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Prima dell’articolo 11. Dall’educazione bellicista del fascismo al “ripudio della guerra” della nostra Costituzione

Prima dell’articolo 11. Dall’educazione bellicista del fascismo al “ripudio della guerra” della nostra Costituzione

A. Baldini, Libro di cultura militare ad uso delle scuole medie inferiori, vol. I, Consorzio edit. per la cultura militare, Roma, 1937.

Abstract

Nella prima metà del Novecento l’infanzia è stata coinvolta nei processi di nazionalizzazione delle masse e, in Italia, questa esperienza è stata organizzata dal fascismo nel segno della militarizzazione. Il percorso, proposto per le classi alte della scuola primaria, presenta alcuni aspetti di questo processo attraverso l’analisi di fonti documentarie che si riferiscono alla vita scolastica dell’epoca e che evidenziano come il regime fascista educasse anche i giovanissimi a essere soldati, insegnando loro che la guerra è uno strumento legittimo per l’affermazione della forza di un popolo sugli altri.  Alla fine di questo percorso dovrebbe apparire più comprensibile la genesi dell’art. 11 della Costituzione italiana, che “ripudia la guerra come strumento per la risoluzione dei conflitti internazionali”, mettendo così in risalto la vocazione diametralmente opposta fra il regime fascista che educa i bambini ad essere soldati insegnando loro che la guerra è uno strumento per l’affermazione della forza di un popolo sugli altri e la repubblica che ripudia la guerra come strumento per la risoluzione dei conflitti internazionali.

INDICE


 

 

Testo introduttivo per i docenti

 

Introduzione

Se è già motivante per i ragazzi e le ragazze studiare la storia contemporanea, spesso lo è ancor di più quando la lente di questi studi viene puntata su un soggetto storico particolare come l’infanzia. I giovani, i bambini, la scuola e i contenuti didattici del passato sono temi che riscuotono un interesse particolare tra gli studenti e le studentesse perché vengono percepiti come vicini alla propria esperienza, risultano maggiormente “riconoscibili”.

In questo senso mettere al lavoro gli studenti di oggi su un tema come la strumentalizzazione dell’infanzia per fini bellici può produrre una partecipazione speciale. Inoltre, imparare a riconoscere le strumentalizzazioni del passato affina lo spirito critico e invita a guardare il presente con sguardo pronto a cogliere le nuove, inedite forme di strumentalizzazione dalle quali l’infanzia e la gioventù devono imparare a difendersi[1].

 

Sotto il segno della guerra

I due conflitti mondiali hanno segnato profondamente la storia contemporanea dei primi decenni del Novecento, quando l’intera Europa fu messa “a ferro e fuoco”[2] e fu probabilmente raggiunto l’apice dello scatenamento bellico di tutta la storia dell’umanità. Non solamente il bilancio delle vittime è cresciuto esponenzialmente rispetto al passato e ha coinvolto in misura crescente la popolazione civile, ma la guerra stessa è divenuta un’esperienza quotidiana per gran parte della popolazione europea e mondiale, sia militare che civile. In questo contesto anche l’infanzia è stata precipitata idealmente e poi realmente “sul campo di battaglia”. La costruzione del sentimento nazionale e la tenuta del “fronte interno”, fin dalla Grande guerra è passata anche attraverso i bambini e le bambine, futuro della nazione, che sono stati progressivamente fatti oggetto, in modo sempre più mirato, di propaganda e di educazione patriottica.

Gran parte di questa nazionalizzazione è avvenuta sotto il segno del militarismo e del bellicismo: mentre i padri e i fratelli combattevano al fronte, nelle famiglie e nelle scuole i giovani e le giovani venivano coinvolti in vario modo nel discorso bellico affinché dessero un loro peculiare che poteva andare dalla la corrispondenza con i soldati al fronte alla raccolta di metalli per la nazione in guerra.

