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Storie d’inciampo: laboratori didattici per la ricostruzione delle biografie dei deportati reggiani ebrei

Storie d’inciampo: laboratori didattici per la ricostruzione delle biografie dei deportati reggiani ebrei
Inserito nel dossier “Le Pietre d’inciampo in Italia”

…Davanti a una tragedia così assoluta ci affidiamo all’unica possibilità di salvezza che abbiamo a disposizione: quella della memoria.”

IVC Liceo Classico “Ariosto” Reggio Emilia

Premessa

C’è una rete informale di luoghi della memoria europea: quella che si sta formando attraverso piccoli e importanti monumenti creati dall’artista tedesco Gunther Demnig denominati Stolpersteine – Pietre d’inciampo1. Lo spiego così ai ragazzi durante i percorsi storici che svolgiamo in città: stai camminando e inciampi in un ciottolo di strada diverso dal resto. Inciampando guardi in basso, e vedi che c’è qualcosa di insolito. Ti abbassi, scendi al livello del monumento compiendo il gesto di andare verso qualcosa e scopri la storia di una persona. Sulle Pietre d’inciampo sono scritte poche cose, ma significative per un deportato che, a causa del nazismo e fascismo, perdeva la sua identità e il suo status di cittadino: nome, cognome, data di nascita, data dell’arresto e luogo di detenzione, giorno della deportazione, data e luogo di morte. In una pietra di ottone di 10 cmq è racchiusa una vita. Un essere umano che i nazisti e i loro collaboratori fascisti volevano cancellare dal territorio del Terzo Reich: sinti, rom, ebrei, politici, sindacalisti, omosessuali. Da Berlino a Reggio Emilia, dalla Repubblica Ceca all’Austria, le strade europee si stanno lastricando di memorie di persecuzioni che possono esserci d’aiuto in questo difficile presente.

Le Pietre d’inciampo sono efficaci per la didattica del luogo e della Shoah: per quanto riguarda la prima aiutano a segnare luoghi della deportazione attraverso un percorso della memoria e storia cittadina che si innesta in un contesto più ampio sulla storia del nazismo e delle persecuzioni europee. Per quanto riguarda la didattica della Shoah è immediatamente funzionale a spiegare che cosa è un genocidio: eliminazione di un “popolo” e deportazione per famiglie finalizzata all’eliminazione fisica. Nel quartiere ebraico di Berlino, dalle parti di Rosenthaler strasse dove si snoda anche e parallelamente la storia di resistenza della fabbrica di spazzole di Otto Weidt2, le strade sono ormai punteggiate dalle Pietre a ricordo delle famiglie di ebrei che lì abitavano. Così come nel ghetto di Roma. E immediatamente chi “inciampa” nel monumento intuisce che cosa è successo e chi abitava in quella casa: una casa circondata da molte altre, dove italiani e tedeschi spesso hanno volto lo sguardo altrove, mentre i loro vicini venivano inghiottiti dalla deportazione.

Certo bisogna porre attenzione, sicuramente alzare e abbassare lo sguardo per osservare i particolari di una città in cui la storia si è stratificata ma dove, soprattutto per il ‘900, possiamo ritrovare molte tracce, segni del passato. Basta stare in ascolto e cercare3.

Stolpersteine: specificità e unicità

Dal 1990 l’artista tedesco Gunther Demnig dissemina questi “antimonumenti” in giro per l’Europa. Perché sono così efficaci nella trasmissione della memoria e della storia e perché si prestano al lavoro didattico su questi temi storiografici? Adachiara Zevi curatrice del progetto nazionale sulle Pietre d’inciampo scrive “ Cosa rende le Pietre d’inciampo così uniche rispetto agli altri monumenti e memoriali?

– la discrezione e l’assenza di retorica. Il sampietrino non emerge ma s’interra, non s’impone ma vi si inciampa casualmente. La memoria non è esiliata nel monumento ma sollecitata dalla scrittura, il più concettuale tra i mezzi di espressione. Un “contromonumento”, dunque, come quelli del tedesco Jochen Gerz, di Jan Dibbets in memoria di Francois Arago, di Christian Boltanski a Parigi e Berlino.

– l’integrazione urbana. A dispetto della loro discrezione, le Pietre d’inciampo, una volta installate, diventano parte integrante del tessuto urbano, della sua toponomastica.

la diffusione. Le Pietre d’inciampo sono legate a luoghi precisi, le case dei deportati, ma sono estremamente diffuse: non centripete come un monumento ma centrifughe come una mappa urbana.

