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La didattica come trasformazione

Immagine tratta dalla pagina Facebook dell’Istituto omnicomprensivo Antonio Gramsci di via Affogalasino 120, Roma https://www.facebook.com/icgramsci/

Abstract

Portare Gramsci nelle scuole non è una sfida impossibile. Anzi, la ricchezza e la poliedricità degli scritti gramsciani li rende una palestra assai efficace per attività laboratoriali di vario tipo. Il pensiero gramsciano sollecita a riflettere sul presente senza esserne prigionieri, per essere protagonisti consapevoli dei propri tempi. Il suo modo di leggere la storia e la contemporaneità può diventare uno strumento di analisi da utilizzare, adattare, mettere alla prova. Ecco perché abbiamo proposto ad alcune scuole il progetto didattico “Con le lenti di Gramsci”. Qui descriviamo le premesse metodologiche, i caratteri e lo schema generale dei percorsi realizzati.

Gramsci nelle scuole: una sfida impossibile?

Quando abbiamo cominciato a parlare con alcuni docenti delle scuole medie di secondo grado della provincia di Bari di un percorso didattico su Gramsci, sembrava una idea fin troppo azzardata. Le perplessità erano molteplici, tutte relative alla complessità del pensiero gramsciano, alla necessità di prevedere una contestualizzazione (storica, filosofica, politica) che avrebbe richiesto tempi lunghi. A queste perplessità si univa la consapevolezza della difficoltà di avvicinarsi a Gramsci per frammenti, per singole tematiche, poiché tutta la letteratura gramsciana insiste sulla necessità di comprendere il suo pensiero nell’insieme, nel suo farsi complessivo nel tempo.

E come avrebbero reagito gli studenti? Cosa avrebbe potuto motivare il loro interesse?

Non avevamo risposte precostituite, ma sin dall’inizio abbiamo scelto con i docenti di provare a “scalare la montagna” anche per rispondere a queste domande e per verificare se l’incontro con Gramsci si potesse rivelare proficuo.

L’anniversario gramsciano

Ormai non c’è periodo dell’anno scolastico che non sia occupato da questo o quell’anniversario da commemorare. Nel 2017 è toccato anche a Gramsci. Anche il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca ha dedicato al pensatore sardo una nota, invitando le scuole a riflettere in particolare su tre temi: valore e concetto di cultura; importanza della scuola; cultura, scuola e linguaggio.

Gramsci viene considerato una delle “significative personalità  che hanno contribuito da diverse culture e sensibilità, in differenti contesti e realtà, con vari approcci e orientamenti, a prospettare e realizzare i valori di una concezione democratica dell’educazione”[1]. Allo stesso tempo la sua figura e il suo pensiero vengono ritenuti “utili per comprendere la complessità del presente che viviamo e le sue radici storiche, per promuovere occasioni di studio, ricerca e approfondimento”.  Non è un caso che gli studiosi del pensiero gramsciano mettano in risalto proprio la fecondità delle sue riflessioni, che ancora aiutano a “comprendere le contraddizioni contemporanee e alimenta[no] la ricerca del loro superamento” (G. Liguori[2]), o addirittura consentono di individuare  “i problemi fondamentali della democrazia dei nostri tempi” e “una prospettiva per risolverli” (G. Vacca[3]).

Pensare la contemporaneità senza essere prigionieri del presente

Lo stesso pensiero gramsciano non è che l’esito di un continuo interrogarsi sulla complessità del presente, di fronte ad eventi di portata globale (la prima guerra mondiale, la rivoluzione russa, ecc.) che producono una improvvisa “accelerazione” della storia.

Dalì, La persistenza del tempo, 1931, particolare.

Giovani e adolescenti degli inizi del XXI secolo sono alle prese con la crisi finanziaria globale, con le contraddizioni e fragilità della democrazia a tutti i livelli (locale, nazionale, sovranazionale), con le potenzialità apparentemente infinite offerte dai nuovi media e con la dittatura apparentemente incontrastabile dei mercati finanziari internazionali nell’età post-fordista. L’accelerazione della storia, la dimensione mondiale e di massa dei processi appartengono anche al loro presente.

