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Guerra sul confine orientale della linea gotica: il caso Rimini

Rimini può essere un luogo per lo studio della Seconda Guerra mondiale? Certo è più usuale pensarla come nota mèta turistica o culturale, per via del suo mare e dei suoi tesori di epoca romana e rinascimentale. E tuttavia se oggi osservassimo la città e ci domandassimo quale vicenda storica l’abbia segnata maggiormente, senza dubbio dovremmo convenire che siano stati gli anni della guerra 1940-1944.
Il suo centro storico fu totalmente stravolto dagli eventi bellici, che si protrassero ben oltre i mesi dello scontro per lo sfondamento della Linea Gotica. Per questo Rimini è in Italia, forse, il miglior case history per studiare gli effetti della guerra su una città; sia per via delle centinaia di bombardamenti subiti, sia per gli scontri militari fra opposti eserciti (essendo, di fatto, Rimini l’unica città italiana di grandi dimensioni ad essere stata interessata direttamente dalle operazioni belliche).

Dal catalogo della mostra per il 70esimo della Liberazione "Eppur l'avvenir siam noi"Rrimini 1944/2014

Dal catalogo della mostra per il 70esimo della Liberazione “Eppur l’avvenir siam noi”Rrimini 1944/2014

Dal catalogo della mostra per il 70esimo della Liberazione "Eppur l'avvenir siam noi"Rrimini 1944/2014

Dal catalogo della mostra per il 70esimo della Liberazione “Eppur l’avvenir siam noi”Rrimini 1944/2014

Rimini iniziò a essere colpita l’1 novembre 1943 e i bombardamenti proseguirono sino al 30 settembre 1944 (quest’ultimo attacco fu ad opera dai tedeschi). Dopo i primi tre raid aerei alleati, dal 28 dicembre Rimini si trasformò in una città morta, svuotata dei propri abitanti. Nonostante ciò gli attacchi continuarono incessanti, soprattutto per interrompere ogni traffico – viario e ferroviario – verso la pianura padana, in direzione di Bologna e Ferrara.
Alla fine del conflitto la percentuale di distruzione del patrimonio edilizio e infrastrutturale risultò superiore all’80%, più alto di quello della città di Dresda, che rappresenta, insieme a Coventry in Inghilterra, il simbolo della distruzione che arriva dal cielo. Ma se la gran parte dei devastanti bombardamenti su Dresda e Coventry avvennero in un arco di tempo brevissimo, Rimini subì uno stillicidio costante di raid – quasi giornalieri – che durò per 11 interminabili mesi (la fuga della popolazione limitò, però, il numero dei morti: Rimini ne contò “solo” 605 contro i circa 30.000 di Dresda e i 1.500 di Coventry).

Archivio Moretti

Archivio Moretti

Nell’arco di questo tempo la città si svuotò: non rimase nulla e nessuno. Gli uffici pubblici furono trasferiti fuori città, così l’ospedale, le caserme di Carabinieri e Polizia, le sedi del comando tedesco e del fascio repubblicano. E proprio questi numerosi trasferimenti hanno generato confusione nella ricostruzione della memoria cittadina; a questo scopo si sono rivelati preziosissimi i corposi archivi fotografici dei riminesi Luigi Severi, Angelo Moretti e Giorgio Zani, attraverso cui si ricostruisce lo stato di distruzione della città. In effetti, studiare la storia della seconda guerra mondiale a Rimini è possibile solo grazie alle fonti documentali (testimonianze, foto, relazioni delle istituzioni, documenti), perché la maggior parte dei luoghi fisici della città furono distrutti in quel “lunghissimo” anno che va dall’8 settembre 1943 al 21 settembre 1944, giorno della Liberazione.
Il fenomeno dello sfollamento fu articolato e duraturo e lo si può suddividere in tre fasi: la prima tra il novembre 1942 e il febbraio 1943, quando dalle grandi città del nord Italia molte persone cercarono rifugio a Rimini perché fino ad allora risparmiata dagli eventi bellici; la seconda iniziò il 1 novembre 1943 quando i primi bombardamenti trasformarono Rimini da città d’accoglienza a città sfollata; la terza, nel dicembre 1943, segnò l’arrivo della guerra nel territorio, con l’evacuazione della popolazione da parte dei militari tedeschi per l’avvicinamento del fronte. In questa situazione i problemi di Rimini diventarono quelli comuni ad altre città d’Italia colpite dalla guerra: l’approvvigionamento alimentare (la fame diventa un “compagno” quotidiano per tanta gente) e l’impossibilità delle amministrazioni pubbliche a far fronte alle terribili emergenze della popolazione (a fronte delle quali si trovano totalmente impreparate e senza adeguati mezzi).

