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Storie e luoghi della presenza ebraica a Verona

Due studi di caso per la scuola secondaria di primo grado sulle biografie e i luoghi di vita e persecuzione degli ebrei veronesi.

 

A sinistra: Archivio di Stato di Verona, Questura, Ebrei, b. “D – F”, fasc. Lina Arianna Jenna, Lettera di Lina Arianna Jenna al Questore di Verona per venire esonerata dall’internamento.
A destra: Archivio di Stato di Verona, Questura, Ebrei, b. “L – M”, fasc. Roberto Loewenthal, “Loewenthal Roberto di Salo”, Comunicazione vendita dell’apparecchio radio sequestrato.

Abstract

L’articolo illustra due studi di caso realizzati rispettivamente in una classe seconda (biografie di ebrei veronesi) e in una terza (luoghi della presenza ebraica a Verona) di una scuola secondaria di primo grado, in occasione del Giorno della Memoria. Le fonti e i documenti utilizzati, nonché i risultati ricavabili da ambedue i dossier di lavoro, concorrono a creare un fitto dialogo, una densa rete di rimandi e a favorire quindi una fase di collaborazione e condivisione tra le due classi. Gli studi di caso permettono agli studenti di incrociare, attraverso l’interpretazione e il confronto tra fonti scritte, audiovisive, materiali o iconografiche, tracce di memoria appartenenti alla storia del proprio territorio con quella riportata dai manuali scolastici affrontata (nel caso specifico dell’Olocausto) nel secondo quadrimestre o nell’anno successivo (per la seconda).

Indice

  1. Introduzione
  2. Obiettivi degli studi di caso
  3. Prerequisiti degli studenti e strutturazione del lavoro
  4. Messa in pratica
    1. Classi seconde: storie di ebrei a Verona
    2. Classi terze: luoghi della presenza ebraica a Verona
  5. Restituzione e confronto
  6. Punti di interesse e forza, e criticità emerse
  7. Valutazione
  8. Ulteriori e futuri sviluppi
  9. Bibliografia e fonti

 

1. Introduzione

Durante lo scorso anno scolastico, da un proficuo confronto tra insegnanti per l’imminente Giorno della memoria 2020, è emersa la precisa intenzione di non appiattire la didattica della Shoah, così delicata e complessa, alla consueta visione di un film e relativo commento in classe, o ancora alla lettura di brani estrapolati dal loro contesto e solo in quei giorni letti, analizzati ed in seguito archiviati. L’esigenza di attivare la memoria storica dei ragazzi attraverso una attività che stimolasse concretamente la loro capacità critica, e che allo stesso tempo rimanesse in quanto esperienza di scoperta e interpretazione, ci ha condotto[1], per le classi seconde e terze dell’Istituto, verso la scelta della metodologia dello studio di caso[2], con fonti scritte, iconografiche, materiali e audiovisive autoctone, che dessero voce a luoghi e persone del veronese, in quell’arco di tempo ben preciso.

Noi docenti coinvolte (già a conoscenza di una precedente mostra Ebrei a Verona, allestita nel 2013 e in contatto con l’Istituto veronese per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea), una volta raccolte e catalogate diverse fonti primarie e secondarie, abbiamo operato una cernita in modo da ottenere due percorsi che raccontassero, nel loro dipanarsi, un itinerario topografico veronese ben riconoscibile sulla mappa della città e, d’altra parte, un percorso biografico frutto dell’intreccio di varie storie e delle scelte ad esse relative. I punti di raccordo ed il continuo dialogo ricco di spunti tra le due raccolte di fonti hanno costituito il fil rouge dalla strutturazione del lavoro fino al suo svolgimento: dal confronto verbale e materiale costante tra colleghe nella fase di ricerca, raccolta e stesura, all’applicazione dell’attività in classe e alla sua restituzione in più tempi, non trascurando infine lo sguardo critico a posteriori degli studenti stessi e degli insegnanti direttamente coinvolti nonché dei docenti che si sono serviti di questi studi di caso, pur senza aver partecipato alla fase ideativa e di ricerca.

 

2. Obiettivi degli studi di caso

L’intenzione principale del lavoro svolto risiedeva, in primo luogo, nello stimolo ad una riflessione prolungata su una ricorrenza come il Giorno della memoria, per slegarla da alcuni stereotipi che si sono creati nel tempo. In secondo luogo, nell’impegno in una dinamica laboratoriale che sviluppasse dei meccanismi interrogativi presso gli studenti: quali nomi, tra quelli studiati tra le fonti, avevano già sentito? Di quali episodi, di queste vite di ebrei veronesi, erano mai venuti a conoscenza? Quali luoghi della propria città avevano scrutato distrattamente, ignorando le innumerevoli traversie che li avevano investiti? L’intento di nutrire e allenare uno sguardo più consapevole e attento alla storia del proprio territorio è stato favorito anche dalla scelta dei documenti e dal lavoro compiuto su quest’ultimi, di carattere non solo compilativo o meramente riconoscitivo, ma anche (potremmo osare di dire) esegetico.

