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Il digitale come risorsa per la didattica laboratoriale

Il digitale come risorsa per la didattica laboratoriale

L’esempio di E-Story e del Digital learning environment

Alle origini: il progetto europeo Erasmus + E-Story

È ormai storia di tre anni fa: l’Istituto per la Storia e le Memorie del ‘900 Parri E-R partecipa al bando Erasmus+ e ottiene il finanziamento per il progetto E-Story Media and History from cinema to the web. Studying, representing and teaching European History in the digital era. Le azioni del progetto, numerose e complesse, convergono nell’obiettivo generale di proseguire una riflessione già avviata in un progetto europeo precedente sul modo di studiare, rappresentare e insegnare storia in un presente sempre più digitale. Non è questa la sede per ricostruire la storia di un lavoro triennale (un focus dedicato è stato al centro dell’appuntamento annuale che l’Istituto di storia contemporanea di Piacenza – ISREC dedica alla didattica digitale; è, inoltre, possibile ricostruire la cronistoria di questo progetto attraverso la pagina Facebook dedicata) con molti contributi e un certo numero di partner (sono coinvolti, oltre all’Italia, anche Spagna, Inghilterra, Slovenia, Polonia, Ungheria e l’associazione europea di insegnanti di storia Euroclio). L’obiettivo, in questa sede, è piuttosto quello di far conoscere le linee generali di un progetto condotto da realtà che operano nella rete dell’Istituto Nazionale e, in particolare, dare visibilità allo spazio realizzato per la progettazione di laboratori di storia (Digital Learning Environment).

Si tratta di uno spazio digitale interamente e costruito nel corso del triennio di lavoro e nato dallo studio, dallo scambio e dalla collaborazione fra differenti professionalità. Se il progetto E-Story è stato voluto e messo a fuoco dal gruppo di lavoro dell’Area Multimediale dell’Istituto – grazie a Luisa Cigognetti (project manager), Pierre Sorlin e Gisella Gaspari – la sua taratura didattica è stata messa a punto dall’Area Didattica, grazie all’esperienza e al portato metodologico di Nadia Baiesi, ex presidente del Laboratorio Nazionale di Didattica della Storia. Il gruppo di lavoro sul campo è stato costituito dallo staff delle Teachers Trainer (composto da Elisa Domenichini, Emanuela Garimberti e Chiara Massari – docenti in servizio – coordinato da Agnese Portincasa, docente in distacco presso l’Istituto bolognese). A perfezionare questa sinergia complessa e vitale l’apporto di Igor Pizzirusso – già responsabile di molti dei progetti digitali nell’ambito dell’Istituto Nazionale – come web content manager, ha contribuito a mantenere il prodotto finale nell’alveo di una serie di scelte e metodologie nate nel pieno del lavoro di rete dell’Istituto Nazionale stesso. Proprio la progettazione del Digital Learning Environment è il prodotto di un lavoro comune fra il gruppo docente e il professionista programmatore: in questo senso si può dire che lo spazio messo a disposizione in piattaforma è connubio e sintesi tra le esigenze che provengono dalla vita scolastica di ogni giorno, a stretto contatto con le necessità e i desiderata degli insegnanti stessi e sviluppati, e le possibilità fornite oggi dai softwares open source, ovvero sistemi gratuiti e liberamente modificabili che coniugano la semplicità d’utilizzo con alti livelli di usabilità per l’utente finale, sempre più abituato a produrre e acquisire contenuti e informazioni in modo semplice, diretto e immediato, su più dispositivi contemporaneamente (dal pc allo smartphone).

Risorse e strumenti che – grazie alla collaborazione con Europe Direct Emilia-Romagna, Fondazione Golinelli e Istituto Storico di Ravenna – sono stati sperimentati in tre corsi di formazione docenti (nell’anno scolastico 2017-18 a Ravenna, Bologna, Faenza) che hanno coinvolto 50 docenti e formatori interessati a sviluppare competenze digitali per la Didattica della storia e delle materie umanistiche.