 

Il singolare primato dell’Italia

L’Italia ha conosciuto, in questo contesto, un singolare primato di continuità e intensità del percorso di nazionalizzazione dell’infanzia attraverso la militarizzazione. Come negli altri paesi europei, anche in Italia le carneficine della Grande guerra, la lunga e difficile elaborazione dei suoi lutti, il rafforzarsi delle dinamiche di costruzione dei nemici interni ed esterni per effetto dei razzismi e dei nazionalismi, fino alle le nuove carneficine della Seconda guerra mondiale, hanno colpito e condizionato pesantemente tutta la popolazione. In sovrappiù, la popolazione italiana è stata coinvolta in altri duri percorsi militari che ne hanno esacerbato l’esperienza di mobilitazione permanente. Mentre le altre potenze imperialiste europee iniziavano già a porre fine al periodo di espansione coloniale e a trarre vantaggi economici dallo sfruttamento dei territori, nel giro di 25 anni l’Italia ha intrapreso ben due guerre di conquista coloniale (Libia nel 1911-12 e Etiopia nel 1935-36). Con l’avvento del fascismo, militarismo e bellicismo – profondamente connaturati alla visione del mondo del nuovo regime – hanno invaso la scuola e il tempo libero dell’infanzia con un’intensità sconosciuta in precedenza, condizionando e modificando pesantemente, per tutto il ventennio successivo, la vita dei giovanissimi. L’immagine della guerra ha cambiato di segno: è divenuta quotidiana, è stata additata come esperienza di massima realizzazione dell’individuo, è entrata nelle scuole e nel tempo libero, nei pensieri e forse anche nei desideri dei ragazzi e delle ragazze[3].

 

L’azione del fascismo sull’infanzia: i primi anni

L’investimento che il regime fece sulla scuola fu significativo; essa veniva ritenuta l’avanguardia di un fronte, quello della costruzione dell’italiano nuovo, considerato cruciale. Dal periodo immediatamente successivo alla marcia su Roma il sottosegretario Dario Lupi si adoperò per introdurre nelle scuole elementari principi e fondamenti di accentuato nazionalismo, militarismo e culto dei martiri della Grande guerra. Attraverso l’uso delle circolari, venne aperto un varco alla propaganda nella vita scolastica quotidiana. Fu subito istituita la cerimonia dell’alzabandiera che aveva una tradizione patriottica e militare e che doveva venire celebrata al mattino nei cortili delle scuole.

Lupi intervenne anche sostenendo nelle scuole il ricordo pubblico e politico della Grande guerra. Il fascismo fu la prima tra le forze politiche a decidere di sfruttare, ai fini di consenso e di strutturazione ideologica, il “culto dei caduti” e l’esaltazione della morte eroica per la patria, cresciuti durante il conflitto, per farne poi il fondamento di una nuova etica politica[4].

 

Tra Opera nazionale balilla e materie scolastiche

Nel 1926 fu istituita l’Opera nazionale balilla (Onb). Ad essa fu attribuito il compito della preparazione spirituale e fisica dei giovani in senso pre-militare e la gestione del tempo libero, ovviamente caratterizzato da pratiche che esaltavano le peculiarità del regime. L’Onb divenne presto l’unica forma di associazionismo giovanile legittima, dopo la soppressione di tutte le altre organizzazioni, compresa quella scoutistica cattolica. Il regime, in questo modo, voleva garantirsi l’esclusiva nella formazione della gioventù, nella preparazione fisica e politica di quella nuova generazione che si avviava ad essere la prima cresciuta nel contesto educativo e spirituale del fascismo. Essa divenne presto una specie di “caserma” giovanile che prendeva forma per ospitare ed educare nello spirito fascista i ragazzi durante la loro crescita. Questa caserma non si sostituiva alla scuola, bensì si affiancava ad essa come suo completamento essenziale. Le attività dell’Onb erano orientate ad esaltare il ruolo dei bambini come futuri soldati, mentre le bambine, anch’esse considerate in funzione della forza e del prestigio della nazione, nei piani dell’organizzazione dovevano sviluppare le proprie attività per mantenersi sane e divenire donne di casa obbedienti e madri prolifiche.

