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Le Linee guida per la didattica della Frontiera adriatica: un’occasione da non perdere

Le Linee guida per la didattica della Frontiera adriatica: un’occasione da non perdere

Ritorno di Trieste all’Italia: parata delle forze armate sulle Rive, 4 novembre 1954.
Foto di Aarska – Collezione privata, Pubblico dominio, Collegamento

Abstract

Il testo si sofferma sulle Linee guida per la didattica della Frontiera adriatica pubblicate dal Miur il 21 ottobre 2022 e realizzate da Giuseppe Parlato, Raoul Pupo, Guido Rumici, Roberto Spazzali. Il documento, ricco e molto articolato, indica la necessità di contestualizzare le vicende cui fa riferimento la legge istitutiva del Giorno del Ricordo, e di operare un’analisi di lungo periodo. Vi viene inoltre sottolineata la necessità di porre in atto una strategia comparativa, uscendo dai limiti angusti delle storiografie nazionali. Oggetto dello studio è infatti un’area di frontiera, ovvero una terra di scambi, di transizione e di “sovrapposizioni”. Le Linee colgono perfettamente un altro dato didatticamente rilevante: lo studio della Frontiera Adriatica può svolgere un ruolo chiave nei percorsi didattici dei docenti, nel momento in cui esso venga affrontato come un autentico “laboratorio della contemporaneità”. Vi si sono concentrati infatti problemi come la nascita dell’identità nazionale, il degenerare di questi in altrettanti nazionalismi e il venire a confliggere di questi, due guerre mondiali, le strategie, le azioni e le violenze sopraffattrici del fascismo italiano, del nazismo e, infine, del comunismo jugoslavo. Ce n’è abbastanza per sollecitare il mondo della scuola a confrontarsi con tali problematiche che, grazie a questo documento e al ricco apparato di allegati che esso propone, i docenti possono affrontare con maggiore sicurezza.

Introduzione

Da quando, con la Legge 30 marzo 2004 n. 92, è stato istituito il Giorno del Ricordo, la scuola e i docenti italiani hanno dovuto misurarsi con le vicende che hanno connotato il “confine orientale italiano”, come recita il procedimento legislativo. La manualistica si è sforzata di adeguarsi all’endemica carenza di informazioni a riguardo, non senza incorrere in errori ed inesattezze, per non dire che il poco spazio che vi viene dedicato non è certamente d’aiuto a una chiara esposizione dei fatti. Da parte loro, i docenti hanno potuto usufruire di numerose iniziative di formazione, promosse da diversi enti e realtà, anche se l’approccio al tema continua ad essere problematico. Anche per questo, è quanto mai opportuna la recente pubblicazione delle Linee guida per la didattica della Frontiera adriatica, approvate dal Gruppo di Lavoro Ministero dell’Istruzione – Associazioni degli Esuli Istriani, Fiumani e Dalmati, istituito con Decreto Direttoriale Ordinamenti Scolastici e Autonomia scolastica 26 ottobre 2009 e successivamente rinnovato con Decreto Dipartimentale 23 dicembre 2021, n. 2619. Il testo, ricco e molto articolato – ogni semplificazione a riguardo è del resto foriera di una cattiva didattica – risponde innanzi tutto all’esigenza di contestualizzare adeguatamente i fenomeni cui fa riferimento il testo di legge, ricorrendo anche a un’analisi di lungo periodo. In secondo luogo, esso evidenzia l’importanza di adottare una strategia comparativa: ciò non significa stabilire confronti con altre occasioni memoriali come il Giorno della Memoria, che si riferisce a un ordine di problemi affatto diverso, ma con analoghi contesti che, per la loro conformazione, hanno visto svilupparsi processi simili a partire, soprattutto, dalla metà del XIX secolo fino alla metà del secolo scorso. Penso, ad esempio, ai drammatici fenomeni che hanno connotato il secondo dopoguerra della Venezia Giulia e a quello di altre aree contermini o di zone mistilingui dell’Europa centrorientale.