Numerose sono state quindi, per gli studenti, le competenze chiamate in causa: da quelle disciplinari di riferimento, a quelle chiave europee e trasversali. Gli studenti coinvolti hanno potuto partire da dati esperienziali talvolta già acquisiti (ad esempio nomi di vie, monumenti, fatti storici sentiti solamente nominare) e cimentarsi quindi nella comprensione, analisi e interpretazione di fonti di diverse tipologie[3]. Hanno saputo ricavare informazioni e spunti interpretativi per loro inediti che stabilissero un legame significativo tra le nozioni dei manuali e la realtà quotidiana e locale in cui sono immersi, nella sua stratigrafia storica[4]. Sono stati portati a ricavare dei ragionamenti, sui materiali dati, che potessero poi essere applicati anche ad altri contesti storici, sviluppandone una certa consapevolezza[5]. Tra le competenze trasversali sviluppate, gli studenti si sono dovuti confrontare attivamente, non solo all’interno dello stesso gruppo ma anche con gli altri, tenendo in considerazione le opinioni dei compagni, adottando un ruolo e rispettandolo; hanno dovuto poi riflettere e progettare le modalità di restituzione da adottare nella propria classe e in quelle altrui, una volta arrivati alla fase terminale del lavoro[6].

 

3. Prerequisiti degli studenti e strutturazione del lavoro

Al fine di attuare in modo efficace e coinvolgente gli studi di caso elaborati e proposti dalle docenti, sono necessari alcuni prerequisiti da parte delle classi coinvolte: una certa dimestichezza con l’uso delle fonti, quindi con il lavoro interpretativo che esse presuppongono, e sicuramente una infarinatura di conoscenze sul periodo storico trattato nello studio. Nelle classi seconde e terze, per esempio, all’inizio del mese di gennaio, i docenti hanno dedicato una lezione ad hoc, frontale e dialogata, incentrata sugli Ebrei nella storia (con un focus sulla storia moderna, nelle classi seconde, e di Otto e Novecento nelle terze), in modo da riuscire a contestualizzare l’attività con alcune coordinate storiche di base. Attraverso fonti iconografiche e brevi riflessioni[7], le classi sono state guidate in un excursus che partiva dalla figura dell’ebreo nel Medioevo e in epoca tardo romana, fino all’epoca moderna e contemporanea, in modo da conoscere preliminarmente le principali discriminazioni e la loro memoria storica perdurante nei secoli, con una particolare attenzione ai luoghi ad essi riservati.

In seguito, l’insegnante ha illustrato nel dettaglio l’attività prevista dallo studio di caso[8]: consegna del fascicolo, lettura dei materiali, attività da svolgere sulla base del dossier di lavoro riportato in conclusione al fascicolo, e condivisione finale[9]. Tutto da realizzarsi in modalità cooperativa, con gruppi eterogenei creati a priori dai docenti, tenendo conto delle inclinazioni e delle capacità dei singoli alunni. Dopo le prime fasi, è stato quindi previsto anche un momento di condivisione e restituzione alla propria classe dei risultati ottenuti (in una sorta di classe rovesciata), e in un secondo momento anche tra classi diverse (seconde e terze; scuola secondaria e primaria). La strutturazione dell’attività in gruppi ha permesso agli studenti da una parte di dividersi il lavoro e dall’altra di confrontarsi tutti assieme per annotare i risultati raggiunti, ferma restando la lettura comune del testo base e la sua discussione, così come la discussione sulle fonti somministrate, per sopperire in tal modo alle incertezze e difficoltà di alcuni.

I materiali coinvolti sono stati brevemente annoverati dalle insegnanti stesse in fase preliminare: fonti scritte, iconografiche, documentarie, topografiche e audiovisive che rappresentassero o semplicemente suggerissero le caratteristiche dei luoghi e delle storie di presenza ebraica a Verona. A tal proposito, la mappa della città di Verona fornita dall’ufficio IAT (Informazioni e accoglienza turistica) ha costituito uno strumento onnipresente lungo tutto il lavoro delle classi terze, e non soltanto durante la fase dello svolgimento degli esercizi.

Gli spazi richiesti dal lavoro, invece, al di là dell’aula della singola classe con la disposizione dei banchi ad isole, hanno implicato anche l’utilizzo dell’aula informatica, della biblioteca (per lo scambio tra seconda e terza) e delle aule della scuola elementare. Una fase conclusiva avrebbe poi previsto la presenza di ‘aule esterne’[10] in cui verificare le scoperte e le interpretazioni raggiunte, fase non attuata a causa dell’emergenza Covid iniziata a fine febbraio 2020.

 

4. Messa in pratica

4.1 Classi seconde: storie di ebrei a Verona

La classe seconda è stata suddivisa in cinque gruppi eterogenei. La scelta dei membri è stata decisa dall’insegnante, data la presenza di alunni L2 e con difficoltà linguistiche marcate. Ad ogni alunno è stata consegnata una copia del testo base, riportante una sintesi delle principali tappe della discriminazione ebraica avvenute a Verona e nell’Italia intera, con un cenno alle diverse storie di ebrei veronesi o comunque collegati alla città, e alle scelte operate o subite da queste persone. Ogni gruppo ha ricevuto un fascicolo, contenente lo stesso testo base, un dossier di documenti e uno di lavoro, diversi tra loro. Le attività proposte sono state pensate per essere svolte in autonomia dal gruppo, ma l’insegnante si è sempre posta come facilitatore e mediatore, monitorando i processi di lavoro e intervenendo per chiarimenti o suggerimenti, senza però togliere agli studenti il piacere della scoperta e lasciando loro, anche, la gestione dei tempi.

