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Pensare la didattica. Una proposta per riflettere sulla didattica

Abstract
Abbiamo voluto inaugurare la rubrica “Pensare la didattica” evidenziando le questioni di un discorso complesso che si pone su più livelli e attorno ad alcuni argomenti. Ciò per avviare un dibattito, il più possibile ampio, capace di evidenziare punti di vista differenti e complementari.
Qui di seguito i temi, proposti in una sequenza ragionata, illustrati da estratti di alcune riflessioni degli esperti che hanno lavorato in questi anni negli Istituti Storici facenti capo all’INSMLI. Iniziali tessere di un puzzle da comporre a più voci.


klee Paul Klee, Angelus Novus (particolare)
bimbi


Introduzione

Non è cosa di poco conto ridurre il tasso di riproduzione-ripetizione nella scuola sia per
l’insegnante sia per lo studente, renderli entrambi protagonisti della situazione didattica,
promuovere una comune capacità di “lettura” e di inserzione nel presente. Se si vuole, come
scrive de Certeau “introdurre lo studente come attore nella città storiografica” e renderlo
“produttore di storia e storiografia” occorre un lungo lavoro di riflessione collettiva e di elaborazione didelaborazione di strumenti idonei.

Raffaella Lamberti

Nasce da questa suggestione il laboratorio di storia che è il tratto distintivo dell’INSMLI e della rete degli Istituti. E’ all’inizio degli anni Ottanta che si avvia una riflessione teorica sulla storia insegnata e sulle modalità per rinnovare il suo insegnamento nella scuola. Dopo il contributo iniziale di Raffaella Lamberti (1978) intervengono nel dibattito Antonio Brusa, Ivo Mattozzi, Scipione Guarracino, Maurizio Gusso, Aurora Delmonaco ed altri. Nel 1983 nasce il Laboratorio Nazionale per la Didattica della Storia (LANDIS) che: ispirandosi ai valori della Costituzione repubblicana e delle carte internazionali dei diritti umani opera negli ambiti tematici e metodologici della formazione e della ricerca storico-sociale con particolare riferimento all’insegnamento e alla didattica della storia.
In questi trent’anni il Landis ha contribuito a tenere alta l’attenzione attorno ai temi della formazione e dell’insegnamento con riflessioni teoriche, ricerche, progettazioni, corsi di formazione, elaborazioni di materiali per una didattica attiva e operativa della storia. Un contesto che ha portato in primo piano ed ha fatto crescere la dimensione laboratoriale in riferimento ad alcuni tratti distintivi che rappresentano la sua identità:

  • l’attenzione alle soggettività dei discenti e dei docenti, favorita da un ambito didattico attivo e interattivo nel quale l’insegnante, in quanto artefice di percorsi di conoscenza, può scoprire la centralità del proprio ruolo di mediatore, mentre lo studente, contemporaneamente, è condotto a mettere in gioco se stesso e i propri personali stili di apprendimento;

  • la ricerca di un rapporto stretto con gli altri saperi, maturata nel lavoro svolto all’interno del “Forum delle associazioni disciplinari” ed in particolare con le materie della cosiddetta area geo-storico-sociale, che condividono con la storia, almeno nella dimensione maturata nell’ambito dell’École des Annales, gran parte dei metodi e degli strumenti, fra i quali la dimensione scientifica e laboratoriale della ricerca e della didattica;

  • l’apertura dell’insegnamento della storia ad una prospettiva mondiale grazie al suo affrancarsi dall’unidimensionalità della didattica trasmissiva (una sequenza cronologica di eventi, prevalentemente a scala nazionale o, al massimo, europea) e all’opportunità di utilizzare, nelle attività di ricerca didattica laboratoriale, tutta la gamma delle possibili ottiche di osservazione dei fenomeni storici;

  • l’affermazione della centralità del rapporto tra la storia e l’educazione alla cittadinanza, con il laboratorio come luogo privilegiato di realizzazione delle finalità formative della disciplina, in quanto terreno di riflessione sui meccanismi di costruzione della conoscenza storica e di conseguenza di disvelamento del suo possibile uso pubblico.