Il lavoro della rete degli Istituti della Resistenza

Così, a distanza di 18 anni dall’istituzione del Giorno del Ricordo, che ha dato tra l’altro il via a un intenso periodo di impegno della rete degli Istituti di storia della Resistenza, della Commissione didattica nazionale dell’allora Insmli e del Landis (Laboratorio nazionale di didattica della storia), questo documento costituisce un contributo prezioso per i docenti chiamati a confrontarsi con gli interrogativi posti dalla giornata memoriale. A questo proposito, si può già introdurre una prima considerazione metodologica: riflettere e far riflettere su questa e tutte le giornate memoriali del calendario civile della nostra Repubblica, costituisce innanzi tutto un dovere civico e, in secondo luogo, uno stimolo a diffondere la conoscenza degli eventi da esse di volta in volta ricordati. Dev’essere tuttavia chiaro che l’azione didattica non può limitarsi a delle celebrazioni occasionali. Occorre infatti andare oltre la mera commemorazione, pur doverosa, per rilanciare lo studio di un evento, farne occasione di approfondimento, magari in chiave di didattica laboratoriale, sulla quale tanto in questi anni si è spesa la rete degli istituti. Conditio sine qua non è ovviamente disporre di docenti ben formati o quanto meno ben orientati, proprio ciò che queste Linee guida si propongono di fare.

Le linee guida

Particolarmente indicativo dello spirito che informa questo documento è l’introduzione dell’ex ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi, ancora in carica al momento della pubblicazione del testo. Innanzi tutto, vi si sottolinea che «le presenti linee guida per la storia della Frontiera adriatica offrono […] un contributo finora assente. Contribuiscono alla riflessione che caratterizza l’insegnamento storico come laboratorio di contemporaneità» (Linee guida per la didattica della Frontiera adriatica, p. 7). In secondo luogo, nel porre l’accento sull’importanza strategica del tema, Bianchi indica un’esigenza davvero fondamentale: si tratta cioè di andare oltre lo sguardo angusto delle storiografie nazionaliste, di abbracciare lo sguardo dell’altro, di adottare una didattica transfrontaliera capace di permettere di educare alla complessità e di promuovere una matura cittadinanza europea. Così, sottolinea ancora il ministro Bianchi, le Linee guida «offrono a docenti e studenti ancoraggio storico, didattico, metodologico per lo studio delle vicende della Frontiera Adriatica, per favorire conoscenza e consapevolezza che solo attraverso sguardi congiunti e visioni plurali si abbattono pregiudizi e fantasmi che alimentano odio e rancore» (Linee guida, p. 8). Un principio rinforzato dalla citazione delle parole del presidente Sergio Matterella che, in occasione della celebrazione del Giorno del Ricordo 2019, aveva parlato di un «capitolo buio della storia nazionale e internazionale, che causò lutti, sofferenza e spargimento di sangue innocente […] comune a molti popoli dell’Est europeo, che hanno sperimentato il repertorio disumanizzante dei grandi totalitarismi del Novecento» (Linee guida, p. 7).

Tali osservazioni costituiscono gli assi portanti su cui queste Linee sono state costruite. Non a caso, anche il documento che ne accompagna la pubblicazione, scritto da Stefano Versari, capo del Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione, osserva come «le vicende della Frontiera Adriatica possono essere affrontate nelle scuole di ogni ordine e grado e, le relative unità di lavoro, connettersi alle discipline e al curricolo di Educazione civica con approccio interdisciplinare».

Lo studio della Frontiera Adriatica acquisisce così una posizione chiave nei percorsi didattici dei docenti, nel momento in cui esso venga affrontato come un autentico “laboratorio della contemporaneità” e più in particolare, «un laboratorio delle esperienze politiche estreme del ’900»[1]. In un breve volgere di tempo, infatti, vi si sono concentrate le strategie, le azioni e le violenze sopraffattrici del fascismo italiano, del nazismo e, infine, del comunismo jugoslavo.