Potrebbero bastare queste considerazioni per giustificare l’idea di portare gli scritti di Gramsci nelle scuole. Ma quello che troviamo didatticamente proficuo è anche il modo gramsciano di intendere la riflessione sulla contemporaneità, che contiene un invito pressante ad andare “oltre la subalternità”:

È preferibile “pensare” senza averne consapevolezza, in modo disgregato e occasionale, è preferibile “partecipare” a una concezione del mondo “imposta” dal di fuori, da un gruppo sociale (…), o è preferibile elaborare la propria concezione del mondo consapevolmente e criticamente e (…) partecipare attivamente alla produzione della storia universale? [4]

Non essere schiacciati dal presente, non essere subalterni alla sue “coordinate” culturali: nella stessa direzione si è mosso un percorso di filosofia e di didattica della filosofia (a partire da Nietzsche) sull’inattualità[5], che ha costituito insieme un modello e una fonte di ispirazione per questa esperienza. Da qui siamo partiti per sperimentare un percorso didattico che abbiamo chiamato “Con le lenti di Gramsci”.

Gramsci tra ricerca e didattica

La realizzazione a Bari del Convegno internazionale di studi gramsciani ci ha convinto a rompere ogni indugio. L’occasione di sperimentare un rapporto più stretto tra ricerca e didattica non andava persa. Così, all’interno di un convegno che ha raccolto gli esiti accademici di qualificati studi sul pensiero gramsciano, abbiamo proposto anche gli esiti di laboratori didattici immaginati da insegnanti e studenti che si sono confrontati direttamente con gli scritti gramsciani.

In questo modo i relatori presenti al convegno hanno potuto verificare direttamente cosa può prodursi nell’incontro tra Gramsci e giovani di oggi, studenti e docenti hanno potuto confrontare gli esiti del loro percorso didattico e di ricerca con i relatori del convegno. In comune vi era l’obiettivo di comprendere se ed entro quali limiti il pensiero gramsciano potesse costituire una chiave di lettura utile per comprendere aspetti, tendenze, problemi del presente accelerato e globale che viviamo.

Gli esiti del dibattito nell’ultima sessione del convegno, così come dei percorsi didattici qui presentati, la partecipazione appassionata e attiva degli studenti, gli interrogativi e le prospettive di analisi sollevate, che certo non pretendono di essere esaustive, ci inducono a pensare che la sfida di portare Gramsci nelle scuole non sia una sfida impossibile. Anzi, la ricchezza e la poliedricità degli scritti gramsciani – animati da una rigorosa tensione morale e conoscitiva, da una curiosità mai superficiale e dall’analisi impietosa di ogni ostacolo alla partecipazione piena e consapevole, individuale e collettiva, alle sfide dei propri tempi – li rende una palestra assai efficace per attività laboratoriali di vario tipo.

Trasformazioni didattiche

Si tratta di scritti dai quali emerge una intensa riflessione, un modo peculiare di analizzare la storia e di affinare le “lenti” con cui leggere la realtà, intorno al problema chiave della lotta politica come lotta per l’egemonia, attraverso cui le classi subalterne possono diventare classi dirigenti.

Sebbene in continuo divenire, il pensiero gramsciano contiene dunque una sistematicità che lo rende un “modo” peculiare e riconoscibile di condurre la riflessione. Gramsci lo chiamerà “filosofia della prassi”. Quel che interessa in questa sede è la possibilità di considerare il suo approccio alla riflessione come “metodo” (filosofico).

