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Nati digitali

Domanda: Contro il colonialismo digitale ha avuto una vasta risonanza e ha il merito di aver sollevato un’autorevole voce di critica costruttiva e non passatista alla questione della trasmigrazione dal cartaceo al digitale.

Risposta: Prima di tutto tengo a puntualizzare che non è mia intenzione fare della denuncia, vorrei evitare di diventare una bandiera della resistenza contro la scuola digitale o l’e-book. Dall’altro lato contro la retorica martellante della stampa e delle istituzioni (che spesso paiono dei comunicati stampa dei produttori di hardware e software) mi sembra più utile fornire strumenti, soprattutto a insegnanti e genitori. Proporre un lavoro costruttivo che parta da spunti empirici e spunti concettuali, nel senso della chiarificazione e di ridefinizione e di uso delle parole giuste. Ad esempio, non ci sono dei nativi digitali, al limite dei nati digitali (o dei coatti digitali). Bisogna evitare l’idea che l’assuefazione ai nuovi media digitali sia scontata e produca automaticamente competenze; bisogna prendere con estrema cautela l’idea di un nuovo modello antropologico inevitabile e ineluttabile. Le nuove generazioni esposte al digitale non sono né malate né mutanti. Dal punto di vista cognitivo sono esattamente come erano i nostri antenati del paleolitico, ma sono in un ambiente diverso, con un diverso design.

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