Oggi il termine laboratorio è entrato nel lessico comune di chi si occupa di insegnamento della storia. Dopo circa trent’anni, mentre si riconfermano i nodi essenziali di una filosofia didattica precisa – una summa si trova nel volume a cura di Paolo Bernardi e Francesco Monducci, Insegnare storia. Guida alla didattica del laboratorio storico, Torino, Utet, 2012, da cui sono tratte molte delle suggestioni che leggerete – si può e forse si deve ri-interrogarsi sulle questioni chiave della storia insegnata, le stesse di allora, oltre alle nuove suggerite dal mutamento del panorama internazionale sul piano delle vicende economico-politiche, su quello delle tecnologie digitali nonché della riflessione storiografica e didattica.

Prima di tutto la domanda cruciale.

Perché insegnare storia?

“Davvero fondante è che attraverso la storia si impara a ragionare. La mia curiosità è sempre stata quella di capire se attraverso lo studio della storia si creasse nella mente degli studenti lo spunto per un pensiero assolutamente autonomo”.

Antonio Brusa (videointervista rilasciata nel 2003)

“Questa domanda deve sempre accompagnarsi ad un’altra: Come insegnare storia? Laddove la prima è legata ai grandi temi dell’educazione, mentre la seconda è legata sia ai metodi della ricerca storica sia ai processi dell’apprendimento”.

Scipione Guarracino

Gli sfondi e le prospettiva della disciplina

Il Novecento come problema storico
“[…] la profonda ambivalenza del Novecento: a un tempo secolo di emancipazione, di diritti e di nuovi soggetti che affermano la loro dignità e il loro ruolo nelle società e nella storia; ma anche il secolo-barbaro di Auschwitz, delle guerre totali e dei più spaventosi massacri della storia umana; il secolo di un progresso scientifico e tecnologico senza precedenti, ma al contempo segnato dalla rottura di un equilibrio eco-compatibile con l’ambiente e le risorse, nonché dalla crisi dell’idea stessa di progresso. Il secolo delle masse evidenzia altresì l’ambivalenza di processi di inclusione che hanno, però, un duplice rovescio della medaglia: l’atomizzazione e la spersonalizzazione degli individui; e l’acuirsi di vecchie e nuove forme di esclusione fino al digital divide provocato dalle nuove tecnologie informatiche e telematiche.”

Cesare Grazioli

Il rapporto fra storia e memoria
“[…] modi distinti di porsi rispetto al tempo trascorso: la memoria tende ad unire il presente e il passato, o meglio a rendere presente il passato; la storia, pur partendo dalle domande del presente, ne ratifica e ne persegue la irreparabile separazione. ”Sembra, tuttavia “più che mai auspicabile una riconciliazione fra storia e memoria, più che mai necessario un nuovo patto tra le due […]: se è vero, infatti, che la memoria può e deve porre nuove domande alla storia, è altrettanto vero che la storia può e deve rispondere”.

Anna Rossi Doria

Le difficili memorie del Novecento
In relazione ad un secolo contraddittorio e violento come il Novecento è inevitabile porsi il problema della Memoria. Memoria o meglio memorie plurali e irriducibili: memorie diverse, contrapposte, in conflitto. Le memorie sono inconciliabili; la storia ricostruisce il passato, ma noi non possiamo fare nulla per il passato. La Memoria è piuttosto un progetto per il futuro.

da una suggestione di Moni Ovadia

La Geostoria
Lo spazio, unito al sociale e sommato al tempo ci dà una definizione succinta ma chiara di geostoria. Il programma della geostoria è quello di cercare di trasferire nel passato il lavoro che compiamo sull’attualità. La vita di una società dipende da fattori fisici e biologici, coi quali essa è in contatto e in simbiosi; tali fattori infatti ne plasmano, favoriscono o intralciano la vita e perciò stesso la storia…Non tutta la storia, ma una parte; e proprio questa parte proponiamo di dare il nome di geostoria. […] La sfida è quella di salvare la geografia e la storia dalla irrilevanza e dalla insignificanza in cui sono attualmente nel processo di formazione dei cittadini: la geostoria intesa come messa in complicità della geografia e della storia può essere la messa in valore formativo di entrambi.

Clio ‘92

“Bisogna disegnare nuove rotte perché la realtà amplia i suoi confini e, nello stesso tempo, si localizza.”