Da qui siamo partiti per mettere alla prova la metodologia della “trasformazione didattica” proposta da Johannes Rohbeck per la didattica della filosofia, che, con opportune mediazioni, potrebbe essere estesa ad altre discipline. Un metodo (o corrente filosofica) è tale, secondo Rohbeck, se si configura come strumento di pensiero, con determinate caratteristiche e procedure, orientato a conseguire determinati scopi (teoretici). L’idea di base è di trasformare questi modi di condurre il pensiero, queste procedure, ecc. in pratiche che possano essere apprese e utilizzate in modo autonomo, come “competenze metodologiche”:

In primo luogo, l’insegnante dovrebbe spiegare questi metodi e generare una consapevolezza metodologica. In secondo luogo, è necessario mostrare la molteplicità dei metodi (..). E, in terzo luogo, le competenze metodologiche devono essere esplicitamente messe nelle mani degli studenti e delle studentesse. (…) Così potremo vedere come i metodi non sono solamente delle capacità tecniche, ma degli atteggiamenti fondamentali (Grundhaltungen) del filosofare[6].

Nel caso di Gramsci siamo di fronte ad un pensatore e politico che fonda le sue riflessioni su un determinato modo di guardare e di interrogare il tempo storico, cioè di elaborare il rapporto tra presente, passato e futuro. Non è certo l’unico modo possibile, ma uno dei modi possibili. Forse possiamo considerare come competenze storiche fondamentali non solo le competenze (tecniche) che riguardano  il rapporto con le fonti documentarie, ma anche quelle che riguardano gli atteggiamenti fondamentali della riflessione storica.

Da una parte si possono trasformare gli approcci storiografici in metodi da mettere nelle mani degli studenti, dall’altra si può generare una consapevolezza metodologica più generale. Nell’età della memoria e degli usi pubblici della storia bisognerebbe essere in grado di riconoscere sia gli abusi sui contenuti, sia il nesso tra scelta dei contenuti, metodi e approcci interpretativi.

La proposta didattica

Provare a “mettere le lenti di Gramsci” in questo progetto didattico ha significato prima di tutto confrontarsi con i suoi testi; in secondo luogo, mettere gli studenti in condizione di utilizzare in maniera autonoma e consapevole il modo di pensare gramsciano; in terzo luogo spingerli a trovare una forma collettiva in cui esprimere gli esiti, gli effetti, gli interrogativi nati da questo incontro con Gramsci.

Si creano così le condizioni per una didattica in cui le competenze rappresentano l’esito stesso del rapporto con il tema oggetto di studio. Rohbeck definisce questo metodo di mediazione didattica come “metodo abduttivo”, intendendo con “abduzione” (alla Peirce) una metodologia controllata di applicazione di un principio generale ad una situazione concreta. Gli studenti e le studentesse, infatti, a partire dalle loro concrete esigenze di comprensione del presente, mettono alla prova le “lenti” di Gramsci e sono indotti a compiere una serie di operazioni:

  • maneggiare un modo di pensare la storia
  • duplice contestualizzazione: il presente di Gramsci, il loro presente
  • cooperare per il prodotto finale
  • problem solving: è possibile applicare le categorie interpretative gramsciane oggi?

Come mostrano i laboratori didattici qui presentati, la poliedricità degli scritti gramsciani consente di immaginare percorsi assai diversi tra loro. In tutti i casi – che si tratti di partire dalle sue riflessioni sul rapporto tra scuola e lavoro, o di mettere alla prova le sue analisi sull’organizzazione del lavoro fordista, o di applicare categorie interpretative (egemonia, subalterni, populismo, ecc.) – la proposta di mettere le “lenti di Gramsci” ha motivato tanto la prima fase di ricerca e approfondimento sul contesto storico in cui visse il pensatore sardo, tanto la seconda fase di dialogo a distanza con Gramsci su caratteri, aspetti e contraddizioni della contemporaneità.

Il nesso con il presente in questo caso si è rivelato cruciale per il buon esito di questi percorsi, in cui la storia incrocia altre discipline (a seconda del tema scelto) e contribuisce a promuovere le cosiddette competenze di cittadinanza.