I documenti scelti per le classi seconde sono stati raggruppati in cinque argomenti principali, corrispondenti alle diverse scelte/possibilità avute o subite da persone di origine ebraica residenti o originarie del veronese: incredulità e rifiuto di scappare, combattere con la Resistenza, scappare e nascondersi, farla finita, esclusione da scuola e lavoro. I temi delineati non sono però stati fin da subito esplicitati agli studenti, che hanno dovuto scoprirli nel corso delle attività. Alcuni dossier riportano delle vere e proprie monografie sulle persone nominate (si veda il caso di Lina Arianna Jenna e la famiglia Loewenthal), in altri casi invece la maggiore eterogeneità dei documenti punta a far ricostruire agli studenti un panorama più vasto, nel quale rintracciare passaggi fondamentali e possibili punti di contatto. I testi sono stati inoltre selezionati proprio per restituire ai ragazzi la visione di diverse fonti, da quelle dirette (lettere autografe, documenti ufficiali coevi[11]), a quelle indirette (saggi di storia locale sul tema[12]), con l’aggiunta anche, per motivare maggiormente al lavoro, di fonti iconografiche e visive[13].

Le attività proposte nel dossier di lavoro dello studio di caso per le classi seconde sono state diversificate: dalle più semplici, come domande chiuse di comprensione, comprensione con individuazione nel testo base o nei documenti, inserimento di informazioni in tabella precompilate, alle più complesse, con sintesi dei documenti proposti, individuazione della tipologia di fonte trattata, collegamento e riconoscimento di tematiche comuni tra fonti diverse. Ogni dossier ha una proposta di esercizi graduati e di difficoltà diverse, per permetterne lo svolgimento anche da parte degli studenti con difficoltà o disturbi dell’apprendimento; l’esercizio conclusivo di ogni fascicolo è sempre un’attività di sintesi, in forme diverse (linea del tempo, elenco puntato, riassunto).

I gruppi hanno lavorato per circa 3 ore, rileggendo dapprima il testo base, andando poi a visionare l’insieme di tutti i documenti per poi svolgere, in ordine di assegnazione, le attività. È stato anche suggerito loro, se lo ritenevano più agile, di procedere in ordine sparso, nei casi in cui le richieste del dossier riguardassero un unico documento.

4.2 Classi terze: luoghi della presenza ebraica a Verona

Nella classe terza i gruppi sono stati cinque, ciascuno formato da quattro membri. Il testo base è stato distribuito assieme alla mappa del centro di Verona: si tratta di un breve excursus sulla presenza ebraica a Verona dal Medioevo al fascismo, in cui luoghi differenti, pubblici e privati, e mansioni ad essi corrispondenti vengono semplicemente accennate o nominate, ma mai approfondite. Nella fattispecie, il testo base illustra l’intrecciarsi delle vicende nazionali con le vicissitudini della storia del territorio; queste ultime coinvolgono distinte tipologie di luoghi, ai quali sono dedicati altrettanti studi di caso: luoghi della vita quotidiana e di culto, di discriminazione ed esclusione, infine di deportazione[14].

Ogni gruppo si è dedicato alla lettura e alla comprensione di questa prima introduzione cercando di sottolineare punti salienti e confrontandosi su informazioni aggiuntive che potevano essere annotate alle osservazioni già presenti. In seguito, il dossier delle fonti è ciò che ha distinto, in primo luogo, le attività di ognuno. Per ogni studio, la prima parte di documenti è costituita da materiali topografici: dal cuore della piantina di Verona[15] a topografie storiche estrapolate dalla Mostra Ebrei a Verona. In alcuni casi, gli alunni potevano già individuare la corrispondenza di punti tra alcune cartine o rilievi storici e la mappa attuale della città[16].

Questa prima parte del dossier di fonti, di carattere geografico, ha attirato l’attenzione di diversi studenti che si sono divertiti a riconoscere nomi di vie o quartieri a loro già noti. Tutti e cinque gli studi, poi, nella sezione “luoghi di vita quotidiana”, pongono l’accento sul ghetto ebraico: esso ha immediatamente destato la curiosità degli alunni, e per la sua posizione, e per le sue molteplici funzioni. Nella sezione “luoghi di culto”, invece, così come per i luoghi di discriminazione ed esclusione, nonché di deportazione, i gruppi si sono impegnati nella comprensione e interpretazione di fonti secondarie e in misura minore primarie[17], per lo più scritte, materiali, iconografiche o ancora audiovisive[18], che li hanno condotti fuori dagli itinerari più conosciuti del tessuto cittadino: si tratta spesso di luoghi sentiti ma di cui si ignora l’esatta ubicazione, così come della presa in considerazione anche della periferia veronese nel secolo scorso.