Aurora Delmonaco

L’educazione al patrimonio
“[…] un approccio plurale e globale alla storia (attento alla molteplicità dei soggetti, degli spazi e delle temporalità e all’intreccio delle variabili ambientali, demografiche, tecnologiche, economiche, sociali, politico-istituzionali e culturali) ben si accorda con il necessario approccio plurale […] e globale al patrimonio (ambientale, tecnologico, economico, sociale, istituzionale, culturale, in una parola storico) sul terreno comune intermedio di uno studio globale del territorio, attento all’intreccio dei diversi tratti d’identità e delle diverse scale spaziali […].”

Maurizio Gusso

L’educazione alla cittadinanza
“I documenti negli Istituti Storici non sono stati, non sono, non saranno mai in un museo visitato qualche volta da studiosi di storia; sono vivi per dare libertà e democrazia. Perché la libertà deve essere vissuta con pienezza e tutelata costantemente. […] L’educazione è la ragione in fondo più vera del nostro impegno perché è necessario conoscere e saper vivere diritti e doveri proclamati dalla Costituzione.”

Oscar Luigi Scalfaro

L’educazione alla pace
“Educare alla pace significa educare ad una cultura di pace: un percorso lungo e complesso dove si intrecciano la memoria del passato (i testimoni e i luoghi) e uno sforzo costante di rielaborare tale memoria a partire dalla consapevolezza di sé, dal riconoscimento delle proprie responsabilità, per riflettere sulle responsabilità altrui e sui meccanismi che permettono l’emergere e il consolidarsi della cultura della violenza. Una cultura di pace non nega l’esistenza del conflitto, al contrario ci insegna a riconoscerlo come presenza costante. Una cultura di pace afferma una modalità di lettura del passato, attraverso la storia, e fornisce strumenti per accogliere e confrontare memorie diverse, anche divise, anche contrapposte, nella prospettiva di un percorso che comprenda la mediazione e la negoziazione e che possa condurre fino alla riconciliazione.”

Nadia Baiesi

bandiera-pace

Le prospettive di genere, il rapporto tra le generazioni
“Non c’è disciplina più che la storia che intergisca così profondamente con la costruzione dell’Io, e non solo perchè la storia richiede uno spostamento del sé nel tempo e nello spazio, ma perchè la storia chiama in causa le generazioni intese come una pluralità di soggetti sessuati con una testa e con un corpo, come soggetti di memoria e come portatori essi stessi di storia. Non solo, come sosteneva Bloch, ogni generazione ha il diritto di scrivere la storia, una propria storia, ma ogni individuo ha il diritto a essere nella storia e ad avere una storia, ha diritto, dal punto di vista del discorso, a una biografia.”

Graziella Bonansea,
Corso interdirezionale di aggiornamento per docenti
“Soggettività femminile, ricerca e didattica della storia”, Pozzuoli, 2000

“Oggi c’è un riconoscersi come donne che va al di là delle ideologie e raccoglie certamente tutte le eredità passate.”

Carla Marcellini

Nation building e oltre
“Se oggi, in pressoché tutti i Paesi del mondo, la storia è una materia di insegnamento nelle scuole primarie e secondarie lo dobbiamo al fatto che le classi dirigenti e politiche hanno visto nell’insegnamento della storia uno strumento utile per formare, laddove non c’era, per rafforzare, laddove era debole, la coscienza collettiva e l’identità nazionale.”

Alessandro Cavalli

L’intercultura
“Il compito che ora abbiamo di fronte è assolutamente nuovo perché bisogna “costruire” una società che possa ritrovarsi intorno a valori comuni con una generazione scolastica che proviene da altre storie e mondi diversi. E’ la scuola a dover reggere il peso di questa sfida e lo fa, se può, diventando un laboratorio di nuove parole e nuovi metodi”.

Aurora Delmonaco


Intercultura

Come insegnare storia. Metodi e strumenti
1. I metodi dell’insegnamento

Il laboratorio di Storia
“Non si afferma il laboratorio come luogo attrezzato senza un metodo di lavoro e la didattica laboratoriale, ma non ci può essere metodo e didattica laboratoriale efficace senza mente laboratoriale. […] La mente laboratoriale rivaluta il pensiero operatorio, che si manifesta attraverso il fare”.