Apprendimento attivo, creativo, trasformativo

Agli inizi del XXI secolo, nella contemporaneità globalizzata in cui viviamo, siamo alle prese con un processo di continua ridefinizione delle identità, che influenza anche le modalità di apprendimento dei più giovani. Il processo di formazione identitaria non solo è più instabile, ma dura molto di più che in passato (lunga adolescenza), coinvolgendo tutte le dimensioni identitarie, individuali, psicologiche, sociali.

An example of personal identity and part identity (Illeris, 2014, p. 76)

A partire da queste riflessioni, Illeris[7] estende e ripensa la teoria dell’apprendimento trasformativo di Mezirow[8]. In relazione ai diversi contesti, alle gerarchie di rilevanza degli studenti, alla loro ricerca identitaria, un percorso didattico può sollecitare diversi tipi di apprendimento: accumulativo, assimilativo, adattativo o trasformativo.

Oggi più che mai, sostiene Illeris, occorre attivare percorsi e strategie che consentano di dispiegare tutte le potenzialità dell’apprendimento, comprese quelle trasformative. Ci piace pensare che ad un apprendimento di questo tipo pensasse Gramsci per l’ultima fase della sua “scuola unitaria”, quella della cosiddetta “scuola creativa”, “il coronamento della scuola attiva”, in cui:

l’apprendimento avviene specialmente per uno sforzo spontaneo e autonomo del discente, e in cui il maestro esercita una funzione di guida amichevole come avviene o dovrebbe avvenire all’Università. Scoprire da se stessi, senza suggerimenti e aiuti esterni, una verità è creazione, anche se la verità è vecchia, e dimostra il possesso del metodo; indica che in ogni modo si è entrati nella fase della maturità intellettuale in cui si possono scoprire verità nuove[9].

La sfida di misurarsi con i suoi scritti e di indossare le lenti di Gramsci ha spinto studenti e studentesse ad una ricerca personale e collettiva che li ha spinti a maneggiare, adattare, trasformare modo di pensare il tempo storico. In alcuni casi, forse, hanno saputo guardare in modo “creativo” al presente e scoprire “verità nuove”.

Padroneggiare contenuti e metodi

Nei percorsi proposti la “trasformazione” didattica non è certo intesa nel senso tradizionale, come semplificazione e riduzione dei contenuti disciplinari “ad uso” didattico. Come abbiamo visto sopra, si tratta invece di coniugare la padronanza dei contenuti e delle procedure con cui si costruisce la conoscenza storica, con la capacità di maneggiare la riflessione teorica e gli approcci interpretativi alla storia. Oggi che la storia è coinvolta nella competizione con svariati usi pubblici e politiche della memoria, è necessario quindi costruire una consapevolezza storica che si muova su due piani: la capacità di ricostruire un contesto storico e la capacità di decostruire le diverse tipologie di riflessione e di narrazione storica[10].

I percorsi

I percorsi che presentiamo hanno una struttura analoga, che potremmo sintetizzare in questo modo:

  1. Lavoro sulle preconoscenze: rilevazione del sapere pregresso e prima problematizzazione
  2. Lezioni di presentazione, motivazione e di collegamento fra le varie parti
  3. Divisione in gruppi e lavoro di ricerca (su documenti di vario genere, su brani storiografici, su materiali tratti dal web)
  4. Produzione finale e discussione problematizzante

La ricerca viene effettuata su dossier già preparati dal docente (e che alleghiamo), composti da brani ricavati dai Quaderni e da altre fonti documentarie; da brani di letteratura storica. In alcuni casi si è previsto l’uso di fonti filmiche o di materiali ricavati dal web. Nello schema seguente, mettiamo in evidenza i focus storici, che permetteranno di individuare il momento di inserimento di questi percorsi nella programmazione. In ogni caso, visto che ognuno di questi affronta aspetti della società contemporanea di forte impatto nella vita dei ragazzi (dalle vicende politiche attuali agli orizzonti lavorativi), si potrà prevedere un loro uso in diversi momenti dell’ultimo anno di studi. Infine, il carattere interdisciplinare di questi percorsi consente di costruire un monte ore misto, con gli apporti delle varie discipline convocate.
Nello schema riassumo le caratteristiche salienti dei diversi percorsi

Focus storici Materiali di lavoro Collegamenti interdisciplinari
G. Colantuono

 

Siamo in grado di comprendere i subalterni?

