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Commemorare e raccontare la libertà. Riflessioni sul 12° symposium ENRS

Commemorare e raccontare la libertà. Riflessioni sul 12° symposium ENRS

Crediti: Rafał Chmielewski – Muzeum Historii Polski, CC BY-SA 4.0, Link

Abstract

Il 12° symposium ENRS ha esaminato gli spazi dei musei storici più recenti e frequentati. Per decenni i musei hanno svolto un ruolo speciale nella creazione della memoria storica e culturale di diverse generazioni, in quanto siti per la creazione di immagini e narrazioni particolarmente evocative sul passato, spazi per l’esposizione di una varietà di mezzi di memoria, luoghi di mediazione delle politiche storiche (nazionali e transnazionali) e istituzioni che coinvolgono i visitatori nella co-creazione di narrazioni sul passato (musei partecipativi). Tenendo conto dei cambiamenti dinamici delle tecnologie e degli strumenti sempre più avanzati per la visualizzazione del passato, così cruciali per la divulgazione della storia e il processo educativo, si sono esplorate anche le enormi opportunità e le minacce introdotte dagli strumenti di coinvolgimento altamente attraenti utilizzati nelle presentazioni educative e museali, tra cui l’IA, la VR e i media immersivi.

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The 12th ENRS symposium examined the spaces of the newest and busiest historical museums. For decades, museums have played a special role in the creation of historical and cultural memory for several generations, as sites for the creation of particularly evocative images and narratives about the past, spaces for the display of a variety of memory media, sites for the mediation of historical policies (national and transnational), and institutions that engage visitors in the co-creation of narratives about the past (participatory museums). Taking into account the dynamic changes in technologies and increasingly advanced tools for visualizing the past that are so crucial to the dissemination of history and the educational process, the enormous opportunities and threats introduced by the highly attractive engagement tools used in educational and museum presentations, including AI, VR and immersive media, were also explored.

Che cosa significa la libertà?

Che cosa significa oggi la libertà e che cosa ha significato durante il XX secolo? In che modo la lotta per la libertà e la sua celebrazione sono entrate a far parte della memoria culturale e storica dei Paesi europei? Com’è stata commemorata la libertà nelle narrazioni museali e come viene commemorata oggi? Queste domande sono tra le principali dibattute nel 12° European Remembrance Symposium intitolato Commemorating and narrating freedom, organizzato dall’European Network for Remembrance and Solidariety (ENRS) e tenutosi al Polish History Museum di Varsavia. Partendo da una prospettiva filosofica che definisce la libertà non solo in base alla sua assenza e ai tentativi di riconquistarla (libertà dalla schiavitù, dalle persecuzioni, dall’occupazione, ecc.), ma anche in base all’agency[1] e alla responsabilità sociale (libertà di scelta, di riunione, di parola, di religione, diritti umani, diritti delle minoranze, ecc.), il Symposium ha discusso le aspirazioni all’indipendenza e le lotte per la libertà che le accompagnano anche nella storia dei Paesi europei (e non solo) nel corso del secolo scorso, segnato da due guerre mondiali, varie guerre civili, nazismo e Olocausto, fascismo, comunismo e – più in generale – autoritarismo.

Il Symposium si è aperto all’insegna dello slogan “Per la libertà: la nostra e la vostra”, una frase coniata nel 1830-31 dall’indipendentista polacco Joachim Lelewel durante la Rivolta di Novembre contro l’invasore russo, una delle prime rivolte indipendentiste polacche. Da allora, la frase è entrata nel repertorio della memoria culturale polacca, diventando uno dei motti nazionali più incisivi durante i periodi più bui della storia di questo stato nel XIX e XX secolo.

Il simposio è stato aperto da Hanna Wróblewska, Ministro polacco della Cultura e del Patrimonio Nazionale; Robert Kostro, Direttore del Museo di Storia Polacca di Varsavia e Rafał Rogulski, Direttore della Rete Europea Memoria e Solidarietà.