Ivo Mattozzi

“Si è cominciato a parlare con sempre maggiore frequenza di laboratorio didattico per la storia. Siamo al punto che qualunque seminario, qualunque discussione fra gli addetti ai lavori, assume, chissà perché, il titolo di laboratorio. Ma il problema dell’intreccio fra la necessità di insegnare una storia che abbia il sapore autentico della ricerca e la responsabilità di costruire un quadro di conoscenze sufficiente ad interpretare la realtà rimane sullo sfondo.”

Aurora Delmonaco

La didattica per competenze
“Il tempo a disposizione per l’insegnamento della disciplina è limitato, così diventa difficile fare delle scelte. La contraddizione sempre più evidente è che agire per competenze significa abbandonare l’idea che si possa insegnare la storia nella sua completezza: una specie di oggetto compiuto dotato di unicità che è necessario ricostruire per intero”.

Scipione Guarracino

“Le competenze non si sviluppano in modo estemporaneo, ma implicano un progetto formativo complessivo, che preveda un’articolazione a maglie larghe, ma in grado di fare convergere nel piano di lavoro verticale di storia tanto i contenuti quanto lo sviluppo complessivo delle competenze generali […]; quello che ci sembra più importante è che il percorso risulti nel suo insieme, progressivo, coerente e flessibile”.

Pietro Biancardi, Ermanno Rosso, Marinella Sarti

Il nesso “presente-passato-presente
“Come progettare il curricolo di storia? […] Per fare questo è necessario partire da […] i problemi di fondo del presente dai quali interrogare il passato, la storiografia attuale, sia nei suoi oggetti d’indagine, sia nei suoi statuti epistemologici”.

Cesare Grazioli

La storia generale. Rilevanze e contenuti.
“E’ necessario partire dai bisogni degli studenti, e in particolare dalle competenze da sviluppare in loro con la storia […]. Pertanto devo essere estremamente selettivo nella scelta dei contenuti, non basta certo chiedersi “che cosa tagliare” […]. E’ ragionevole articolare il curricolo annuo in un numero limitato di moduli […], graduare le difficoltà degli studenti sia rispetto alle tematizzazioni sia rispetto alle competenze messe in gioco”.

Cesare Grazioli

2. Gli strumenti dell’insegnamento

Il manuale
“Molti pensano che il manuale debba contenere “il concentrato delle conoscenze indispensabili di una determinata disciplina; oppure che sia “il libro accattivante e facile”, destinato a chi non è esperto, oppure ancora che debba essere una “palestra” per introdursi ed esercitarsi in un certo campo di studi; e, per finire, che debba “fare il punto sullo stato delle ricerche”, in un determinato settore. […] Il manuale è al centro di una rete intricata e interrelata di fenomeni di genere diverso. E’ un oggetto complesso, dunque, e per questo ha bisogno di strategie altrettanto complesse, per essere valutato e usato.”

Antonio Brusa

Le fonti (archivistiche, orali, memorialistiche, letterarie,visive, musicali, i luoghi)
Il processo di costruzione della storia inizia, di solito, con il reperimento delle fonti […]. Trovare o costruire le fonti (come nel caso delle fonti orali) aiuta a comprendere che la storia non è tutta e solo nei libri, e può essere un’esperienza formativa intensa se da un lato si acquista fiducia nelle proprie capacità di leggere il passato, dall’altro si ricorre all’appoggio delle produzioni esperte, perché nessuna ricerca può svolgersi all’insegna della curiosità ingenua”.

Aurora Delmonaco

Archivio

“Nella pratica didattica le fonti vengono utilizzate con motivazioni e con modalità molto diverse, qualcuna più ingenua, qualcuna più avvertita. Nella maggioranza dei casi, comunque, il loro utilizzo è talmente sporadico da risultare scarsamente utile. Varie ragioni sono alla base di questo: il fattore tempo (le fonti “svolgono meno programma”), certe convinzioni padagogiche (le fonti hanno un linguaggio accessibile oppure sono difficili da usare) o, ancora, una insicurezza di fondo giustificata dal fatto che raramente gli insegnanti sono stati formati a un uso didattico delle fonti.”

Ermanno Rosso

Per tutte le fonti artistiche (letterarie, musicali, filmiche, iconografiche ecc.) si suggerisce un approccio interdisciplinare che le consideri “[…] come «specchi» su cui proiettare domande esistenziali e «orizzonti di attesa», come testi caratterizzati da una pluralità di codici, come fonti storiche […], come «agenti di storia» […] e come «strumenti di narrazione storica»”. “Questo approccio prevede un percorso testo/fonte – serie – contestualizzazione storica.”