Subalterni. Da Roma, al Medioevo, ai subalterni di età contemporanea (Ottocento e Novecento) Lezioni

Documenti scritti

Prodotto finale: simulazione di una trasmissione radiofonica

Educazione interculturale

Educazione alla cittadinanza

Filosofia

N. Leporino, V. Patruno

 

Dal Gorilla ammaestrato alla società 5.0

Fordismo

Taylorismo

Postfordismo

Rivoluzione digitale

Lezioni

Documenti scritti

Documenti visivi

Testi storiografici

Produzione finale di un video

Educazione alla cittadinanza

Filosofia

Economia

L. Palladino

 

Gramsci e Laclau: l’egemonia dalla classe al popolo?

 

Russia pre e post rivoluzionaria

Europa postbellica

Situazione politica attuale (populismo)

Lezioni

Documenti scritti

Ricerca web

Uso chat e ppt

Educazione alla cittadinanza

Filosofia

Diritto

 

A. Lovecchio

 

Caro Nino, ti scrivo.

Il giorno che ho indossato i tuoi occhiali

Scuola e formazione;

Scuola e lavoro;

La quotidianità (famiglia, sport, gioco, affetti, ecc.)

Ruolo degli intellettuali

Lezioni

Documenti scritti

Produzione finale di un cortometraggio e di una epistola corale

Educazione alla cittadinanza

Filosofia

Pedagogia


Note:

[1] prot. n. 4915 del 4-5-2017

[2] inserire link al saggio nel dossier

[3] inserire link ad intervista nel dossier

[4] Rinvio a saggio su Baldacci, cit. p. 196 tratta da Q8, 204 (febbraio-marzo 1932).

[5] Per una descrizione dell’intero percorso cfr. Annalisa Caputo, L’urgenza dell’inattuale, Loghoi.ph, III, 7, 2017, https://drive.google.com/file/d/0B0HtEhq1uw44cjZ4Um5WT2FiTUE/view

[6] …p.152

[7] Knud Illeris, Transformative learning and identity, “Journal of Transformative Education” 12.2 (2014): 148-163; Id., Transformative learning and identity, Routledge, 2014

[8] Secondo Mezirow, che si è occupato prevalentemente di educazione degli adulti e delle donne in particolare, l’apprendimento può avvenire in quattro modi, attraverso: l’adattamento degli schemi interpretativi già posseduti, la formazione di un nuovo schema interpretativo, la trasformazione degli schemi interpretativi, oppure una radicale riorganizzazione dei significati. L’ultimo tipo di apprendimento è “trasformativo”. Mezirow J. (2009), An overview on trasformative learning, in Illeris K. (eds), Contemporary Theory of Learning, Routledge, pp. 90-105; Id., (2016), La teoria dell’apprendimento trasformativo. Imparare a pensare come un adulto, Raffaello Cortina, Milano.

[9] Gramsci A., Quaderni dal carcere, Einaudi,1975, quaderno 12, pp. 1537-38.

[10] A. Korber, Historical consciousness, historical competencies – and beyond? Some conceptual development within German history didactics, 2015, 56 S, URN: urn:nbn:de:0111-pedocs-108118.

Dati articolo

Autore:
Titolo: La didattica come trasformazione
DOI: 10.12977/nov245
Parole chiave: , ,
Numero della rivista: n.10, agosto 2018
ISSN: ISSN 2283-6837

Come citarlo:
, La didattica come trasformazione, Novecento.org, n. 10, agosto 2018. DOI: 10.12977/nov245

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