I corsi, curati e tenuti dalle Teachers Trainers del progetto prevedevano 25 ore di lavoro di cui 9 in presenza suddivise in tre incontri di 3 ore ciascuno. I materiali didattici prodotti dagli insegnanti sono già visibili in rete sulla piattaforma E-story, cui è possibile accedere a seguito di una registrazione.

Nel febbraio scorso, inoltre, la piattaforma nel suo complesso è stata presentata al Convegno Prospettive per la didattica della storia in Italia e in Europa (Università di Padova), mentre il Centro Documentazione e Didattica dell’Università Cà Foscari ha ospitato la presentazione di uno dei laboratori caricati in piattaforma e dedicato alla storia di Porto Marghera (evento in collaborazione con l’Istituto Veneziano per la Storia della Resistenza e della Società Contemporanea-IVESER, già coinvolto nella progettazione complessiva grazie all’attività della docente in distacco Luciana Granzotto).

Il laboratorio di storia come sostrato metodologico

Volendo ridurre un dibattito di decenni – in Italia i primi riferimenti ministeriali alle competenze di laboratorio sono di fine anni Settanta – a una sintesi, si può dire che un laboratorio di storia è un’attività didattica che porta in classe le fonti della ricerca storica (in realtà si può lavorare sulle fonti anche senza attuare una didattica laboratoriale, tuttavia i migliori risultati in questo senso si ottengono attraverso un lavoro cooperativo sul metodo). È un modo, fra molti, di pensare la lezione di storia, organizzarla. Molte sono le buone pratiche segnalate; esiste, inoltre, una discreta letteratura sull’argomento (recentissima la pubblicazione della terza edizione di Insegnare storia che attualizza il dibattito sull’argomento: basta sfogliarla per trovare vaste bibliografie, riflessioni, proposte metodologiche e di buone pratiche).

La locuzione Laboratorio di storia rinvia a un certo numero di significati e contesti:

  • è lo spazio fisico organizzato per il lavoro di gruppo, per l’accesso ai materiali e per l’uso di strumenti multimediali;
  • indica la particolare relazione tra docenti e studenti in una ricerca storica guidata;
  • richiama una progettazione particolare (anche multimediale) che va oltre il concetto tradizionale dell’insegnare e apprendere storia.

Dunque il laboratorio è solo a prima vista un’azione che pertiene l’uso di documenti nel corso della lezione di storia, ma richiama le numerose variabili logistiche, organizzative, relazionali connesse al caso (variabili chiarite nel seguente video tutorial realizzato appositamente).

Pro e contro

Se molti insegnanti continuano a indicare il laboratorio come la panacea per superare ogni rischio di banalizzazione nozionistica, va detto che non tutti sono apertamente convinti dell’efficacia di tale pratica.

Sono numerose le critiche su fattibilità e sostenibilità:

  1. Il laboratorio di storia è troppo ambizioso. Il lavoro dello storico non è riproducibile in classe;
  2. la storia è una materia orale, non ha senso fare scrivere di storia agli studenti;
  3. il laboratorio consuma troppo tempo. Tempo che nella programmazione annuale non esiste.

Si tratta di tre critiche assolutamente fondate, alle quali si può ribattere che:

  1. il laboratorio non vuole semplicemente imitare il lavoro di uno storico ma comprenderne il metodo. Ne deriva un’operatività che aiuta a sviluppare particolari strutture cognitive (di ragionamento, deduzione, ipotesi, verifica);
  2. la storia è a tutti gli effetti una materia testuale: le conoscenze storiche partono dall’analisi di testi per la costruzione di conoscenze;
  3. è certamente vero che è irrealizzabile strutturare un corso tradizionale di storia attraverso il laboratorio. Ma è possibile inserirlo in una differente logica di programmazione (scelta delle rilevanze/tematizzazione/programmazione verticale).