Inizialmente, quasi tutti si sono dedicati ad un primo approccio ai documenti, spesso dividendosi le fonti da leggere (o da osservare attentamente) e poi spiegandole oralmente ai propri compagni, per poi invertirsi nei rispettivi ruoli, qualora alcune osservazioni non fossero chiare. In alcuni casi, sono stati sottolineati punti o riferimenti più ostici e non chiari all’interno dei documenti che gli alunni hanno potuto comprendere grazie all’aiuto dell’insegnante, sempre presente in quanto supervisore tra gli agglomerati di banchi a isola.

Alla differenza delle fonti contenute in ciascun studio di caso è corrisposto un dossier di lavoro distinto per ogni gruppo, che aveva a disposizione: cartina della città, dossier, manuale di storia in uso e web per un paio di ore soltanto, in un secondo momento svoltosi in aula informatica.

Se le prime attività richiedono l’individuazione della collocazione topografica del Ghetto e il confronto tra le diverse cartine storiche a disposizione, in seguito, l’analisi specifica delle fonti, prevista da alcune consegne[19], si arricchisce anche per mezzo della loro correlazione con il testo base o con la cartina, o ancora con documenti iconografici ulteriormente forniti, nonché tra le fonti stesse contenute del dossier. Il dialogo tra quest’ultime è dunque costante, il che ha permesso ai ragazzi di comprendere la complessità del fenomeno trattato e la sua unitarietà. Di conseguenza, la veste quotidiana della loro città di Verona, nella sua geografia attuale così come nelle fattezze dei suoi monumenti, viene costantemente chiamata in causa all’interno del dossier, stimolando così la curiosità e la voglia di scoperta di alcuni studenti.

Alcuni esercizi del dossier, inoltre, prevedono una breve ricerca sul web: si tratta di una modalità di studio integrativa a quanto già svolto in precedenza, che favorisce e stimola la collaborazione tra membri del gruppo[20]. A tal proposito, per lo svolgimento dei lavori presenti in ogni studio sono state previste circa tre ore, più un’ora e mezza di aula informatica; gli alunni hanno ben accolto la modalità cooperativa, confrontandosi costantemente sullo svolgimento delle prove e integrando a mano a mano con proprie conoscenze pregresse. Gli studenti Bes (con Bisogni educativi speciali) sono stati invitati soprattutto a collocare topograficamente alcuni luoghi, a completare tabelle, a soffermarsi sul lessico di alcuni documenti, mentre l’insegnante è rimasta costantemente a disposizione dei gruppi nelle varie fasi: dall’accesso alle fonti, allo svolgimento del dossier, risolvendo eventuali dubbi o incertezze, controllando le modalità di lavoro del singolo e l’impegno profuso, annotando osservazioni in itinere riguardanti il coinvolgimento e l’attività di ognuno.

5. Restituzione e confronto

Una volta concluso il lavoro sul dossier, ogni gruppo ha organizzato la propria lezione per il resto della classe. A titolo individuale, ogni studente ha consegnato all’insegnante lo svolgimento delle attività (comune per tutti i membri, nella maggior parte dei casi), mentre insieme, per ogni studio di caso, gli alunni hanno predisposto una piccola esposizione che contenesse le linee generali e i dettagli più curiosi delle scoperte ricavate dai documenti del dossier, presentandoli ai propri compagni, per una durata di circa venti minuti per gruppo.

In tal caso, la docente ha preventivamente fornito alcuni consigli sull’organizzazione di questa sessione di flipped classroom: scegliere le fonti che avevano destato più interesse, e i luoghi e le storie relativi, riportando giusto le informazioni e interpretazioni a loro avviso più coinvolgenti e significative emerse durante il lavoro, inserire il tutto in alcune slides o file da presentare alla Lim[21] (Lavagna interattiva multimediale), prevedere uno spazio di confronto al termine della loro lezione. Quest’ultimo si è rivelato fondamentale in primis per concepire la classe come comunità ermeneutica di piccoli storici che sviluppano consapevolezza sui luoghi studiati e analizzati appartenenti ad una realtà a loro vicina e tangibile e, in secundis, sul fatto che le fonti tra loro tessono una complessa rete di fatti e riflessioni attraverso cui guardare il passato. Alcuni studenti hanno partecipato attivamente allo scambio, apportando osservazioni pertinenti e sottolineando quindi le interconnessioni, e le diverse sfaccettature, di eventi o personaggi legati a determinati luoghi. L’insegnante, in tal caso, si è limitata alla funzione di mediatrice tra una mini lezione e l’altra, e nelle discussioni finali, sempre annotando elementi di forza o critici nello svolgimento di ogni tappa. I compagni al posto, durante l’ascolto, sono stati invitati a prendere appunti sul proprio quaderno di storia.

Ancora più interessante è stata la condivisione con la classe seconda, avvenuta nell’arco di un’ora e mezza nella biblioteca dell’Istituto.  Ogni gruppo di seconda e terza, relativo ad uno dei cinque studi di caso, è stato suddiviso in due sottogruppi. Questi hanno ricevuto il dossier del lavoro svolto e una tabella di sintesi su entrambe le attività, di seconda e terza, da completare nella fase di restituzione. Successivamente i diversi sottogruppi, sui luoghi e sulle biografie veronesi, si sono riuniti in una disposizione di banchi a isole, per dare il via così al confronto. Dato un tempo limitato (quindici minuti circa), gli studenti hanno dovuto poi girare all’interno dell’aula, cambiando compagni e confrontandosi tra sottogruppi sempre diversi, continuando a completare la loro tabella di sintesi. Dopo aver incrociato e sentito di tutti i luoghi e le biografie trattate, gli studenti hanno scelto alcuni portavoce per classe per esporre quanto scoperto, in una sorta di conversazione tra pari. In questa ultima fase le insegnanti hanno guidato la restituzione conclusiva attraverso la proiezione di alcune slides che mostravano il collegamento tra persona e luogo, aiutando gli alunni a tirare le fila di quanto fatto.