Maurizio Gusso

Il rapporto con la storiografia
“L’insegnamento della storia non è terra di nessuno tra storiografia e pedagogia, in cui la didattica si accampa indossando gli abiti smessi dell’una o dell’altra scienza: è un impegno e una sfida […]. Compito della storia contemporanea è trovare la traccia di stendere ciò che è contratto, ridare a mondi plurali la loro distanza”.

Aurora Delmonaco

I viaggi della memoria
“I viaggi della memoria restituiscono dinamicità al discorso sulla memoria: chi ha visto, ha ascoltato e a sua volta testimonierà, produce di fatto nuovi contenuti, nuove forme e nuovi strumenti di trasmissione. Come in un gioco di specchi contrapposti, che restituiscono l’immagine riflessa infinite volte, il passato e il futuro dialogano così, riflettendosi a vicenda continuamente. Chi oggi partecipa a un viaggio verso i luoghi della memoria delle persecuzioni e degli stermini della Seconda Guerra Mondiale tornando produce egli stesso “memorie” di quanto ha imparato, visto e vissuto. E’ importante iniziare a mettere a punto una serie di strumenti ed una metodologia attraverso cui raccogliere e mettere a sistema materiali che siano utili a comprendere l’effettiva ricaduta dei progetti, affinchè gli studiosi, gli organizzatori e gli operatori dei viaggi della memoria possano raccogliere e indagare questo nuovo vissuto e analizzarne gli strumenti di trasmissione”.

Dalla Tavola Rotonda del Convegno in memoria di Alessandra Chiappano
(I treni della memoria. Quale progetto educativo, Roma 27-28 novembre 2012)

Il calendario civile
“Almeno tre obiettivi possono essere raggiunti grazie all’uso didattico della scadenze del calendario civile: lavorare sulla responsabilità individuale e la costruzione della capacità di giudizio (27 gennaio, 10 febbraio); rafforzare la progettualità collettiva per l’affermazione dei diritti (8 marzo, 1 maggio); riscrivere i patti di cittadinanza (25 aprile, 2 giugno).”

Maria Rocchi e Irma Staderini

I giochi didattici
“L’inserimento del gioco nella programmazione di storia richiede di ripensare al modo tradizionale di presentare la disciplina e al ruolo stesso del docente. Proprio per le sue caratteristiche è infatti inutile proporre un gioco una tantum all’interno di una didattica trasmissiva. […] Lo strumento ludico si dimostra efficace all’interno di una didattica articolata, ricca di diverse strategie, metodologie di lavoro e obiettivi inseriti in una precisa progettazione.”

Elena Musci

La didattica del prodotto
“Facendo si impara: una didattica del fare e della parola. Il laboratorio storico si è spontaneamente evoluto, incontrando le didattiche del progetto e del prodotto, che inseriscono il processo di apprendimento non dentro un contesto formale e astratto ma all’interno di concreti contesti dotati di forte intersoggettività e mirati a compiti da risolvere, progetti da realizzare e prodotti da creare, rendendo vive e partecipate le conoscenze apprese”.

Cristina Bonelli

Il laboratorio 2.0
“Bisogna parlare linguaggi famigliari a chi è cresciuto nella società dell’immagine e del web; bisogna confrontarsi con nuovi punti di vista perché la storia corre sempre più veloce”.

Aurora Delmonaco

“[…] è bene ricordare come le tecnologie digitali siano solo strumenti che, di per sé, non apportano modifiche sostanziali alla didattica se non curvate ad hoc dalle strategie e dalle consapevolezza critiche degli insegnanti che scelgono di utilizzarle. In questo caso esse, tanto nelle ultime innovazioni, quanto negli aspetti più consolidati, possono facilitare una didattica di tipo laboratoriale – in linea anche con le nuove indicazioni ministeriali relative ai nuovi programmi – nella direzione di una didattica costruttivista che metta al centro l’attività di ricerca, di scoperta guidata e di restituzione creativa dei ragazzi.”