La fascistizzazione della scuola disciplinò fortemente i contenuti delle materie e la condotta dei docenti. La presenza sempre più ingombrante del bellicismo e del militarismo nei curricoli scolastici non si limitava agli ambiti classici e ai temi espliciti dell’esaltazione della Grande guerra o della milizia fascista, ma proiettava il suo effetto oltre le discipline tradizionali investendo materie solitamente prive di tali profili. Sono anni in cui diventa consueto risolvere problemi elementari sul costo, la lunghezza o il numero di armi come i moschetti. E questa esaltazione del virilismo militare arrivò a permeare anche l’iconografia che accompagnava volumi e quaderni[5].

 

La guerra per l’Etiopia

L’espansionismo fascista degli anni Trenta fu il volano per un nuovo salto di qualità nella mobilitazione bellicista dell’infanzia sia nella scuola che nell’extrascuola. Alla vigilia della guerra all’Etiopia (1935-36) fu introdotta dalla scuola media all’università la nuova materia “cultura militare”, e in seguito i programmi si caricarono ulteriormente di riferimenti alle guerre via via combattute dal regime quasi senza interruzione fino alla Seconda guerra mondiale.

Accanto alla didattica “curricolare” presero forma, tra scuola e territorio, percorsi educativi extracurricolari legati alla mobilitazione pubblica di sostegno alle guerre. Basti qui ricordare come emblematica la campagna propagandistica sostenuta contro le sanzioni decretate dalla Società delle Nazioni per ostacolare la conquista dell’Etiopia. Tali provvedimenti finalizzati ad indebolire il regime furono trasformati dal fascismo in fattore di mobilitazione del fronte interno e di coesione patriottica (spesso l’esistenza reale o fittizia di un nemico produce una crescita del sentimento nazionale). Nella mobilitazione furono massicciamente coinvolti i giovani attraverso le campagne per il risparmio delle materie prime e la raccolta di rottami e sostanze che potevano essere utili alla conduzione della guerra. Queste raccolte furono propagandate con ampio uso di tutti i mezzi di comunicazione (stampa, radio, cinegiornali) e rimasero in primo piano per tutto il periodo della guerra. Se le donne, a partire dalla regina, avevano consegnato pubblicamente l’oro delle loro fedi nuziali per supportare la patria assediata, i bambini dovevano impegnarsi a trovare e consegnare ferro e metalli che potessero servire a costruire nuove armi, mentre alle bambine era riservato il campo della produzione di indumenti di supporto all’abbigliamento dei soldati, come sciarpe o calzettoni[6].

 

Verso la Seconda guerra mondiale

Questa particolare mobilitazione diede impulso alla politica autarchica del fascismo che continuò anche dopo il ritiro delle sanzioni e che nelle scuole vide, quasi senza soluzione di continuità, le raccolte avviate per la Guerra d’Etiopia riproporsi saltuariamente negli anni successivi per riprendere forza all’inizio della Seconda guerra mondiale.

L’arruolamento nazionalistico dell’infanzia – che subiva l’accelerazione della guerra imperialistica – divenne in questi anni permanente, andando a costituire una componente costante dell’attivismo balilla e dell’impegno militante delle scuole, accompagnando gli studenti e le studentesse da una guerra all’altra fin dentro il secondo conflitto mondiale.

Le forme di coinvolgimento dell’infanzia a scuola erano ormai ben rodate e furono riproposte capillarmente a partire dal 1940: raccolte di materiali utili allo sforzo economico e bellico (rottami metallici, carta, lana); raccolta di materiali per allestire i pacchi per i soldati al fronte (sigarette, cibi, libri…), preparazione di indumenti per i militari, corrispondenze e visite ai soldati feriti ricoverati negli ospedali militari, preparazione degli orti di guerra… I giovani e le giovani divennero parte attiva in una nuova epopea di conquista, che nel volgere di tre anni si trasformò in una catastrofe generale e consegnò il paese – e con esso quei ragazzi e ragazze – allo smarrimento e alla necessità di una scelta di campo.