Nel suo discorso, Rogulski ha dichiarato che:

Il simposio è un’opportunità per condividere esperienze, successi e difficoltà. L’idea del simposio è quella di promuovere le nostre opportunità di cooperazione transfrontaliera e di far sì che i partecipanti ai nostri progetti successivi apportino prospettive diverse alla storia dell’Europa del XX secolo, per favorire una migliore comprensione reciproca. […] Ogni anno vi invitiamo a discutere un argomento importante per tutti noi. Il tema di quest’anno è la libertà nelle narrazioni nazionali e museali e nell’educazione civica, che è strettamente legata alla responsabilità. Un dialogo responsabile sulla libertà, multinazionale e multigenerazionale, dovrebbe prevedere spazio sia per una narrazione basata sulla conoscenza storica sia per prospettive diverse sul passato. La consapevolezza del difficile e talvolta accidentato cammino verso la libertà ci permette di costruire un futuro responsabile, libero da conflitti e violazioni dei valori umani immanenti, tra cui la libertà è senza dubbio uno di questi.    

Il Ministro Wróblewska ha invece esordito dicendo, non senza note di spiccato nazionalismo, che

L’autoritarismo toglie la libertà in tutti i settori della vita: artistico, sociale, scientifico ed economico. Ma in Polonia possiamo lottare per essa. Sappiamo che la libertà non è data una volta per tutte, ma sappiamo anche che è raggiungibile e che dobbiamo lottare per ottenerla, cosa che esprimiamo come società.

Il Polish History Museum

Prima di approfondire i contenuti della dodicesima edizione del Symposium, è bene spendere qualche parola sulla sede del congresso, ovvero il Polish History Museum, inaugurato a settembre 2023. La collezione permanente sulla storia polacca è ancora in allestimento, ma il museo ha aperto le sue porte per esposizioni temporanee. Le attività sono ispirate alla tradizione della libertà: la storia del parlamentarismo, dei movimenti civici e della persistente lotta per l’indipendenza. Ciò include il fenomeno del Commonwealth controllato dalla nobiltà, le rivolte nazionali, la storia del movimento Solidarność e la doppia restaurazione della Repubblica indipendente di Polonia nel XX secolo. Il Presidente ENRS Rogulski ha dichiarato ancora:

La libertà è uno di quegli aspetti che ha avuto un ruolo speciale nella storia polacca e questo museo di storia polacca in statu nascendi è il luogo perfetto per questo incontro. Ha un significato simbolico. In primo luogo, si trova sulla Cittadella, simbolo della schiavitù russa, e in secondo luogo è stato creato grazie alla comprensione reciproca e al dialogo. Il Museo storico polacco è anche un museo della lotta per la libertà e della sua conservazione

Inoltre, il fatto che la mostra permanente del museo sia ancora in costruzione offre l’opportunità di vedere in tempo reale il processo di creazione, sia in termini di organizzazione e tecnologia, sia in termini di contenuti e narrazione.

L’obiettivo di questo museo è evidentemente nazionalistico. Spiega il Direttore Robert Kostro:

Svolgendo diverse attività espositive, educative e scientifiche, formiamo una moderna sensibilità patriottica. Contribuiamo a formare atteggiamenti civici basati sulla conoscenza della tradizione e sull’apertura al mondo

Vi è addirittura un programma educativo dal titolo Il patriottismo oggi e domani che offre grant ad organizzazioni non governative e locali.