– l’intreccio tra passato e presente, condizione di ogni elaborazione della memoria non meramente commemorativa e rituale. Chiunque inciampi oggi in un sampietrino non può non soffermarsi, riflettere e interrogarsi su ciò che è stato e su ciò che potrebbe riaccadere, magari sotto altre spoglie.

– l’intreccio tra individuo e collettività. Gli Stolpersteine sono tutti uguali. Come le lastre tombali al Mausoleo delle Fosse Ardeatine a Roma, additano un tragico destino comune. Ma gli Stolpersteine sono anche tutti diversi, perché dedicati ai singoli deportati. Restituiscono dignità di persona a chi è stato ridotto a numero, offrono un luogo dove ricordare chi è finito in cenere o in una fossa comune.

– l’intreccio tra memoria privata e memoria pubblica. La richiesta di installare i sampietrini parte dai parenti dei deportati; il costo della realizzazione è a loro carico. A installazione avvenuta però, ciò che costituiva oggetto di una memoria e di un dolore privati diviene patrimonio della collettività. A differenza delle lapidi, la cui autorizzazione spetta ai condomini, la responsabilità dei sampietrini, dell’installazione non meno che della loro salvaguardia e manutenzione, è appannaggio dei Municipi.

– contro il revisionismo. Come negare l’esistenza dei campi di sterminio quando a ogni piè sospinto s’inciampa in una pietra che ricorda chi e dove è stato annientato?

– per la ricerca storica. Il reperimento dei dati relativi ai deportati, l’individuazione delle loro abitazioni, la raccolta delle testimonianze dei famigliari consentono di incrementare la ricerca storica scritta e orale, di arricchire e integrare i Libri della memoria.

– il coinvolgimento degli studenti. Sono loro il futuro. A loro spetta il compito di ricordare, testimoniare, vigilare e denunciare ogni segnale di intolleranza e di razzismo nei confronti dei diversi. A loro è dedicato il progetto didattico che ogni anno coinvolge nuove scuole nelle ricerche sui deportati nei singoli municipi”4.

Percorso

Scoprire e capire cosa nasconde la nostra città e il perché è stato uno degli obiettivi principali del laboratorio sulle Pietre d’inciampo a Reggio Emilia.

In preparazione al Viaggio della Memoria 2015 a Cracovia – Auschwitz5, Istoreco ha lavorato per collocare anche a Reggio Emilia, nel 70° della fine della guerra e dei regimi fascista e nazista, le Pietre d’inciampo, e lasciare così una traccia permanente e non retorica della presenza di una comunità ebraica in città e dei fatti che l’hanno cancellata.

I laboratori hanno coinvolto cinque Istituti Superiori di Reggio Emilia e provincia.

I nuclei familiari al centro della Shoah reggiana, e quindi della nostra ricerca, sono stati: la famiglia di Ada, Bice e Olga Corinaldi; Lucia Finzi di Correggio; i coniugi Benedetto Melli e Lina Jacchia; la famiglia di Beatrice Ravà con le figlie Irma e Jole Rietti; Oreste Sinigaglia.

Il laboratorio ha previsto tre/quattro incontri di due/tre ore ciascuno secondo il seguente schema:

1. un incontro introduttivo del progetto, breve approfondimento storico sul periodo delle leggi razziali e della persecuzione antisemita, individuazione del percorso di lavoro con gli studenti

2. visita ad alcuni luoghi ebraici e all’esterno della casa da dove partirono o dove vennero arrestati i deportati; uscita didattica al Polo Archivistico per visionare materiale o individuare l’assenza di materiale, visita ad altri archivi cartacei cittadini6 o ricerca su banche dati on line7.

3. completamento della ricerca con stesura di biografia dei deportati da inserire nel sito www.reggioebraica.it e successivamente nel sito http://www.arteinmemoria.com/ contestualmente alla pubblicazione di un libricino con il lavoro degli studenti

4. partecipazione della classe (o del gruppo classe) alla posa delle Pietre d’inciampo il 9 gennaio 2015. In questo modo i ragazzi hanno visto realizzato il loro lavoro che ha portato alla posa delle Pietre e all’incontro con l’artista Gunther Demnig in un momento pubblico, dove si è instaurato un legame profondo di cittadinanza con la città e con la storia locale, e contribuendo alla segnatura materiale del proprio territorio.

Al termine del workshop gli studenti hanno conosciuto un nuovo aspetto della città in cui vivono, sia dal punto di vista storico che sociale, urbanistico e artistico; si sono cimentati nella ricerca storiografica e nella realizzazione a loro volta di documenti e strumenti di divulgazione storica.