 

L’articolo 11 della Costituzione

Al termine di questo rapido sguardo sull’educazione dell’infanzia negli anni del fascismo riteniamo che risulti molto più agevole comprendere la scelta dei padri costituenti di elaborare ed approvare l’articolo 11 della nostra Costituzione. Quell’articolo, nel quale si “ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali” affonda le sue radici in molti elementi: nella guerra subita e sofferta dal popolo italiano, negli ideali espressi dalla Resistenza, in un clima mondiale di aspirazione alla pace che coinvolgeva le nazioni uscite dall’esperienza devastante della Seconda guerra mondiale. Ma sicuramente tra le motivazioni più forti c’era il rifiuto delle concezioni belliciste e imperialiste dello Stato fascista che avevano permeato la cultura nazionale per un ventennio, fino a declinarsi in una vera e propria pedagogia di guerra[7].

 

Proposta metodologica di lavoro

In un primo momento, l’insegnante legge ad alta voce il “testo per i bambini e le bambine” che segue, omettendo i titoli dei paragrafi. I bambini ricevono poi il testo scritto, che devono rileggere individualmente, assegnando dei titoli ai diversi paragrafi. Al termine, si apre la discussione plenaria sul significato delle parole e per esprimere eventuali commenti.

Seguono le attività in classe.

La prima attività (con eventuale “fase di riscaldamento”) prevede la preparazione della linea del tempo.

Nella seconda attività si assegnano alcuni documenti, accompagnati da domande-guida per la loro comprensione.

Il percorso si conclude con la lettura dell’articolo 11 della Costituzione, commentato alla luce del percorso didattico svolto.

 

Primo passo: Testo per i bambini e le bambine

[Da consegnare nella versione con titoletti separati]

 

La dittatura fascista

Il fascismo è stato una dittatura che ha governato l’Italia per oltre vent’anni (1922-1943). Capeggiato da Benito Mussolini il fascismo aveva preso il potere utilizzando anche la violenza contro chi si opponeva e la pensava diversamente. Una volta al potere, i fascisti avevano instaurato una dittatura e avevano costretto gli oppositori politici a scappare all’estero, oppure li avevano incarcerati o addirittura uccisi.

Tra le caratteristiche della dittatura fascista troviamo l’espansionismo militare, cioè la scelta di potenziare le forze armate e intraprendere guerre per conquistare e dominare nuovi territori e popolazioni.

 

Le guerre del fascismo

Infatti, nei vent’anni durante i quali governò l’Italia, il fascismo intraprese diverse guerre.

Dal 1928 al 1932 in Libia.

Nel 1935 invase l’Etiopia, un libero Stato africano, per conquistarlo.

Nel 1936 inviò soldati italiani in Spagna per appoggiare la guerra che il generale Francisco Franco guidò e vinse contro la Repubblica legittima, instaurando una dittatura che durò dal 1939 al 1975

Nel 1939 occupò l’Albania, altro libero Stato.

 

La propaganda

Per convincere gli italiani a partecipare a tante guerre non bastavano gli ordini del dittatore, e nemmeno era sufficiente assegnare delle dure punizioni a chi si opponeva. Occorreva anche una «propaganda», cioè una “pubblicità” martellante che convincesse la popolazione della «bellezza» della guerra e della convenienza di queste scelte di conquista.

Così i giornali e la radio (non era ancora diffusa la televisione) trasmettevano un racconto della realtà che non cercava di essere equilibrato, bensì mostrava sempre le guerre del fascismo come eroiche, giuste, necessarie e vittoriose.

 

Come la dittatura cambia la scuola

A scuola gli insegnanti non avevano la libertà che esiste oggi di insegnare gli argomenti che ritenevano giusti. Ad esempio, nella scuola elementare non esisteva più la possibilità di scegliere tra diversi libri di testo, ma ne esisteva solo uno uguale per ogni classe d’Italia. Questo libro era scritto da autori scelti dal regime fascista, e quindi nelle sue pagine si trovavano solamente le idee che esaltavano il fascismo e Mussolini. Insomma, una parte della scuola era diventata una specie di “agenzia pubblicitaria” del regime fascista.