Frontiera Adriatica o confine orientale?

Prima di entrare nella descrizione e nell’analisi del documento, c’è però un altro elemento su cui è necessario soffermarsi: il titolo Linee guida per la didattica della Frontiera adriatica fa infatti riferimento al termine “Frontiera Adriatica” piuttosto che a quello generalmente utilizzato – a partire dalla pur meritevole legge istitutiva del Giorno del Ricordo – di “confine orientale”. La distinzione è frutto di anni di riflessione e di studio intorno al tema, portati avanti in particolare da Raoul Pupo, uno degli autori di questo documento insieme a Giuseppe Parlato, Guido Rumici e Roberto Spazzali: «Mentre infatti – si legge nel documento – i confini sono linee di separazione fra realtà ben definite e risultano assai variabili nel tempo, la frontiera è un’area di ampie dimensioni, entro la quale nel corso dei secoli si sono moltiplicate le linee di confine» (Linee guida, p. 12). In un’area di frontiera, infatti, si sovrappongono lingua, storia e tradizioni di comunità diverse, e con queste anche le memorie di cui tali comunità si fanno portatrici. In una realtà cosiffatta, terra di scambi, di transizione e, appunto, di «sovrapposizioni», la definizione dell’identità si fa complessa e risulta impossibile tracciare linee nette di divisione – come invece, in diversi momenti della storia del Novecento si è inteso fare concretamente: penso in particolare all’azione del presidente americano Wilson – come sono, appunto, i confini.

Il testo è suddiviso in quattro parti, cui si deve aggiungere una bibliografia essenziale e un ricco allegato che offre ai docenti strumenti da utilizzare nella prassi didattica: Cartografia storica; Lessico, Esempi di periodizzazione didattica, Itinerari storico-artistico-letterari, Sitografia.

Prima sezione: la metodologia

La prima parte, intitolata appunto «La metodologia», individua i corretti criteri con i quali approcciarsi allo studio e alla didattica della “Frontiera Adriatica”. Innanzi tutto, vi viene più che opportunamente definita l’area geografica di riferimento, ovvero quella «che dalla Valle dell’Isonzo e dal Golfo di Trieste scende lungo la sponda orientale del mare Adriatico fino alle Bocche di Cattaro. […] Essa comprende la costa, le isole e l’immediato retroterra, delimitato dapprima dal Carso e poi dal crinale delle Alpi Bebie e Dinariche» (Linee guida, p. 12). È una puntualizzazione determinante e più che necessaria, data la confusione che ancora oggi non di rado caratterizza il linguaggio dei media, e in genere del discorso pubblico, per non dire dei manuali scolastici quando si parli di questa regione.

Un’altra indicazione importante, cui si è già fatto riferimento, è quella di non limitarsi a una storia di breve periodo, che si concentri esclusivamente sui «drammi novecenteschi», indicando piuttosto la necessità di compiere «alcuni affondi di lungo periodo» (Linee guida, p. 13):  penso, ad esempio, al momento chiave – la metà del XIX secolo – della formazione della coscienza nazionale dei popoli che abitavano l’area, ai decenni successivi nei quali tali processi di autodefinizione identitaria vennero a confliggere tra di loro con l’esplosione dei rispettivi nazionalismi, quando i processi di nazionalizzazione di massa dettero i loro (nefasti) frutti. Penso ancora, per fare un altro esempio, a un fenomeno come l’irredentismo, che in quest’area va inevitabilmente declinato al plurale. Infine, se un’area di frontiera è terra di sovrapposizioni, viene ricordato che «l’italianità adriatica non si è creata nel vuoto, ma nell’interazione con altre culture» (Linee guida, p. 13), in un’alternanza di processi di scambio e di tensioni anche assai forti. Da ultimo, in sede di indicazioni metodologiche, viene affrontato il nodo del rapporto tra storia e memoria. Se a quest’ultima si deve rispetto e ascolto, e se l’incrocio tra storia e memoria genera risultati assai proficui, è infatti la storia in quanto disciplina critica che deve costituire la bussola per orientarsi nel passato.