Chiaramente frutto del volere del governo precedente, di estrema destra, contro il quale l’Unione Europea aveva emanato già sette anni fa una procedura per violazione dello stato di diritto, il Polish History Museum, presenta temi chiave della storia dello Stato e della nazione polacca in chiave smaccatamente autocelebrativa, plasmando un’immagine della Polonia «come una nazione immacolata, virginale, sempre vittima della storia».[2] Una Polonia, insomma, da sempre circondata da nemici contro i quali occorre unirsi e stringersi sotto la bandiera, come una nazione dal grande passato ma oppressa dai totalitarismi. È significativo che venga dato molto più spazio a quello sovietico che a quello tedesco e che si obliteri totalmente il collaborazionismo polacco con i nazisti. Uno degli esempi più eclatanti riguarda la Brigata Santacroce (Brigata Świętokrzyska), attiva nella lotta contro la Resistenza polacca e già rivalutata negli anni precedenti. Nel clima patriottico da oltre un decennio imperante in Polonia, infatti, si è minimizzato – tra le altre cose – l’eccidio dei partigiani e degli ebrei compiuto da questa formazione armata, i cui combattenti ritenevano il comunismo. Tale atteggiamento non è anomalo nell’Europa centro-orientale che, presa tra i due fuochi del nazismo e dello stalinismo, ha visto molte formazioni partigiane convinte di poter combattere un male con l’altro.[3]

La libertà come sfida attuale per la storia pubblica e l’educazione civica

Il primo panel è stato un dibattito intitolato La libertà come sfida attuale per la storia pubblica e l’educazione civica. Georgiy Kasianov – storico ucraino dell’Università Maria Curie-Skłodowska di Lublino, Polonia -, Maria Luz Martínez Seijo – membro del Congresso dei Deputati della Spagna –      e Barbara Walshe – Facilitatrice del dialogo e della giustizia riparativa – hanno preso parte all’affascinante discussione moderata da Rafał Rogulski, direttore dell’ENRS.

In che modo i conflitti contemporanei plasmano la nostra comprensione della storia? Come possiamo affrontare le complessità della libertà nel discorso pubblico? Quali nuove priorità politiche possiamo attuare per promuovere un’educazione civica più informata sulle sfide della libertà nelle società europee e globali? Queste sono state le questioni su cui hanno dibattuto.

Georgiy  Kasianov ha esordito sottolineando che la sua Patria, l’Ucraina, è attualmente impegnata in una «guerra esistenziale», in quanto la Russia, parte aggressore, nega persino la sua esistenza. In questo contesto, l’insegnamento della storia è «blindato e armato» da entrambe le parti, in poche parole strumentalizzato e non libero. Kasianov ha inoltre rilevato che questa tendenza può essere osservata anche in molte altre parti del mondo. Tuttavia, in Ucraina e in Russia si sono raggiunte vette alquanto estreme. Poiché il Presidente russo Putin nega che l’Ucraina abbia una storia, il governo ucraino ha scelto di rispondere rafforzando il nazionalismo nell’istruzione pubblica. Dopo l’occupazione della Crimea da parte della Russia nel 2014, la storia della Crimea è stata inserita in modo più evidente nei programmi scolastici nazionali. «Credo che l’Ucraina sia probabilmente il campione d’Europa nel numero di leggi sulla memoria, e alcune di queste leggi hanno un potere prescrittivo che trasforma il diritto di ricordare in un dovere di ricordare», ha spiegato Kasianov, aggiungendo poi che «l’insegnamento della storia è una questione di sovranità nazionale»     .

Alla domanda sul ruolo dell’Unione europea nell’educazione alla storia, Maria Luz Martínez Seijo ha osservato che non esiste una competenza dell’Unione imposta da un trattato. Tuttavia, Seijo ritiene che ci sia spazio per un’educazione storica comune per le nazioni europee, dal momento che tutte hanno attraversato turbolenze simili durante le rispettive storie: periodi in cui le libertà dei loro popoli sono state private, periodi in cui hanno dovuto soffrire sotto un potere oppressivo: «sono più le cose che ci uniscono che quelle che ci separano» in questo contesto. Secondo Seijo,

l’educazione alla storia dovrebbe essere una parte fondamentale dell’educazione ai diritti umani e una base per lo sviluppo della cittadinanza democratica dei giovani. Tuttavia, fornire un’educazione storica di qualità nelle scuole può essere molto impegnativo a causa del sovraccarico dei curricula, delle pratiche di insegnamento tradizionali e, in molti casi, dei sistemi educativi fortemente centralizzati […] i sistemi educativi devono adattarsi ai cambiamenti sociali e rispondere con nuovi curricula e metodologie interattive alle nuove esigenze. Dovrebbero inoltre contribuire a contrastare l’erosione dei valori democratici, in particolare tra i giovani in Europa.     