 

Insegnare ad amare la guerra

Tra i diversi “valori” che il fascismo voleva trasmettere ai giovani c’era quindi l’esaltazione della guerra. A noi sembra strano che si possa elogiare la guerra, siamo talmente convinti della bontà della pace che quasi non riusciamo a capire come ad un bambino o a una bambina si potesse insegnare il contrario. Sta proprio qui la difficoltà di questa lezione di storia. Infatti, attraverso lo studio della storia cerchiamo di comprendere le idee del passato, e per farlo dobbiamo momentaneamente provare ad uscire dalle nostre convinzioni per comprendere cosa volevano ottenere i fascisti dalle scuole e dai giovani dell’epoca. Dobbiamo provare a metterci nei panni dei bambini e delle bambine di quel tempo, per comprendere come potessero farsi affascinare dai discorsi di guerra che a noi provocano angoscia.

 

La Resistenza e la Costituzione

Durante la Seconda guerra mondiale l’esercito italiano fu ripetutamente sconfitto dalle nazioni nemiche, e dal 1943 in Italia si formò un movimento (chiamato Resistenza) di italiani e italiane che combatterono contro il fascismo insieme alle nazioni nemiche del fascismo.

Dopo la sconfitta del fascismo (1945) gli italiani proclamarono la Repubblica e decisero di scrivere una nuova legge fondamentale (la Costituzione) che divenne attiva dal 1948.

Tanti articoli scritti nella Costituzione hanno l’obiettivo di garantire quelle libertà che il fascismo aveva cancellato.

L’articolo 11 riguarda il tema della pace e della guerra. Esso mira a fondare sulla pace e non sulla guerra il rapporto dell’Italia con le altre nazioni. Questa scelta capovolgeva completamente quell’esaltazione della guerra che aveva caratterizzato il regime fascista.

 

Attività introduttive

 

Riscaldamento

Se volete, potete “riscaldarvi” impugnando una cannetta col pennino, intingendola nell’inchiostro e scrivendo qualche frase come si faceva all’epoca (non erano ancora state inventate le penne a sfera che usiamo oggi). Se volete potere anche copiare le frasi che suggerivano i libri di allora, come queste. (FIG. A; B; C)

 

Esercizio 1: linea del tempo 

Costruisci su un foglio a quadretti una linea del tempo (un quadretto = un anno) dal 1910 al 1950 circa.

Segna in rosso le linee delle due guerre mondiali (1914-1918; 1939-1945).

Segna in nero la linea del regime fascista (1922-1945).

Segna in verde l’anno della Costituzione (1948).

Segna in viola le linee delle guerre del fascismo: Libia (1928-1932); Etiopia (1935-1936), Spagna (1936-1939); Albania (1939); II Guerra mondiale (1940-1945).

(FIG 1)



 

Attività sulle fonti

 

Entriamo nella scuola fascista

Questa lezione vi presenterà degli esercizi e delle letture che furono preparate nella scuola fascista per i bambini e le bambine del tempo. In un certo senso vi farà fare un viaggio nel passato, vi farà sedere sui banchi di quella scuola.

Il vostro compito sarà scoprire quali argomenti suggerivano la bontà della guerra, come cercavano di convincere i bambini e le bambine che le armi e le conquiste fossero dei valori positivi e non negativi. Un compito da investigatori del passato. Buon lavoro.

A scuola il regime fascista sfruttò ogni metodo per propagandare le sue idee. Quella che vedi è una pagella dell’anno 1932-33. Quali contenuti voleva trasmettere il regime stampando su tutte le pagelle dei bambini italiani questa immagine? Nella tua pagella ci sono immagini di questo tipo?

Ministero dell’educazione nazionale, pagella dell’anno scolastico 1932-33.