La realizzazione di un laboratorio di storia offre alcuni vantaggi:

  1. permette di osservare il passato da differenti angolazioni (attraverso la selezione dei documenti);
  2. rimarca l’assenza e i limiti delle fonti (la ricostruzione completa e definitiva del passato è impossibile);
  3. mostra come nessun documento sia capace di spiegare per intero il passato. Il sapere si costruisce dalla conoscenza del contesto. Solo in seguito si può passare a formulare un’ipotesi (interpretazione);
  4. usa la narrazione come obiettivo finale e supera la routine della lezione frontale.

Il focus didattico del progetto Media and History prevede la progettazione di una modalità concreta attraverso cui sia possibile utilizzare l’impianto laboratoriale in un contesto digitale.

Il laboratorio entra nel digitale: in principio era il webquest

Embrione dell’impianto laboratoriale in un contesto digitale è stato il webquest, una delle prime pratiche – e sicuramente una delle più interessanti – a mescolare dinamiche di ricerca, reperimento e uso delle fonti/informazioni on line. Ideato già a metà degli anni Novanta da Bernie Dodge, esso è, di fatto, un vero e proprio progetto di ricerca guidata on line “che incoraggia gli studenti ad acquisire abilità di analisi, sintesi, valutazione per […] completare un compito autentico attraverso la ricerca sul Web e la creazione di contenuti”:

One of the best pieces of Education Technology I know of is not a product, it’s an approach. The WebQuest is an inquiry-based, standards-aligned online activity that encourages students to engage in Higher Order Thinking Skills (HOTS) by completing relevant and authentic tasks through online research and content creation [Marzano, Kendall, 2007].

Al termine di una simile attività lo studente non avrà quindi assorbito solamente concetti e nozioni, bensì un vero e proprio metodo di analisi.

Benché oggi sia una pratica superata, il webquest rimane metodologicamente molto valido e può essere applicato con successo soprattutto nei primi cicli formativi, per insegnare il corretto approccio ai più giovani, che si trovano gioco-forza già immersi nel web, ma senza avere gli strumenti critici necessari per fruirne nel modo più utile e corretto. Dalla logica del webquest, unita a quella del laboratorio di storia [Brigadeci, Criscione, Deiana, Gusso, Pennacchietti 2001], nasce il laboratorio on line con le fonti, che potenzia e integra le pratiche più tradizionali, quali lo studio del manuale e la lezione frontale, permettendo inoltre di sperimentare alcune attività proprie della ricerca storica, concentrando la propria attenzione sul passaggio dal sapere al saper fare: dalla semplice memorizzazione dei dati, alla capacità di selezionarli, analizzarli, leggerli e comunicarli.

L’accesso al DLE (Digital Learning Environment)

La pagina riservata

Nel sito E-story è presente una sezione dedicata al laboratorio storico. Per accedervi basta cliccare sulla voce di menu: Digital learning environment.

In questa pagina è presente una breve descrizione del laboratorio storico che sintetizza le attività svolte dal docente per la progettazione e quelle da proporre agli studenti per l’analisi delle fonti e il prodotto finale. Nella stessa pagina il docente, dopo essersi registrato, può accedere all’area riservata.

Nella Home si trovano tre sezioni. Nella prima sono pubblicati i prototipi di laboratorio proposti ai partner e realizzati da Agnese Portincasa e Nadia Baiesi (area didattica dell’Istituto per la Storia e le Memorie del ‘900 Parri E-R); nella seconda, Top contents, sono pubblicati i laboratori realizzati dallo staff delle teachers trainers italiane. Sotto il titolo Other contents sono raggruppati i progetti, anche incompleti e in lavorazione, dei docenti italiani che hanno seguito i corsi di formazione, oltre ai laboratori realizzati dai colleghi degli stati partner. Con l’accesso alla piattaforma il docente ha la possibilità di essere co-autore del sito, poiché ha la possibilità di realizzare i suoi laboratori (sotto forma di blog post) utilizzando il CMS WordPress con il quale il sito E-story è stato costruito. Si può scegliere di:

  1. pubblicare il proprio progetto di laboratorio,
  2. modificarne uno già realizzato,
  3. accedere ai lavori realizzati da altri docenti.