Per questi motivi, l’educazione alla cittadinanza democratica «dovrebbe essere prevista come materia obbligatoria distinta», essere inclusa in altre materie pertinenti – come l’insegnamento della storia – durante tutte le fasi dell’istruzione formale (primaria, secondaria e superiore) e costituire una parte integrante della formazione professionale e dell’istruzione non formale. Gli Stati membri della Comunità europea dovrebbero facilitare i partenariati tra scuole, istituzioni culturali e altri soggetti interessati, come siti di memoria, musei, archivi, società civile e artisti, per co-creare lezioni di storia. Ciò richiede però risorse finanziarie e di tempo per visite e progetti congiunti, nonché formazione e supporto curriculare.

Barbara Walshe ha infine espresso l’opinione che la pace e la comprensione della storia siano interconnesse e che l’una non possa esistere senza l’altra. Per quanto riguarda la cooperazione internazionale europea, Walshe ha sottolineato che anche il sostegno internazionale è necessario per la pace, come è avvenuto per il suo Paese d’origine, l’Irlanda, durante la guerra d’indipendenza all’inizio del XX secolo.

Grandi narrazioni e concettualizzazioni della libertà

Il secondo panel è partito da presupposti affini ma differenti: come viene intesa la libertà nelle narrazioni nazionali del passato? Come va al di là di questi quadri e come vengono raccontate e concettualizzate le narrazioni dei diritti e delle libertà civili, dei diritti delle minoranze, della libertà di parola o della libertà di religione? Queste sono state le domande a cui hanno risposto quattro relatori in rappresentanza di quattro musei o siti commemorativi: Simina Badica della Casa della Storia Europea di Bruxelles, Barbara Glück del Memoriale di Mauthausen, Audrey Whitty della National Library of Ireland di Dublino, Robert Kostro del Museo di Storia Polacca di Varsavia, sotto la moderazione di Dorottya Baczoni del Museo della Casa del Terrore di Budapest. Come ha sottolineato Kostro, padrone di casa dell’evento, la libertà è anche un motivo molto presente nelle esposizioni del suo museo e un’idea molto importante nella storia polacca. La Polonia ha effettivamente eletto i suoi re dal XVI al XVIII secolo, invece di rendere il monarca un titolo ereditario, ha spiegato al pubblico.

Glück ha parlato di libertà in un senso più radicale, come «libertà dalla prigionia, dalla schiavitù e dalla violenza» e ha poi raccontato la vicenda di un sopravvissuto ungherese deportato a Mauthausen, tuttora in vita, che ha donato al memoriale la sua scacchiera e i suoi pezzi autocostruiti che lo hanno aiutato nelle condizioni estreme della deportazione a trovare risorse di resistenza morale. «I luoghi e persino le singole esposizioni museali nascondono storie di lotta per la libertà, di speranza per la libertà, di forza per sopravvivere», ha concluso Glück.

Badica ha spiegato che il museo che dirige è dedicato alla «storia transnazionale dell’Europa», dove le narrazioni delle esposizioni sono disponibili in tutte le 24 lingue ufficiali dell’Unione europea.