FIG 02

 

La nuova materia «Cultura militare» venne introdotta nelle scuole secondarie nel 1934, un anno prima dell’invasione dell’Etiopia da parte del fascismo. Questa è la copertina di un libro di quella materia. Secondo te cosa poteva esserci nelle pagine di un libro di questo tipo? Perché introdussero questa materia nelle scuole in quel periodo?

A. Baldini, Libro di cultura militare ad uso delle scuole medie inferiori, vol. I, Consorzio edit. per la cultura militare, Roma, 1937.

FIG 03

 

Questa foto mostra una esercitazione di pronto soccorso fatta in una scuola del fascismo. Osserva bene come sono vestiti i bambini e quello che si vede sullo sfondo. Cosa temeva il fascismo? A cosa dovevano essere preparati i bambini? Quali differenze c’erano tra i ruoli dei maschi e quelli delle femmine? Anche oggi si vanno esercitazioni di evacuazione della scuola: fai un confronto tra le esercitazioni cui partecipi nella tua scuola e quella che vedi rappresentata nella foto.
Foto Edu – archivio scolastico per la storia dell’educazione [anni Trenta]. Archivio Indire (Firenze)
http://fotoeducatalogo.indire.it/iride/fotoedu/multimedia/fotoedu001M-N8CH5RG2/msc038bis.jpg

FIG 04

 

Il moschetto è il piccolo fucile con cui si dovevano esercitare i giovani durante il periodo fascista. Secondo te perché veniva proposto questo esercizio?

Il libro della terza classe elementare, [aritmetica a cura di M. Mascalchi], La libreria dello Stato, Roma, 1937, p. 236.

FIG 05

 

I problemi che seguono vengono pubblicati nel libro per la classe quarta nel 1941. In quel periodo l’Italia sta partecipando a qualche guerra? [controlla sulla linea del tempo che hai preparato]. Secondo te perché venivano preparati problemi di questo tipo, oltre che per esercitare le abilità matematiche?

A. Armando, M. Mazza, Il libro della quarta classe elementare: aritmetica, geografia, scienze, La libreria dello Stato, Roma, 1941, pp. 75-76. [i problemi sono di Armando]

FIG 06

 

All’epoca le informazioni venivano rese pubbliche con i giornali, con la radio e con i «cinegiornali». Questi ultimi erano servizi cinematografici simili ai telegiornali di oggi che venivano trasmessi al cinema prima dei film.

Qui puoi ascoltare un cinegiornale di dicembre 1942 che parla di scuola. Da quanto tempo l’Italia era entrata nella Seconda guerra mondiale?

Anche il fascismo promuoveva nelle scuole la raccolta differenziata di alcuni rifiuti. Quali sono le differenze con la raccolta differenziata che facciamo noi? A cosa serviva la raccolta differenziata promossa dal fascismo?

Giornale Luce C / C0305  (Istituto Luce)
La raccolta presso gli scolari italiani di tutto ciò che può dar vita ad impensate sorgenti di materie prime
data: 15/12/1942  durata: 00:01:19  colore: b/n  sonoro: sonoro
https://youtu.be/hM98v3HNcOk

 

Ora sei al termine di questo percorso di studio. Questo è l’articolo 11 della Costituzione del 1948. Leggilo attentamente più volte. Poi prova a scrivere brevemente come mai le donne e gli uomini della Resistenza decisero di scrivere questo articolo: quale obiettivo avevano, a cosa reagivano.

Costituzione della Repubblica italiana. Articolo 11
L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.