I tools per lavorare sui manufatti digitali (Googlemaps, H5P, Infogr.am) sono accompagnati da video tutorial che ne esemplificano l’utilizzo e le diverse opzioni.

La piattaforma rappresenta uno spazio in cui il docente può progettare, costruire, definire, modificare il proprio laboratorio. Una sorta di scrivania digitale condivisa nella quale possono essere archiviati materiali semilavorati o progetti finiti. Fin qui, nulla di differente da un blog personale che qualunque docente può realizzare per proprio conto o nell’ambito delle applicazioni che permettono le condivisioni proprie di una “classe virtuale”. Nel Digital Learning Environment, invece, si realizza la possibilità di una condivisione orizzontale – in ambito nazionale ed europeo – di contenuti, fonti, laboratori didattici progettati dagli insegnanti. Spazio in cui è possibile lavorare in proprio, navigare per prendere spunti, mutuare attività di altri insegnanti.

Uno spazio aperto, insomma, ma nel quale contemporaneamente si riconosce ai docenti al lavoro una certa riservatezza: come da richiesta dei docenti coinvolti nella sperimentazione svolta nell’ultimo anno scolastico, i titoli dei laboratori caricati non sono indicizzati nel web e sono accessibili solo previa iscrizione.

Si può dire che la piattaforma agisca almeno a quattro livelli distinti:

  1. In quanto spazio digitale di progettazione consente all’insegnante di misurarsi con le difficoltà di una traduzione. La maggior parte dei docenti che sono oggi in servizio ha studiato e insegnato ben prima dell’avvento del digitale; per questo si può dire che il passaggio da un qualunque laboratorio pensato su cartaceo non si trasforma in digitale tramite puro e semplice copia-incolla, ma presuppone un affinamento entro la zona di sviluppo prossimale [Riva, 2014] cui segue un adattamento con effetti sulla leggibilità e alla fruibilità del materiale. In effetti il termine traduzione si avvicina solo per approssimazione a indicare quella serie di processi necessari all’implementazione della tecnologia nella didattica, come peraltro Ruben Puentedura spiega grazie al modello teorico del S. A. M. R., a indicare le fasi di Substitution, Augmentation, Modification, Redefinition [Puentedura, 2010]. Lavoro che permette, altresì, di affinare le competenze di Media Literacy sia del docente che degli studenti per i quali il laboratorio è pensato.
  2. In quanto spazio digitale di archiviazione è una scrivania personale del docente. I materiali, infatti, possono essere caricati mentre si progetta e non è necessario pubblicare i risultati sulla piattaforma. La possibilità di salvare il proprio lavoro in modalità bozza permette al docente di iniziare il proprio lavoro, lasciarlo in stand-by, modificarlo, lavorarci insieme alla classe o insieme a colleghi. In modalità bozza, infatti, i materiali non sono accessibili alla visualizzazione condivisa e restano di pertinenza del solo docente.
  3. In quanto spazio digitale di condivisione permette ai docenti iscritti in piattaforma di accedere a una banca dati costruita e realizzata da colleghi. Lo scambio avviene sia a livello nazionale che europeo – per ora limitatamente ai Paesi Partner – e contribuisce a diffondere buone pratiche e a condividere metodologie di lavoro. Pratiche e conoscenze che circolano in un contesto territoriale più ampio rispetto alle normali condizioni di un docente inserito nel proprio sistema scolastico di riferimento, ciò che potrebbe realmente contribuire a modificare l’insegnamento della storia oltre i classici confini della storia nazionale.
  4. In quanto spazio digitale di interazione con gli studenti permette di accedere e consultare il laboratorio prodotto dall’insegnante sia in classe che fuori (con il link diretto), usando i propri strumenti telematici e sfruttando le caratteristiche di una piattaforma predisposta alla fruizione ottimale anche e soprattutto tramite smartphone. Questo dilata i tempi e le modalità dell’apprendimento, dando agli insegnanti quelle ore in più necessarie per realizzare progetti extracurriculari senza appesantire eccessivamente i discenti, che non svolgono i consueti “compiti a casa” ma sono stimolati didatticamente all’interno di una realtà (digitale) che già frequentano nelle ore extrascolastiche. Una componente essenziale del Digital Learning Environment, specialmente quando si ragiona in termini di cooperative learning e learning by doing, è poi la progressività: l’insegnante può rendere pubblico il laboratorio a tappe, chiamando ogni volta gli studenti a interfacciarsi con esso e a svolgere attività su testi, immagini o video utilizzando un ambiente virtuale (che ben conoscono e padroneggiano) e altamente interattivo, grazie alla presenza dei tools.
Corsi di formazione