Contenuti

Sono i ragazzi stessi che riassumo l’esperienza didattica di ogni laboratorio all’inizio delle biografie dei deportati che loro stessi hanno contribuito a riscrivere. I loro testi sono anche stati pubblicati in una piccola raccolta denominata Pietre d’inciampo che integriamo all’articolo.

Traguardi e prospettive

Nel compiere il lavoro di ricerca accompagnati dai tutor8 e dagli insegnanti, gli studenti hanno contribuito a riscrivere un pezzo di storia della Comunità ebraica reggiana, presente sul territorio da oltre 400 anni: una storia di diritti negati e acquisiti per dover poi subire la persecuzione delle vite con l’occupazione nazista e la nascita della Repubblica Sociale Italiana. I ragazzi sono stati guidati in percorsi di ricerca che hanno portato – in alcuni casi – al ritrovamento, dopo oltre 70 anni, delle ultime fotografie dei loro concittadini reggiani ebrei. E finalmente li hanno, li abbiamo potuti vedere, dando loro un volto a una storia e a una pietra.

Questo esercizio di storia e memoria non si fermerà. Come è stato ricordato dal primo cittadino di Reggio Emilia il 9 gennaio 2015 durante la posa delle Pietre reggiane, assieme agli studenti e ai cittadini, nel giorno in cui nuovamente la più importante comunità ebraica d’Europa è stata attaccata, nel cuore di Parigi, con l’attentato islamista all’Hypercacher di Porte de Vincennes: “c’è un filo rosso di storia e memoria che lega la Rivoluzione francese, i diritti di libertà e uguaglianza e la giornata di oggi: non possiamo più permettere che siano messi in discussione i diritti umani e la libertà delle persone, dei nostri concittadini reggiani e europei”. Un esempio in cui la lezione di storia diventa educazione alla cittadinanza civile democratica sul selciato di una città.

Altre Pietre d’inciampo e altre storie attendono di essere scritte e messe a dimora fra l’acciottolato cittadino, perché germoglino semi di democrazia e rispetto delle libertà. L’anno prossimo ci soffermeremo sulle storie di altri deportati che i regimi nazista e fascista volevano cancellare dalla storia umana.

Altre scuole, nuovi studenti, futuri cittadini europei.


Note

1 http://www.stolpersteine.eu, sito ufficiale dell’artista Gunther Demnig sugli Stolpersteine

2 http://www.museum-blindenwerkstatt.de/en/first-of-all/. Per l’albo illustrato “Papà weidt, l’uomo che tenne testa ai nazisti” si veda http://www.istoreco.re.it/default.asp?page=1070,ITA

3 L’approccio geostorico proposto dalla sezione didattica di Istoreco, condiviso da molti Istituti della rete Insmli, è schematicamente presentato nel contributo http://e-review.it/fontanesi-una-citta-senza-memoria-dei-luoghi-per-la-storia

5 Istoreco ha deciso di ampliare l’offerta formativa per le scuole partecipanti al Viaggio della Memoria, che quest’anno compie 15 anni, proponendo i laboratori prima del Viaggio stesso che avviene fra la fine di febbraio e i primi di marzo di ogni anno scolastico. Questo, a volte, ha aumentato il carico di lavoro di alcune classi che partecipavano sia al Viaggio che al workshop. In alcuni casi è stata la scuola che ha aderito al progetto con una classe che ha poi disseminato l’esperienza all’interno dell’Istituto e/o alle classi partecipanti al Viaggio. I laboratori che proponiamo in questo contributo si possono ovviamente svolgere in un contesto che esula da quello del Viaggio su cui potete trovare maggiori informazioni qui www.ilfuturononsicancella.it

6 Archivio di Stato di Reggio Emilia con riferimento ad archivi prefettizi

8 Per la realizzazione dei laboratori e del progetto Pietre d’inciampo è stato costituito un comitato scientifico e un gruppo di lavoro all’interno di Istoreco di cui facevano parte per Istoreco: Monica Barlettai, Gemma Bigi Elisabetta Del Monte, Alessandra Fontanesi, Steffen Kreuseler, Matthias Durchfeld.

Dati articolo

Autore:
Titolo: Storie d’inciampo: laboratori didattici per la ricostruzione delle biografie dei deportati reggiani ebrei
DOI: 10.12977/nov117
Parole chiave: ,
Numero della rivista: n. 5, dicembre 2015
ISSN: ISSN 2283-6837

Come citarlo:
, Storie d’inciampo: laboratori didattici per la ricostruzione delle biografie dei deportati reggiani ebrei, Novecento.org, n. 5, dicembre 2015. DOI: 10.12977/nov117

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