Archivio Moretti

Archivio Moretti

I numeri dell’esodo riminese sono drammatici: su 40.000 abitanti, fra città e borghi limitrofi, solo 3.000 rimasero. Il centro storico era deserto: solo Amelia Carosi, giardiniera delle scuole materne, decise di restare e fu l’unica abitante per tutti i mesi del 1944. Gli altri fuggirono, scapparono nelle campagne, dove erano già presenti anche i molti fuggiaschi delle grandi città del nord, e verso San Marino (le gallerie del trenino che congiungeva Rimini con San Marino arrivarono ad ospitare sino a 100.000 profughi).
Questo esodo, insieme alle memorie dei bombardamenti, è impresso nei ricordi dei riminesi. Impresso, ma nascosto nel profondo della coscienza di molti, perché qui, prima che in altre parti d’Italia, si ripartì da subito per ricostruire. Vista la mole dei danni, c’era l’impellenza di ridare un tetto e un lavoro a migliaia di persone.
Con i bombardamenti, la città romagnola subì la perdita di buona parte dei suoi beni architettonici. Si salvarono: l’Arco d’Augusto, il Tempio Malatestiano (che comunque subì danni rilevanti), il Ponte di Tiberio e Castel Sismondo. Il salvataggio di buona parte del patrimonio artistico e archeologico si deve a due intellettuali di spicco nella vita cittadina: il direttore della Biblioteca Gambalunga, Carlo Lucchesi, e il referente delle Belle Arti per la zona di Rimini, Augusto Campana. Il loro lavoro, intenso e continuo sotto le bombe e tra problemi e imprevisti, permise il recupero di buona parte dei beni conservati al museo civico e alla biblioteca, oltre a molte opere salvate da chiese distrutte.

Dal catalogo della mostra per il 70esimo della Liberazione "Eppur l'avvenir siam noi"Rrimini 1944/2014

Dal catalogo della mostra per il 70esimo della Liberazione “Eppur l’avvenir siam noi”Rrimini 1944/2014

Dal catalogo della mostra per il 70esimo della Liberazione "Eppur l'avvenir siam noi"Rrimini 1944/2014

Dal catalogo della mostra per il 70esimo della Liberazione “Eppur l’avvenir siam noi”Rrimini 1944/2014

Quando nell’estate del 1944 la linea del fronte si attestò in città la situazione, se possibile, peggiorò. Se è vero che i rastrellamenti dei partigiani avvennero nelle “lontane” montagne appenniniche, nelle zone costiere i tedeschi per mesi rastrellarono civili per costruire, attraverso l’Organizzazione Todt, le fortificazioni della linea gotica: un’esperienza traumatica e non priva di rischi. La zona costiera della Romagna, da Bellaria a Cattolica, fu militarizzata; parte della linea di costa modificata per erigere fortificazioni. Per far posto alle difese militari furono sgomberate e distrutte intere aree da case e alberi. In città fu aperta una vera e propria prigione per lavoratori coatti, gestita dai tedeschi attraverso “kapò” turkmeni con il compito di controllare i lavoratori-schiavi. Interi quartieri prospicienti il mare furono distrutti; case e beni immobili requisiti per essere abbattuti e far posto a fortificazioni e a campi minati. Episodi che non fecero che alzare la tensione tra abitanti e nazifascisti che annullarono ogni possibilità di ricostruire sulle macerie delle proprie case. Secondo Torri, anziano ferroviere di Rimini, fu ucciso dai tedeschi semplicemente perché protestava per l’abbattimento degli alberi della chiesa di San Bernardino. Per motivi simili a Riccione venne repressa una protesta di donne davanti a casa Mussolini.
La città e i comuni limitrofi e le loro popolazione subirono nelle settimane del settembre 1944 un ulteriore e pesante patimento: la battaglia per la conquista di Rimini sconvolse i paesi della Valconca (Gemmano venne rasa al suolo e così anche Mondaino, Montescudo e Coriano, dove si svolse uno degli scontri più duri tra opposti eserciti). Mentre la battaglia infuriava, Rimini continuava a essere bombardata: non più solo da terra ma anche dal mare. Il tiro degli incrociatori alleati era continuo e incessante e costrinse i riminesi a vivere per giorni in rifugi di fortuna, rintanati nelle grotte di Covignano, in scantinati o gallerie.
Nei resoconti di quei giorni le settimane del passaggio del fronte sono raccontate come una realtà che travolse le ultime tracce di vita nella città. Le memorie dei sopravvissuti raccontano storie incredibili e spesso dolorose di morti innocenti, di fughe rocambolesche tra bombe e soldati tedeschi.
Naturalmente tutto questo ebbe influenze anche sulla Resistenza locale che, non potendo godere del supporto della popolazione civile scappata dalla città, fu costretta ad organizzarsi con grandi difficoltà fra gli sfollati in campagna e a San Marino.