Quando Dorottya Baczoni le ha chiesto di parlare di “grandi narrazioni”, Badica ha osservato che l’espressione ha una connotazione un po’ negativa. A suo avviso infatti, la narrazione può essere soggettiva e non oggettiva e  implicare che il curatore stia cercando di guidare il visitatore verso una conclusione, peccando di mancanza di obiettività e tentando di condizionare il suo pubblico. Badica, tuttavia, ritiene di esporre nel suo museo diverse grandi narrazioni, una accanto all’altra, in un “approccio multiprospettico”, volte a incoraggiare i visitatori del museo a impegnarsi in un pensiero critico autonomo.

Whitty ha raccontato la storia della Biblioteca Nazionale d’Irlanda, istituita nel 1877 durante il dominio britannico come parte dello sforzo della Corona di «uccidere il movimento indipendentista irlandese con la gentilezza». La cosa, tuttavia, non funzionò e nel 1937 fu fondata la Repubblica d’Irlanda indipendente. L’Irlanda ha dato al mondo quattro premi Nobel per la letteratura. Le opere e i cimeli di uno di loro, Seamus Heaney, sono oggi esposti in bella mostra nella biblioteca. Un altro grande esponente della letteratura irlandese, James Joyce, noto soprattutto per il suo romanzo Ulisse del 1922, era solito leggere e scrivere nella famosa sala di lettura principale della Biblioteca Nazionale. In chiusura, Whitty ha parlato anche dell’importante ruolo che la diaspora irlandese, di cui anche Joyce ha fatto parte, ha avuto nel plasmare la cultura e la storia irlandese.

Simboli e sfide della libertà riconquistata/perduta

Sono poi stati presentati casi di studio su come viene celebrata la libertà negli spazi pubblici.

Maria Axinte, una delle co-creatrici del Museo del Comunismo per i bambini di Pitesti (in Romania) – dove si trovava una delle prigioni più brutali per i dissidenti politici durante il regime comunista – ha parlato del progetto iniziato nel 2022, spiegando che uno dei modi per far capire ai bambini piccoli come funzionava il sistema comunista è quello di farli votare se vogliono un’esperienza di apprendimento interattiva o attraverso il racconto e poi «truccare il voto come facevano i comunisti» a favore di quello lessicale, che i bambini tendono a non scegliere. L’età minima richiesta per la partecipazione è di 12 anni, che è anche l’età del più giovane prigioniero politico tenuto in cattività nella Romania comunista.

Florian Traussnig dell’Istituto Ludwig Boltzmann di Graz ha parlato dei circa 100 «soldati rifugiati» provenienti dall’Austria, che hanno prestato servizio nella 10ª Divisione di montagna dell’esercito statunitense durante la Seconda guerra mondiale. Si trattava di sciatori esperti, fuggiti dal loro Paese dopo l’Anschluss (non tutti erano ebrei, alcuni erano solo antinazisti), che aiutarono i loro nuovi commilitoni americani ad addestrarsi per la guerra nei freddi terreni di alta montagna in Europa.

Si è inoltre cercato di rispondere alla domanda su quali nuove priorità politiche possano essere attuate per promuovere un’educazione civica più consapevole, soprattutto nel contesto delle sfide alla libertà nelle società europee e globali.

I musei della liberazione

Un panel dal titolo Participation in museums: shaping museum narratives è stato interamente dedicato ai musei storici realizzati negli ultimissimi anni o ancora in fase di progettazione, e sono stati anche esaminati gli spazi e gli allestimenti dei musei storici più recenti e popolari. Per decenni i musei hanno svolto un ruolo speciale nella creazione della memoria storica e culturale di diverse generazioni, come siti che danno forma a questa memoria, o che creano immaginari e narrazioni particolarmente evocative sul passato, come spazi per l’esposizione di una varietà di mezzi di memoria, come luoghi di mediazione delle politiche storiche (nazionali e transnazionali) e come istituzioni che coinvolgono i visitatori nella co-creazione di narrazioni sul passato (musei partecipativi). I rappresentanti dei musei hanno raccontato le loro esperienze, sia nella creazione delle narrazioni museali, sia nello sforzo di coinvolgimento del pubblico (interattività, partecipazione, aspettative del visitatore).