Gli intrecci tra biografie e luoghi specifici della Verona fascista e della Resistenza hanno condotto gli alunni a rilevare importanti corrispondenze tra i diversi studi di caso affrontati. Se è vero che solo alcuni hanno preso la parola per creare un effettivo dialogo tra classi e un reale spazio di condivisione delle conoscenze acquisite, d’altra parte quasi tutti gli alunni hanno partecipato attivamente al singolo scambio nel proprio banco con suggerimenti, piccoli cenni o interventi mirati.

Nelle settimane a seguire, sono state dedicate due ore all’esposizione del lavoro svolto, con annessa una piccola attività riadattata, presso due classi quinte della scuola elementare adiacente[22]. Un esiguo gruppetto di alunni, accompagnato dalle docenti, ha assunto le veci di insegnante costruendo una lezione, quanto più dialogata o partecipata, sui propri studi di caso[23]. Gli studenti hanno saputo coinvolgere i bambini più piccoli attraverso slides corredate da spiegazioni chiare e semplici, esempi continui e vividi, aneddoti appresi nelle loro analisi.  Subito dopo, i bambini della scuola primaria, suddivisi in piccoli gruppi, sono stati impegnati in semplici attività come individuare luoghi sulla cartina e creare delle semplici legende o collegare a questi, attraverso delle frecce, ritagli di ebrei veronesi corredati di qualche dettaglio biografico, riportando il tutto su un cartellone per la rappresentazione grafica conclusiva. Gli studenti della scuola secondaria di primo grado hanno saputo guidare con prontezza ed interesse questi piccoli apprendisti, mentre noi insegnanti ci siamo eclissate in un angolo dell’aula, lasciando loro lo spazio necessario per fare e osservando con discrezione.

 

6. Punti di interesse e forza, e criticità emerse

Se dovessimo mettere in luce, a posteriori, le componenti di successo di questi studi di caso in occasione della Giornata della memoria, sarebbe utile e necessario mettersi dalla parte dei ragazzi ed adottare il loro punto di vista: sono stati chiamati a lavorare su materiali e con modalità che li hanno coinvolti pienamente e che hanno fatto mettere loro ‘le mani in pasta’. Alcuni di loro, alla fine, hanno riferito che l’impegno richiesto è stato sfidante, di certo non facile ma curioso e stimolante, grazie a diversi fattori entrati in gioco. Da una parte, lo sperimentare la collaborazione e l’affiatamento del gruppo nel mutuo sostegno[24] e l’accostarsi a fonti a loro vicine, o anche di tipologia narrativa, che li hanno coinvolti: da lì il fatto di accorgersi di serbare già delle preconoscenze dentro di sé, che erano rimaste latenti; dall’altra lo sperimentare spazi diversi dalla solita aula[25] in cui entrare in contatto anche con alunni di altre classi, elemento di novità e talvolta di interesse, così come l’apprendere informazioni fondamentali sul proprio territorio strettamente legate alla cosiddetta storia da manuale, il toccare con mano l’uso comune della memoria storica.

Un ulteriore punto di forza, forse tra i più rilevanti, sarebbe stato sicuramente l’uscita, programmata per fine marzo, nei luoghi studiati: il ghetto, la sinagoga e il cimitero ebraico (con l’ausilio del custode per la visita di quest’ultimo e del rabbino per la sinagoga) avrebbero costituito la tappa finale del percorso, preziosa per fissare nella memoria concetti ed aneddoti, anche a distanza di lunghi anni.

Sul versante delle criticità invece, è necessario ammettere alcune fallacie nell’organizzazione e nello svolgimento del lavoro, riscontrate anche nel confronto tra colleghi dell’Istituto: alcune attività previste dal dossier di lavoro sono risultate alquanto complesse per gli alunni, che si sono rivolti ai docenti disorientati e in difficoltà, evitando di puntare sul confronto tra i membri del gruppo stesso[26]. Per gli stessi alunni è stato piuttosto difficoltoso comprendere il senso globale e la connessione tra testo base, dossier di documenti e di lavoro, percependoli come tappe distaccate di singoli esercizi anziché come elementi portanti di un unico percorso di studio, in cui si è invitati a rivestire i panni dello storico. Inoltre, nella fase condivisione dei risultati, è sembrato più evidente l’impegno degli alunni che hanno lavorato costantemente, che di coloro che invece si sono limitati a seguire. I primi, infatti, hanno anche sottolineato il piacere di scovare corrispondenze e riconoscere collegamenti che li hanno aiutati ad avere dei punti di riferimento fondamentali, nel corso dello svolgimento degli studi di caso. L’impostazione degli studi di caso delle seconde inoltre, più ancorati all’aspetto narrativo e maggiormente compatti attorno al tema principale, ha dato minori difficoltà rispetto ai fascicoli delle classi terze. Quest’ultime hanno dovuto mettere in gioco molte competenze diverse, dall’individuazione sulla cartina geografica della città, alla rielaborazione multimediale e all’analisi puntuale di documenti di diversa natura. Tale scarto, tuttavia, era stato tenuto in considerazione anche nella fase iniziale, dato l’anno terminale del ciclo di studi e le conseguenti competenze conclusive che gli alunni devono sviluppare. Da considerare anche che, nello specifico nel caso delle classi terze, è stato fatto talvolta un uso improprio della rete durante le ore previste in aula informatica; si tratta tuttavia di un rischio indipendente dalla natura del lavoro al quale la docente deve sempre prestare attenzione, sorvegliando tra i pc.