Percorso luoghi Resistenza

Percorso luoghi Resistenza

Percorso luoghi Guerra

Percorso luoghi Guerra

A Rimini i partigiani furono meno numerosi rispetto a quelli di altre province: il CLN si organizzò solo nel marzo 1944, grazie all’apporto di dirigenti politici inviati da altre località. Pur in queste condizioni di difficoltà il riminese diede il proprio contributo alla Guerra di Liberazione reclutando giovani per la V e l’VIII Brigata, opponendosi ai furti delle derrate alimentari da parte dei tedeschi, mantenendo i collegamenti, fornendo informazioni agli alleati, nascondendo i prigionieri inglesi.
I rischi per la città non si esaurirono con la fine dei bombardamenti e degli scontri militari, ma continuarono anche nei mesi successivi con il pesante tributo di sangue pagato dai civili per le mine e le bombe inesplose e con le difficoltà nei rapporti con i responsabili militari alleati che occuparono Rimini per oltre un anno e mezzo. Fra i rischi peggiori anche quello della distruzione dell’Arco d’Augusto; eventualità scampata grazie allo spericolato intervento di un assessore comunale della prima giunta di epoca repubblicana presieduta dal socialista Arturo Clari.
Di questa storia e questi avvenimenti oggi non vi è traccia, tanto che gli studenti che approcciano la storia locale, in particolare di Rimini, si trovano di fronte alla difficoltà di scoprire una città che non esiste più, cancellata dal passaggio della guerra. Situazione che crea notevoli difficoltà d’interpretazione. Esemplificativo di quanto può accadere è il caso della lapide posta in via Cavalieri che ricorda il rifugio dei gappisti riminesi dove, il 14 agosto 1944, furono catturati i Tre Martiri. La targa originaria, posta in occasione del XX anniversario della Resistenza, è stata posizionata nel palazzo a fianco di quello in cui effettivamente aveva sede il rifugio. Scelta motivata dal fatto che il luogo originario era stato ricostruito nel dopoguerra e gli amministratori e partigiani dell’epoca non considerarono credibile apporre la lapide su un palazzo nuovo e moderno.
Dunque a Rimini, per ricostruire e “mostrare” la storia della città, è necessario lavorare con una serie di fonti, quali i video dell’Imperial War Museum, oltre a fotografie, documenti, testimonianze e memoriali. Strumenti che permettono a uno studente, o a chiunque voglia farlo, di inforcare occhiali nuovi e più potenti che gli consentono di vedere una città che non esiste più. E’ per questa condizione oggettiva che Rimini è, probabilmente, una città adatta a studiare il prodotto della guerra: per capire l’effetto di studiare la storia “in assenza” dei luoghi in cui si è manifestata, senza la possibilità di riferimenti urbanistici stabili, ricollegabili al tempo che fu.

Collage distruzioni
Colloge Bombardamenti

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Dati articolo

Autore:
Titolo: Guerra sul confine orientale della linea gotica: il caso Rimini
DOI: 10.12977/nov129
Parole chiave: , ,
Numero della rivista: n. 6, luglio 2016
ISSN: ISSN 2283-6837

Come citarlo:
, Guerra sul confine orientale della linea gotica: il caso Rimini, Novecento.org, n. 6, luglio 2016. DOI: 10.12977/nov129

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