Patrizia Vayola


2.0

La scuola come ambiente di apprendimento. Docenti/Discenti

Processi di apprendimento
“La storia non è una materia di studio molto amata dagli studenti. Le ragioni dello scarso interesse per la storia sono molteplici: la reticenza degli insegnanti ad affrontare questioni controverse ed emotivamente coinvolgenti, la convinzione che la storia non sia “utile”, se si considera l’istruzione esclusivamente da un punto di vista utilitaristico, il frequente ricorso ad uno stile di insegnamento nozionistico fondato sulla cronologia e le vicende politico-militari, l’incapacità di insegnanti e allievi di cogliere i nessi tra le vicende del passatoe i problemi del presente, nonché la forte presentificazione degli orizzonti temporali delle generazioni più giovani.”

Alessandro Cavalli

“A molti sembra che il filo del dialogo con questa generazione si sia spezzato, interrompendo la trasmissione di memorie. Può la storia contemporanea aiutare a riannodarlo? Se osserviamo l’apparato simbolico a cui ogni generazione fa riferimento, questi ragazzi esprimono una straordinaria capacità di decontestualizzare forme ed eventi, intrecciandone i segni nelle maniere più impensate”.

Aurora Delmonaco

La scuola che cambia e l’insegnante di fronte ai mutamenti

Formazione iniziale e long life learning
“[…] la massa delle innovazioni attuali è talmente ponderosa che richiede training formativi lunghi e complicati e si basa su un linguaggio che, per forza di cose, è divenuto tecnico e difficilmente comprensibile ai non addetti ai lavori. In effetti si potrebbe dire che nella scuola italiana operano due figure professionali distinte, che hanno ben poco in comune oltre al loro stato giuridico: l’insegnante “tradizionale”, che continua in un lavoro di comunicazione orale del racconto storico dell’umanità, modernizzato superficialmente dalla nuova terminologia didattica; l’insegnante innovatore, che usa le risorse della storia e della storiografia per formare nei propri allievi la capaicità di ragionamento e di orientamento storici. Il passaggio dalla prima alla seconda categoria non può essere più garantito dal solo entusiasmo, ma deve essere promosso e sostenuto dalle istituzioni.”

Antonio Brusa

“Il problema non è quello di capire qual è il modo migliore di insegnare storia, ma quello di fare una riflessione strutturata sull’insegnamento della storia, una riflessione che è molto apprezzata all’estero ma che in Italia non ha mai dato origine ad un vero e proprio passo successivo”.

Antonio Brusa (videointervista rilasciata nel 2003)

Programmi ministeriali
“Bisogna reggere le raffiche di riforma che, al mutare dei governi, spingono la scuola in direzioni alterne. ”

Aurora Delmonaco

Con queste suggestioni abbiamo cominciato a costruire il puzzle che richiederà il vostro intervento per dare vita ad una figura compiuta. La prospettiva è aperta, la riflessione attende solo di svolgersi, con interventi dentro e fuori la rete.


Nota

I testi da cui sono state estratte le nostre proposte sono i seguenti:

Paolo Bernardi, Francesco Monducci (a cura di), Insegnare storia. Guida alla didattica del laboratorio storico, Torino, UTET, 2012;

Aurora Delmonaco (a cura di), Fare storia, crescere cittadini: cittadinanza, Costituzione, insegnamento della storia. Percorsi e prospettive, Civitella in Val di Chiana, Zona, 2010.

Aurora Delmonaco, Insegnare storia. Un impegno e una sfida, in “Contemporanea, Rivista di Storia dell’800 e del ‘900”, Bologna, il Mulino, 2010

Marita Rampazzi, Annalisa Tota, La memoria pubblica. Trauma culturale, nuovi confini e identità nazionali, Torino, Utet Universitaria, 2007.

Alessandra Chiappano, Fabio Minazzi (a cura di), Il paradigma nazista dell’annientamento. La Shoah e gli altri stermini, Firenze, Giuntina, 2006;

A.A.V.V., Nuove parole, nuovi metodi. Soggettività femminile e didattica della storia, Pozzuoli, MIUR, 2000.

Antonio Brusa, La didattica sotto accusa, in I viaggi di Erodoto, n. 35, settembre-novembre 1998, Milano, Bruno Mondadori.

Anna Rossi Doria, Memoria e storia: il caso della deportazione, Soveria Mannelli, Rubbettino Editore, 1998.

Nadia Baiesi
nadia.baiesi@istitutoparri.it
Agnese Portincasa
agnese.portincasa@istitutoparri.it

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