Dal punto di vista del docente, invece, prevalgono nettamente i punti di forza: dal coltivare una dimensione della ricerca che dovrebbe essere fondamento vitale di numerosi lavori scolastici, al confronto fruttuoso e costante tra colleghi, o ancora all’allontanarsi dalla tipica lezione frontale per immergersi invece in una condivisione di esperienze in cui prevale la discussione tra pari[27]. Allo stesso modo, è innegabile il dispendio di tempo necessario per la formalizzazione di tutto il percorso, nonché la difficoltà di stabilire talvolta dei parametri di valutazione quanto più oggettivi ed efficaci.

 

7. Valutazione

Tutto il percorso, toccando come già ricordato differenti competenze della disciplina e trasversali, avrebbe richiesto la realizzazione di rubriche valutative da applicare in itinere e nella fase conclusiva, andando ad osservare via via differenti evidenze per la valutazione. Una delle criticità riscontrate, però, è stata forse la mancanza di tale struttura predefinita e preimpostata. Il percorso è stato comunque valutato, con voti attributi in fasi intermedie e conclusive, e nonostante la mancanza di elementi il più possibile oggettivi per la rilevazione, gli alunni sono comunque stati osservati sotto alcuni specifici punti di vista.

Nelle attività cooperative, ai fini del raggiungimento delle competenze trasversali sociali e civiche, gli studenti sono stati monitorati dagli insegnanti per quanto riguardava la partecipazione attiva, l’aver avanzato proposte, l’aver condiviso le scoperte con il gruppo ed essere riusciti ad ascoltare l’opinione di tutti, mantenendo un tono della voce adeguato. Al termine delle attività è stata fornita loro una piccola griglia di autovalutazione, che ha permesso di riflettere sul proprio ruolo nel gruppo e sull’apporto singolo e di tutti. L’insegnante, in seguito, ha formulato un giudizio di gruppo che tenesse conto sia dell’efficacia del lavoro svolto (avendo visionato nella fase di processo e di prodotto il dossier degli esercizi), sia della capacità di operare assieme coerentemente per un lavoro comune. Una valutazione è stata data anche al singolo membro, tenendo in considerazione l’apporto individuale al lavoro cooperativo e l’esposizione orale delle scoperte storiche rilevate con gli studi di caso.

Per quanto riguarda invece, più propriamente, gli obiettivi della disciplina storica, gli studenti sono stati valutati nell’ambito della esposizione orale e, successivamente, nella ripresa di alcuni temi trattati nel percorso curricolare di storia dell’anno.

 

8. Ulteriori e futuri sviluppi

La metodologia dello studio di caso, già sperimentata prima di questa attività e consolidata in questa sede, è stata reputata dalle docenti molto efficace e di facile somministrazione alle classi (e anche di facile condivisione con i colleghi). Per tale motivo si è cercato di riproporla, anche in forme meno articolate, in altri momenti dell’anno scolastico. La progettualità condivisa, inoltre, relativa alla Giornata della memoria è rimasta un punto saldo del nostro Istituto, che si è prefissato l’obiettivo di definire con chiarezza, di anno in anno, le attività didattiche ad essa dedicate. Purtroppo però, la recente crisi pandemica ha messo uno stop a tali progetti, non permettendo la realizzazione di confronti tra classi e tra diversi gradi, limitando di fatto molto anche l’attività cooperativa. Nonostante questo, alcune classi della scuola, nell’anno in corso, hanno ripreso gli studi di caso per proporli in alcune seconde e terze, in versione ridotta, e continuare la proposta di confronto e condivisione.

Come già indicato, la conclusione del percorso con un’uscita sul territorio avrebbe coronato i lavori, e rimane come idea in essere per gli anni scolastici a venire, magari coinvolgendo gli alunni come piccole guide o nella realizzazione di semplici dépliant illustrati. Un accenno, nel corrente anno scolastico, è stato anche fatto al tema delle Pietre d’inciampo, che perfettamente incarnano l’unione di storia e luogo, e che stanno per venire posate proprio nella provincia di Verona. Una delle classi seconde coinvolte lo scorso febbraio ha prodotto a più mani delle lettere al sindaco, per sottoporgli la posa di alcune Pietre d’inciampo riguardanti le storie da loro studiate.

