici e gli oppositori.

6 Si tratta di un romanzo a fumetti in cui gli ebrei sono rappresentati in forma di ratti, che fa riferimenti, utilizzando piani di narrazione differenti, all’esperienza del padre dell’autore, reduce dagli orrori del campo di concentramento.