Bibliografia

  • L. Carlassare, L’art. 11 Cost. nella visione dei Costituenti, in “Costituzionalismo.it”, 1, 2013 (https://www.costituzionalismo.it/wp-content/uploads/Costituzionalismo_437.pdf).
  • M. Dondi, La Costituzione repubblicana: i principi dell’Antifascismo e il valore umano del lavoro, in “Storia e futuro”, 18, ottobre 2008 (http://storiaefuturo.eu/la-costituzione-repubblicana-i-principi-dellantifascismo-e-il-valore-umano-del-lavoro).
  • A. Fava, La guerra a scuola: propaganda, memoria, rito (1915-1940), in “Materiali di lavoro”, 3-4, 1986.
  • P. Fossati, G. Gabrielli, A. Gagliardo, F. Targhetta, Sui banchi del regime. Studiare nella scuola fascista, Cesp, Bologna 2015 (http://www.cespbo.it/wp/wp-content/uploads/2019/01/Cesp_Giorno-memoria-2015-.pdf).
  • P. Gabrielli, D. Montino (a cura di), La scuola fascista. Istituzioni, parole d’ordine, luoghi dell’immaginario, Ombre corte, Verona 2009.
  • P. Gabrielli, Educati alla guerra. Nazionalizzazione e militarizzazione dell’infanzia nella prima metà del Novecento, Ombre corte, Verona 2016.
  • P. Gabrielli, La Costituzione italiana nella scuola primaria: con gli occhiali della storia, in “Storicamente”, n.50, 2020 (https://storicamente.org/costituzione-italiana-scuola-primaria-gabrielli).
  • A. Gibelli, Il popolo bambino. Infanzia e nazione dalla Grande Guerra a Salò, Einaudi, Torino 2005.
  • D. Lupi, La riforma Gentile e la nuova anima della scuola, Mondadori, Milano 1924.
  • B. Maida, L’infanzia nelle guerre del Novecento, Einaudi, Torino 2017.
  • G.L. Mosse, La nazionalizzazione delle masse. Simbolismo politico e movimenti di massa in Germania (1812-1933), Il Mulino, Bologna 1975 (1974).
  • E. Traverso, A ferro e fuoco. La guerra civile europea (1914-1945), Il Mulino, Bologna 2008.

Note:[1]Si vedano G.L. Mosse, La nazionalizzazione delle masse. Simbolismo politico e movimenti di massa in Germania (1812-1933), Bologna, Il Mulino, 1975 (1974) e A. Gibelli, Il popolo bambino. Infanzia e nazione dalla Grande Guerra a Salò, Torino, Einaudi, 2005.[2]Si riprende qui il titolo del volume di E. Traverso, A ferro e fuoco. La guerra civile europea (1914-1945), Bologna, Il Mulino, 2008.[3]G. Gabrielli , Educati alla guerra. Nazionalizzazione e militarizzazione dell’infanzia nella prima metà del Novecento, Ombre corte, Verona 2016.[4]D. Lupi, La riforma Gentile e la nuova anima della scuola, Mondadori, Milano 1924 e A. Fava, La guerra a scuola: propaganda, memoria, rito (1915-1940), in “Materiali di lavoro”, 3-4, 1986.[5]Gibelli, 2005.[6]P. Fossati, G. Gabrielli, A. Gagliardo, F. Targhetta, Sui banchi del regime. Studiare nella scuola fascista, Cesp, Bologna 2015 (http://www.cespbo.it/wp/wp-content/uploads/2019/01/Cesp_Giorno-memoria-2015-.pdf).[7]L. Carlassare, L’art. 11 Cost. nella visione dei Costituenti, in “Costituzionalismo.it”, 1, 2013 (https://www.costituzionalismo.it/wp-content/uploads/Costituzionalismo_437.pdf) e M. Dondi, La Costituzione repubblicana: i principi dell’Antifascismo e il valore umano del lavoro, in “Storia e futuro”, 18, ottobre 2008 (http://storiaefuturo.eu/la-costituzione-repubblicana-i-principi-dellantifascismo-e-il-valore-umano-del-lavoro).

Dati articolo

Autore:
Titolo: Prima dell’articolo 11. Dall’educazione bellicista del fascismo al “ripudio della guerra” della nostra Costituzione
DOI: 10.52056/9788833139883/19
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Numero della rivista: n.16, agosto 2021
ISSN: ISSN 2283-6837

Come citarlo:
, Prima dell’articolo 11. Dall’educazione bellicista del fascismo al “ripudio della guerra” della nostra Costituzione, Novecento.org, n. 16, agosto 2021. DOI: 10.52056/9788833139883/19

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