La seconda sezione: dove studiare

La seconda sezione delle Linee, «Dove studiare la storia delle frontiera adriatica», indica ai docenti i diversi settori disciplinari nei quali proficuamente lavorare intorno a questo tema, prospettando le numerose possibilità di un percorso di carattere interdisciplinare: dall’educazione civica alla storia letteraria (quella italiana, ma anche quella greca e latina: vengono tra l’altro suggeriti alcuni percorsi bibliografici, che tengono conto di un lavoro necessariamente comparativo con altri contesti caratterizzati da analoghe problematiche, come accennato in apertura di queste pagine), dalla storia dell’arte alla musica – ancora relegata quest’ultima al solo 1° ciclo di istruzione secondaria! – fino, ovviamente, alla disciplina storica, che peraltro non può prescindere da una robusta preparazione di carattere geografico.

A proposito di storia, questa sezione delle Linee fornisce ai docenti un’interessante periodizzazione che consente di rendere più puntuale il lavoro in classe, fornendo le coordinate necessarie ad orientarsi nelle vicende di un territorio di grande complessità, proprio per la sua natura composita. Inoltre, il testo presenta un’esemplare problematizzazione delle vicende adriatiche, che offre ai docenti numerosi spunti di lavoro, utilizzando al meglio le più diverse metodologie didattiche: penso, ad esempio, allo studio di caso e, ovviamente, all’attività laboratoriale.

Va aggiunto che l’intero testo è accompagnato da un ampio apparato cartografico – cui si accede tramite i link che vi sono inseriti o attingendovi tramite l’allegato – che rappresenta un corredo vivo e indispensabile alla comprensione dei contenuti.

La terza sezione: il profilo storico

La terza parte delle Linee – «Il profilo storico» – costituisce invece un’utile “guida” alle vicende della frontiera adriatica che, muovendo dalla situazione politica attuale, si volge all’indietro, dall’epoca romana fino al complesso Novecento con i drammi che lo hanno caratterizzato: dalla prima guerra mondiale al fascismo, dalla seconda guerra mondiale alla Resistenza, dalle violenze del nazifascismo a quelle perpetrate dal comunismo jugoslavo fino all’esodo e alle sue conseguenze: un evento, quest’ultimo, periodizzante perché davvero rappresentò la catastrofe dell’italianità adriatica, per riprendere il sottotitolo di una mostra nata nel 2011 e oggi enormemente sviluppata nella sua recente versione virtuale, riferimento ineludibile per chi voglia approcciarsi alle vicende storiche dell’area (mi riferisco alla mostra virtuale: Il confine più lungo. Dai conflitti alla riconciliazione sulla frontiera adriatica).  Il percorso include poi gli aspetti diplomatici e amministrativi, dal Trattato di Parigi al trattato di Osimo.

La quarta sezione: pedagogia e didattica

Della quarta sezione, «Pedagogia e didattica della frontiera adriatica», è importante sottolineare innanzitutto l’appello al ritorno allo studio della storia e alla centralità di questa disciplina, alla messa in guardia verso la consolidata prassi di affidarsi «all’affabilità del divulgatore di professione, al dispensatore di fatti correlati a giudizi personali e affermazioni ad effetto che trovano sì suffragio ma non sostanza, non pongono problemi – perché la storia problematica non piace – ma sono compensatori dei deficit scolastici di mera conoscenza storica e rassicuranti nella versione e nella ricostruzione di un dato evento» (Linee guida, p. 45). Se c’è infatti una storia “problematica” che davvero non consente riduzioni di sorta, questa è proprio quella della Frontiera Adriatica. Occorre, quindi, che gli insegnanti desiderosi di farsene carico si rimbocchino le maniche, con la consapevolezza di affrontare un lavoro difficile ma gratificante e assai proficuo, proprio per l’esemplarità storica (nel senso più ampio del termine) delle vicende che l’hanno connotata; un lavoro che certamente queste Linee contribuiscono a rendere più agevole.