La rappresentazione della libertà nelle narrazioni museali del passato è risuonato più di una volta durante il dibattito. Nel corso della discussione, sia Martin Klimza, – Direttrice del Museo delle Vittime del Comunismo di Košice, in Slovacchia -, sia Paolo Pezzino – coordinatore del gruppo di storici curatori del nascituro Museo Nazionale della Resistenza, di Milano – hanno sottolineato, tra le altre cose, che un modo per evocare la storia della libertà è quello di commemorarla in forma materiale, anche negli spazi pubblici, ivi inclusi quelli espositivi.

«Non si può mettere la libertà in un museo. Non è una cosa del passato. La libertà è qui e ora», ha obiettato Martin Andreller, membro dell’Istituto estone per la memoria storica, per il quale la libertà permane un concetto astratto e vivo, difficile da “esporre”.

Miloš Ȓezník dell’Istituto storico tedesco di Varsavia ha invece affermato che

La libertà sembra essere un valore universale, utilizzato in tutti i regimi, democratici e totalitari. La libertà deve essere contestualizzata […] ricordiamo attraverso la cultura. I musei sono luoghi di impegno dove avviene il dialogo […] questi luoghi diventano simboli della libertà riconquistata o perduta, ma anche tracce di una memoria una volta repressa. La loro evocazione richiede cautela e sensibilità.

Su questa linea è intervenuta Wojciech Soczewica del Memoriale e Museo di Auschwitz-Birkenau, secondo la quale è obbligo delle istituzioni educative fornire un contrappeso alla propaganda.

Nella creazione di un museo si deve tener conto dei cambiamenti delle tecnologie e degli strumenti sempre più avanzati per la rappresentazione del passato, così cruciali per la divulgazione della storia e il processo educativo. Durante le discussioni sono state esplorate dunque anche le enormi opportunità e le minacce introdotte dagli strumenti di coinvolgimento altamente attraenti utilizzati nelle installazioni educative e museali, tra cui l’Intelligenza artificiale, la realtà virtuale e i media immersivi. Pille Pruulman-Vengerfeldt – docente di Media and Communication dell’Università di Malmö – e David Sypniewski – docente di social robotics, creative coding and artificial intelligence in the Arts and Creative Activities presso l’Università di Scienze Sociali e Umanistiche di Varsavia – hanno concordato sul fatto che le tecnologie in evoluzione e gli strumenti sempre più sofisticati offrono oggi molte opportunità per raccontare storie di libertà. L’integrazione dell’intelligenza artificiale nei musei, dove la rappresentazione equa e inclusiva delle culture e delle storie è fondamentale, presenta sfide significative in termini di bias ed etica. I sistemi AI possono perpetuare o amplificare pregiudizi esistenti se i dati utilizzati per addestrarli sono parziali o rappresentano solo alcune prospettive culturali.[4]

A tal proposito, parlando del Museo Nazionale della Resistenza, Paolo Pezzino ha aggiunto:

La progettazione è una sfida continua […] Un’impostazione che sostituisce lunghi cartelli scritti con un mix di immagini, voci e realtà immersive, rende il museo fruibile anche da chi non ha una specifica vocazione alla storia.

Łukasz Kamiński (Istituto Nazionale Ossoliński, Wrocław) e Laura Kolbe (Università di Helsinki) hanno avvertito che il libero uso di diversi tipi di strumenti non deve distorcere il passato o incoraggiare false interpretazioni dello stesso. Al contrario, dovrebbe tenere conto delle diverse prospettive storiche e culturali e, soprattutto, servire a costruire un dialogo responsabile tra le generazioni.