In conclusione, possiamo trarre un bilancio sicuramente positivo da questa esperienza, per gli aspetti didattici, disciplinari, ma anche educativi in essa riscontrati. Di sicuro la necessità di una didattica della storia maggiormente partecipata e più ‘viva’ è sentita da chi insegna questa disciplina, e alcune incursioni, anche semplicemente inserite nel percorso annuale consueto, potrebbero aiutare a spezzare la monotonia e ad aggiungere maggiore senso al lavoro svolto quotidianamente in classe.

 

9. Bibliografia e fonti
  • G. Alloro e R. Rubele, 26 aprile 1945, una lunga scia di sangue tra Montorio, Ferrazze e San Martino Buonalbergo, Cierre edizioni, Verona 2018
  • S. Bon, Sarà ancora bello: storie di donne della Venezia Giulia tra fascismo, Resistenza e dopoguerra, Grafica goriziana, Gorizia 2004.
  • A. Bussola, «Parto domani, tornerò certamente». Verona dalle leggi razziali alla deportazione (1938-1945), Cierre edizioni, Verona 2009.
  • M. F. Coppari e G. P. Marchi, Gli Ebrei a Verona in I segni della Verona del Novecento, Cassa di risparmio di Verona, Vicenza, Belluno e Ancona, Verona 1995.
  • G. Formiggini, Stella d’Italia. Stella di David, Mursia, Milano 1970.
  • Gli Ebrei a Verona, raccolta di documenti e schede tematiche per laboratori storico-didattici rivolti alla scuola secondaria di primo grado, a cura di N. Olivieri, in collaborazione con A. La Terza e con la consulenza di S. Ottaviani (edizione aggiornata 2014).
  • S. Marinelli, Arianna in Auschwitz, introduzione a L. A. Jenna, Campioni senza valore, Colpo di fulmine, Verona 1996.
  • N. Pavoncello, Gli ebrei in Verona, dalle origini al secolo 20, Vita Veronese, Verona 1960.
  • V. Rainoldi, La memoria e la città fra Ottocento e Novecento: i cimiteri ebraici a Verona, in “Studi storici Luigi Simeoni”, LXV, Verona 2015, p. 91.
  • M. T. Sega (a cura di), Voci di partigiane venete, Cierre edizioni, Verona 2016.
  • L. I. Sirovich, “Non era una donna, era un bandito”, Cierre edizioni, Verona 2014.
  • M. Zangarini, Eravamo ribelli: gli operai dell’Officina locomotive di Verona: guerra, lavoro e vita quotidiana (1943-1945), Cierre Edizioni, Verona 2004.
  • M. Zangarini, Politica e società a Verona in epoca fascista: studi e ricerche, Cierre edizioni, Verona 1986.
  • M. Zangarini, Storia della resistenza veronese, Cierre edizioni, Verona 2012.

Siti

  • Dossier Ebrei e città, in Novecento.org [https://www.novecento.org/ipermuseo/ebrei-e-citta-3459/], url consultata a novembre 2019.
  • Dossier Ebrei a Verona, in Novecento.org [https://www.novecento.org/ipermuseo/ebrei-a-verona-1599/], url consultata a novembre 2019.
  • A.Brusa, Gli studi di caso. Insegnare storia in modo partecipato e facile, in Novecento.org [https://www.novecento.org/pensare-la-didattica/gli-studi-di-caso-insegnare-storia-modo-partecipato-e-facile-730/].
  • Videointerviste a partigiani, in Ivres.it, [https://www.ivres.it/index.php/9-informazioni/41-videointerviste-partigiani], url consultata a novembre 2019.

 


Note

[1] Dal confronto in Consiglio di classe, il lavoro è stato poi effettivamente svolto da entrambe le insegnanti che lo hanno condiviso con tutto il corpo docenti che desiderasse utilizzarlo in classe, partecipando così alla condivisione finale.

[2] A tale proposito si veda https://www.novecento.org/pensare-la-didattica/gli-studi-di-caso-insegnare-storia-modo-partecipato-e-facile-730/.

[3] Negli Obiettivi di apprendimento al termine della classe terza della scuola secondaria di primo grado, nelle Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione (da ora in avanti Indicazioni nazionali 2012), si richiede di: «Conoscere alcune procedure e tecniche di lavoro nei siti archeologici, nelle biblioteche e negli archivi. Usare fonti di diverso tipo (documentarie, iconografiche, narrative, materiali, orali, digitali, ecc.) per produrre conoscenze su temi definiti».

[4] In Indicazioni nazionali 2012, sempre tra gli obiettivi della disciplina si riporta: «Selezionare e organizzare le informazioni […] Collocare la storia locale in relazione con la storia italiana, europea, mondiale».

[5] «Formulare e verificare ipotesi sulla base delle informazioni prodotte e delle conoscenze elaborate», in Indicazioni nazionali 2012.

[6] Rientrano in queste fasi le Competenze chiave europee, come la Competenza personale, sociale e capacità di imparare ad imparare e, per quanto ha riguardato l’uso delle tecnologie per alcune fasi del lavoro, la competenza digitale.

[7] Fonti iconografiche ma anche scritte e materiali, reperite per lo più in rete o nei manuali di storia.