Tenendo presente il complessivo impoverimento della cultura storica collettiva, il modo in cui generalmente i giovani interpretano le vicende del passato, il fatto che le nostre classi siano composte da ragazze e ragazzi provenienti da esperienze culturali diverse, «va individuata una strategia educativa che non sia soltanto l’esercizio commemorativo di Foibe ed Esodo a comprimere una storia più ampia ed articolata di una macroregione complessa. Ecco allora che l’argomento può proporsi come un caso di studio in grado di affrontare e comprendere i motivi per i quali determinati equilibri nei rapporti tra le popolazioni entrano in crisi e si interrompono, perché ci sono ingiustizie, discriminazioni, negazione dei diritti di identità e di cittadinanza, repressioni, persecuzioni, violenze, esodi, espulsioni» (Linee guida, p. 46). Insomma, che lo studio della Frontiera Adriatica, ben lungi da ridursi a oggetto di una riflessione d’occasione o a processi di banalizzazione, rappresenta invece una grande opportunità didattica, un prisma attraverso il quale affrontare le grandi problematiche che hanno caratterizzato la storia del Novecento e, ahinoi, sembrano contraddistinguere anche questi difficili primi decenni del XXI secolo, a proposito di “storia del tempo presente”.

Come accennato, il documento è corredato da un allegato che propone una ricca sezione di strumenti, a parte dei quali si può accedere attraverso la pagina web www.scuolaeconfineorientale.it.

Tra questi strumenti integrativi va segnalato un Lessico, comprensivo di oltre una ventina di lemmi, come ad esempio “Foibe”, “Istria”, “Quantificazione”, “Litorale Adriatico” (cito a caso) che supportano i docenti nel loro lavoro, fissando alcuni concetti fondamentali e sciogliendo alcuni dei nodi spinosi relativi allo studio dell’area. Segue una serie di Esempi di periodizzazione tematica, grafici, schede relative al contesto geografico e ai paesaggi per non dire di una serie di affascinanti Itinerari storico-artistici-letterari che consentono di programmare concretamente dei viaggi di istruzione che siano il frutto di un adeguato percorso di studio. A integrare il documento una bibliografia e una sitografia orientative.

Conclusione

In conclusione, queste Linee guida per la didattica della frontiera adriatica rappresentano molto di più di un pur importante documento orientativo, proponendosi anzi ai docenti come un’occasione importante di approfondimento e un robusto strumento, scientificamente inappuntabile, ricco di spunti di riflessione, di suggerimenti edi sussidi indispensabili per affrontare lo studio e lo svolgimento didattico del tema. Non da ultimo, per i contenuti proposti e le molte suggestioni evocate, le Linee mi sembrano rappresentare uno stimolo per conoscere di più e meglio la storia di una regione attraversata tanto da grandi tragedie quanto ricca di tesori che vale la pena scoprire e far scoprire ai giovani cittadini che il mondo della scuola, senza distinzione alcuna, ha il dovere di formare e educare.


Note:

[1] R. Pupo, Adriatico amarissimo. Una lunga storia di violenza, Laterza, Roma-Bari 2021, p. X

Dati articolo

Autore:
Titolo: Le Linee guida per la didattica della Frontiera adriatica: un’occasione da non perdere
DOI: 10.52056/9791254693162/11
Parole chiave: , , ,
Numero della rivista: n.18, dicembre 2022
ISSN: ISSN 2283-6837

Come citarlo:
, Le Linee guida per la didattica della Frontiera adriatica: un’occasione da non perdere, Novecento.org, n.18, dicembre 2022. DOI: 10.52056/9791254693162/11

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