Conclusioni

È necessario – per fare del museo un luogo complesso, davvero plurale e una sorta di impresa collettiva – ridefinirne il ruolo a partire dal ripensamento delle pratiche curatoriali e delle esperienze di fruizione, mediante la riformulazione delle strategie di interazione con i visitatori per un loro maggiore coinvolgimento. Attraverso forme di co-creazione della storia con il pubblico, il museo diventa un luogo di dialogo e di partecipazione della comunità, centrato sui bisogni della comunità stessa, finalizzato a promuovere una memoria responsabile della storia e a stimolare la cooperazione culturale attraverso l’educazione e l’uso della conoscenza nell’interesse della pace e delle libertà. I musei di storia nazionale sono emblematici del desiderio didattico di diffondere una storia pubblica autorevole per la formazione di identità individuali e collettive.

I musei di storia devono concentrarsi meno sulla presentazione di una singola narrativa unificata che sulla creazione di ambienti in cui i visitatori possano sentire assonanze tra il passato e le loro vite, raccontare le loro storie e rafforzare il loro senso di appartenenza alla comunità. In questo modo, la storia non diventa esterna ai visitatori ma interna, un passato personale.[5]

I musei di storia vanno intesi come spazi democratizzanti, inclusivi e polifonici per il dialogo critico sul passato e sul futuro, volti a favorire la «partecipazione e la trasparenza lavorando in collaborazione attiva con e per diverse comunità. I musei dovrebbero anche contribuire alla dignità umana e alla giustizia sociale, all’uguaglianza globale e al benessere planetario», come ha sancito l’ICOM nel 2019 alla convention a Kyoto. Fare i conti con il passato non è semplice ma sviluppare un dialogo proficuo con la Storia è indispensabile per lo sviluppo di una società in continua evoluzione. Le istituzioni culturali sono chiamate ad analizzare e mettere in continua discussione le narrazioni al loro interno non solo per poter conoscere il nostro passato ma anche e soprattutto far luce sui valori, l’etica e la libertà. E la libertà, tema del 12° simposio ENRS, è centrale nel discorso pubblico odierno ben al di là delle celebrazioni e delle commemorazioni. Gli eventi di alcuni decenni fa ci ricordano che per la libertà si deve combattere e, una volta conquistata, va mantenuta. I conflitti armati di oggi dimostrano che, in tempi di continui cambiamenti, anche la libertà, un valore indiscutibile, può talvolta essere oggetto di appropriazione e strumentalizzazione.

Robert Kostro ha dichiarato in conclusione del Symposium:

La libertà è e deve rimanere un concetto chiave per la maggior parte delle istituzioni che si occupano di memoria […] Riteniamo che questo incontro sia stato di grande valore, perché un dibattito libero e onesto sulla storia non è solo una questione di conoscenza o addirittura di etica, ma anche un contributo per fermare le aggressioni e ripristinare la pace in Europa.


Note:

[1] Capacità umana di far accadere le cose, intervenendo sulla realtà, esercitando un potere causale.

[2] M. Zola, Polonia: i collaborazionisti con il nazismo equiparati ai partigiani, in “East Journal”, 16 aprile 2018.

[3] Si veda I. Kershaw, M. Lewin, Stalinismo e nazismo. Dittature a confronto, Editori Riuniti, Roma 2021.

[4] V. Colombi, C. Greppi. E. Manera, G. Olmoti, R. Roda, I linguaggi della contemporaneità. Una didattica digitale, per la storia, Il Mulino, Bologna, 2018; C.  Scognamiglio, La didattica della storia a confronto con l’Intelligenza Artificiale, in “Micromega”, 14 Aprile 2023; G. Gaia, S. Boiano, Musei e Intelligenza Artificiale: il toolkit, in “Musei-it.”, 30 maggio 2024.

[5] B. Filene, History Museums and Identity: Finding “Them,” “Me,” and “Us” in the Gallery, in P. Hamilton, J. B. Gardner (a cura di), The Oxford Handbook of Public History, Oxford, Oxford Academy, 327–348.