[8] La classe terza aveva già affrontato uno studio di caso nella classe prima e seconda: vita quotidiana nel Medioevo e giornata tipo del Re Sole. Per la classe seconda, invece, la metodologia affrontata risultava del tutto nuova.

[9] Si veda sempre come riferimento https://www.novecento.org/pensare-la-didattica/gli-studi-di-caso-insegnare-storia-modo-partecipato-e-facile-730/.

[10] Ovvero i luoghi storici citati e descritti nelle fonti.

[11] Reperiti all’Archivio di Stato di Verona, nelle cartelle Questura, Ebrei, e Prefettura. Si tratta soprattutto dei documenti della Questura di Verona riportanti visite mediche, domanda di discriminazione, lettere e annotazioni sulla famiglia Jenna, e comunicazioni ufficiali circa i beni e la sorte della famiglia Loewenthal.

[12] Base, guida e aiuto dell’intero percorso è stato il testo di Alessia Bussola, «Parto domani, tornerò certamente». Verona dalle leggi razziali alla deportazione (1938-1945), Cierre edizioni, Verona 2009. Il saggio ha fornito anche i riferimenti documentari, poi reperiti in buona parte all’Archivio di Stato della città, con l’aggiunta di alcune interessanti scoperte.

[13] Si tratta qui di foto delle persone nominate, foto storiche e di luoghi veronesi (la lapide di Rita Rosani posta sulla facciata della sinagoga di Verona). Buona parte di questi materiali è stata presa dal dossier riassuntivo della mostra storico-documentaria Ebrei a Verona, curata dall’Istituto veronese per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea nel 2013; si veda anche Gli Ebrei a Verona. Raccolta di documenti e schede tematiche per laboratori storico-didattici, a cura di Nadia Olivieri, in collaborazione con Agata La Terza e Sara Ottaviani, ed. aggiornata 2014.

[14] Ogni studio è diviso nelle sezioni sopracitate in base alla tipologia di luoghi, all’interno delle quali sono stati inseriti documenti spesso diversi.

[15] Comune a tutti e cinque gli studi. In generale, le fonti topografiche si equivalgono (luoghi della vita quotidiana).

[16] Si veda l’esempio dello studio di caso 1 sui luoghi della quotidianità.

[17] Poiché estratte prevalentemente dalla mostra Ebrei a Verona del 2013 (si veda nota precedente) o da saggi e studi storici (cfr. bibliografia). Fanno eccezione, nello studio 1, la fonte sul centro di smistamento di via Pallone, attinta dall’Archivio di Stato di Verona; nello studio 2, sempre tratto dall’Archivio di Stato, il documento della Commissione per l’amministrazione dei beni ebraici.

[18] Ne è un esempio la targa a Rita Rosani, nello studio 1, e per le audiovisive lo studio 2 e 4 e 5.

[19] Gli esercizi hanno carattere induttivo (cercare di operare riflessioni autonome da singoli dettagli del documento) o deduttivo (a partire da conoscenze o riflessioni generali, analizzare nello specifico alcuni punti del materiale proposto); alcuni puntano sul lessico della fonte ed il suo campo semantico. Il confronto con la geografia odierna di Verona è continuo e raccomandato. In alcuni casi (es. studio 3 documento 6, studio 4, documento 6 e 7) viene previsto il confronto con altri gruppi sulla stessa tipologia di luogo, cfr. anche restituzione in classe.

[20] Gli alunni erano già stati iniziati alla ricerca online, seguendo precise tappe illustrate dall’insegnante riguardanti la selezione dei materiali e la loro rielaborazione, nonché la costruzione di una sitografia. In questo caso, sono stati spesso invitati ad utilizzare Google maps per esempio.

[21] La classe seconda non ha svolto una presentazione multimediale, ma si è limitata ad organizzare un’esposizione basandosi sull’ultimo esercizio del dossier, quello di sintesi. Anche a loro però è stato richiesto di rilevare curiosità o aspetti dei documenti che li avessero colpiti, narrando poi le storie che avevano incontrato, cercando di individuarne i tratti comuni, con una riflessione sui diversi destini delle persone coinvolte.

[22] Questo passaggio non era previsto nello studio di caso ma è sopraggiunto solo in un secondo momento, da un confronto con le maestre della primaria e nell’ambito del percorso sulla continuità nell’Istituto.

[23] È stato scelto indicativamente uno studente per gruppo su singolo studio di caso, in modo che potessero raccogliere le varie informazioni e conoscenze ottenute. L’insegnante non ha fornito uno schema prefissato da seguire ma solamente alcune indicazioni operative: quali contenuti privilegiare o omettere e quali tipologie di attività sottoporre ai più piccoli.

[24] Per alcuni gruppi, tale punto di forza è stato particolarmente evidente nell’esposizione del proprio lavoro in classe, nella sinergia emersa dalla divisione dei compiti (compresi gli alunni NAI ai quali sono state affidate brevi spiegazioni, spesso di fonti iconografiche) e nella puntualità dei contenuti raccolti.

[25] Ma anche strumenti alternativi, come Google maps o Google Earth, solitamente impiegati in geografia.

[26] Così come in alcuni gruppi erano sempre gli stessi alunni a trainare o condurre il lavoro.

[27] Il docente è semplicemente colui che osserva e facilita, introduce, e poi si mette da parte.