Nei corsi di formazione realizzati nell’anno scolastico 2017-18 i docenti sono stati chiamati a condividere un metodo (centralità della fonte, concezione laboratoriale della storia e del suo insegnamento) potendo scegliere di lavorare su un tema che gli fosse congeniale (per conoscenze specifiche, necessità didattiche del momento, volontà di cimentarsi in qualcosa di inedito come in una sfida). Le scelte dei docenti sono state svariate: dalla storia locale come caso di studio paradigmatico, fino a tematiche di rilievo e interesse internazionale. Nel complesso le tematiche affrontate e ricorrenti sono riassumibili facendo riferimento ad alcuni ambiti di ricerca: storia economico-sociale e storia del lavoro, storia militare e dei conflitti, storia dell’alimentazione, topografia, urbanistica e storia dei luoghi, storia della comunicazione e dei media.

I percorsi laboratoriali spaziano cronologicamente dall’Antichità all’Età contemporanea; molti si concentrano sul periodo della seconda guerra mondiale, sia in prospettiva di Word History (la propaganda nei regimi totalitari) sia come focus di storia locale. Alcuni approfondimenti trattano del Novecento inoltrato, sconfinando nell’attualità (la legge sull’aborto, l’attentato a Mogadiscio). Si va da argomenti generali (ad esempio la viabilità romana, gli dei etruschi greci e romani, il fenomeno del brigantaggio nell’Italia postunitaria, il risveglio religioso dell’Europa del Cinquecento, ecc.), a veri e propri casi di studio (la nascita di Porto Marghera a Venezia, la topografia antica di Bologna, l’assetto urbano di alcuni quartieri cittadini come Crocetta a Modena e Cirenaica a Bologna, le colonie marine in Romagna). Alcuni percorsi si concentrano sua una specifica tipologia di fonte (i contratti mezzadrili, l’editto di Rotari, lapidi celebrative fra Risorgimento e Grande guerra, i video di Carosello), ma tutti si caratterizzano per un approccio spiccatamente laboratoriale e contemplano attività, riflessioni ed esercizi da materiali sempre ricchi e diversificati: fonti scritte, testimonianze, interviste, iconografia e fonti visive, pagine di storiografia o di giornalismo d’inchiesta.

I risultati delle prime sperimentazioni didattiche. Il progetto verso la sua sostenibilità

Dopo la fase di progettazione due sono, al momento, i laboratori caricati in piattaforma e già sperimentati nelle classi. Il laboratorio dedicato alle Strade romane è stato proposto a una classe di 15-16 anni con un alto numero di studenti provenienti da paesi extra-europei, in un corso professionale socio-sanitario nel quale la storia non è materia d’indirizzo e l’utenza ha mediamente competenze di studio basilari. La metodologia digitale ha permesso di mantenere alta l’attenzione e l’uso prevalente d’immagini ha depotenziato la difficoltà della presenza di vari livelli linguistici. La possibilità di introdurre il laboratorio con un quiz e di fermarsi ogni tanto con un memory si sono rivelati tools che hanno espresso con chiarezza il passaggio da metodologia tradizionale a digitale. Le 6 ore di laboratori si sono svolte in un’aula apposita (con tavoli adatti a lavorare in gruppo) e una LIM connessa a Internet. Mentre l’insegnante proiettava il laboratorio, gli studenti osservavano le fonti iconografiche e le “interrogavano” elaborando in gruppo le risposte (fonti scritte e tabelle da compilare sono state fornite anche in fotocopia). Man mano che il laboratorio avanzava l’insegnante caricava i materiali digitali analizzati nella classe virtuale affinché fossero sempre fruibili dai ragazzi.

Infine l’insegnante ha scritto il brief per il testo storiografico che ha ritirato dopo circa due settimane, gli elaborati hanno evidenziato che gli argomenti proposti sono stati recepiti dagli studenti in modo chiaro e completo.

Il laboratorio su Porto Marghera, invece, è stato proposto in una classe quinta di un istituto tecnico. L’insegnante ha lavorato con gli studenti con l’ausilio di un videoproiettore (una LIM) e la fotocopia delle fonti scritte. La visione del video e l’analisi delle immagini sono state assegnate come attività da svolgere a casa in un’ottica di flipped classroom. In seguito, in classe, gli studenti hanno lavorato in piccoli gruppi per produrre testi di sintesi delle loro analisi e per questa attività si sono serviti dei loro smarthphones. La classe è apparsa particolarmente motivata soprattutto nell’interpretazione del video, mentre qualche insofferenza è emersa nel lavoro con le fonti scritte.

La parte più difficile del loro lavoro, come già nel laboratorio tradizionale, è stata la realizzazione di una sintesi che tenesse conto delle varie tipologie di fonti.

E-Story, proprio in questi giorni in fase di conclusione, è stato recentemente selezionato come miglior progetto italiano nell’ambito del settore Cultural Heritage to strengthen European Identity e sarà presentato a Palermo il 27 settembre prossimo nell’ambito dello Sharing views and experiences on Erasmus+ for Cultural Heritage e il 19 ottobre a Firenze nell’ambito di Fiera Didacta.

Terminate le azioni del triennio di lavoro la piattaforma si avvia a misurarsi con la propria sostenibilità, aprendosi alla condivisione, sempre più ampia, di pratiche didattiche e all’implementazione di nuovi contenuti. Già in questa direzione va annoverato l’inserimento della piattaforma Digital Learning Environment fra gli strumenti che l’Assemblea Legislativa dell’Emilia-Romagna mette a disposizione – attraverso lo sportello Europe Direct – dei docenti di storia e delle materie umanistiche.


Bibliografia
  1. Brigadeci C., Criscione A., Deiana G., Gusso M., Pennacchietti G., Il laboratorio di storia. Problemi e strategie per l’insegnamento nella prospettiva dei nuovi curricoli e dell’autonomia didattica, Milano, Unicopli, 2001.
  2. Marzano and Kendall, in Digital Kompetanse, 4, 2006, vol. 1. [http://tedcurran.net/2014/07/18/action-oriented-elearning-dont-forget-humble-webquest/], citato anche nel forum INDIRE alla pagina [http://forum.indire.it/repository_cms/working/export/6057/3.html], URL consultata il 10/07/2017 alle ore 11:30.
  3. R. Puentedura, SAMR and the EdTech Quintet: The Context for Technical Education, [http://hippasus.com/rrpweblog/archives/2018/01/SAMRAndTheEdTechQuintet_TheContextForTechnicalEducation.pdf], URL consultata il 10/07/2018 alle ore 12.10.
  4. G. Riva, Nativi digitali, Bologna, Il Mulino, 2014.