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Gramsci e Laclau: l’egemonia dalla classe al popolo?

Gramsci e Laclau: l’egemonia dalla classe al popolo?

La fontana della solidarietà a Cali. Foto di JuanadearcolalocaOwn work, CC BY-SA 4.0, Link

Abstract

Il percorso degli studenti provenienti da tre diverse quinte classi (corsi A, B, F) del liceo classico “Q. Orazio Flacco” di Bari è partito dalla “politica vissuta” nella loro esperienza di tutti i giorni. Poi ci siamo avvicinati a Gramsci, attraverso i Quaderni del carcere, per ricostruire categorie chiave della sua riflessione (egemonia, moderno principe, guerra manovrata e guerra di posizione, struttura e sovrastruttura, ideologia) dentro l’universo – così distante per loro – della politica novecentesca.  Alla fine il lavoro si è focalizzato sul confronto dell’efficacia della “cassetta degli attrezzi” gramsciana con quella del neopopulismo di Ernesto Laclau. La conseguente scelta del tema (L’egemonia dalla classe al popolo?), il dossier dei documenti, le fasi del percorso, l’elaborazione collettiva del prodotto finale, così come i problemi e gli interrogativi emersi, esprimono gli esiti di questo incontro con Gramsci “in compagnia di Laclau”.


Impostazione del lavoro

L’ idea è stata di partire dalla concreta “esperienza della politica” degli studenti.

E’ apparso subito chiaro, infatti, che una proposta didattica centrata sullo studio di Gramsci doveva fare i conti con la diffusa “lontananza”, se non “disaffezione”, degli adolescenti di oggi rispetto alla politica e a qualsiasi “discorso politico”, o forse e più precisamente, con  la distanza di Gramsci dalla “politica” di cui i ragazzi oggi hanno esperienza, dal “vissuto politico” delle generazioni che in questi anni frequentano la scuola superiore e il liceo.

Vi era innanzitutto la questione del marxismo, anzi dei marxismi novecenteschi. Leggere Gramsci sembrerebbe essere possibile solo a patto di possedere determinati “prerequisiti di conoscenza”: su Marx e il marxismo della Seconda e della Terza Internazionale in filosofia e sulla rivoluzione bolscevica e la crisi post-bellica in Europa per quanto riguarda la storia. Inoltre, è stato necessario mettere a punto concetti e categorie chiave di un intero universo della politica novecentesca, a partire da quello di “classe”, di “nazional-popolare”, di “populismo”.

Due scelte di fondo hanno accompagnato la progettazione del percorso, tese a valorizzare le peculiarità della formazione liceale e classico-umanistica, nonché il rapporto tra storia e filosofia:

1) Andare “alla scoperta” del testo scritto, nel senso di porsi come obiettivo un percorso di ricerca basato sul privilegio assegnato alla parola scritta, stabilendo preliminarmente che la ricerca e l’esame di testi non verbali, immagini, filmati, ecc. avrebbe avuto uno spazio “residuale” di supporto e illustrazione del testo scritto. Anche per l’elaborato finale, di conseguenza, si è concordato con gli studenti di privilegiare il linguaggio verbale e la scrittura. Nello specifico, ci si è riproposti un approccio alla “scrittura politica” e al genere letterario particolare dei Quaderni.

2) Il lavoro ha avuto una forte connotazione “teorico-concettuale”. Si è cioè basato sull’esplorazione e sulla verifica dell’efficacia del sistema di concetti centrato sul tema gramsciano dell’egemonia. E’ stato possibile così rendere più “flessibile” la sequenza degli argomenti, partendo dal “Marx novecentesco” di  Gramsci e dal “Marx post-novecentesco” e “post-marxista” di Laclau e guardando quindi ad una fase cruciale della storia del Novecento “con i loro occhi”, ovvero secondo una stimolante – per i ragazzi –  prospettiva “attualizzante” e retrospettiva.

Il percorso didattico

Il percorso si è venuto definendo secondo questa articolazione:

  1. In partenza ci si è proposti di individuare quali sono le “lenti spontanee” di cui gli studenti si servono (nel presente della loro esperienza), ovvero in cosa consiste, di che cosa è fatta, la “politica vissuta”, il “vissuto politico” dei nostri giovani studenti. Questo per arrivare all’esame della scena politica attuale e dei movimenti e leader populisti che ne sono protagonisti.
  1. Siamo passati quindi al lavoro sui necessari “prerequisiti di conoscenza” relativi al pensiero di Marx, alla rivoluzione bolscevica e al crisi post-bellica europea, con particolare riferimento all’ Italia, per contestualizzare il pensiero politico gramsciano.
  1. La terza sequenza ha previsto l’individuazione di alcune “parole-chiave” del lessico gramsciano, la ricostruzione dei relativi significati e di una rete concettuale connessa al tema centrale dell’egemonia (con relativa elaborazione di schemi e mappe concettuali), dunque delle tesi e della struttura argomentativa a sostegno delle stesse.
  1. A questo punto abbiamo provato a guardare oltre l’epoca di Gramsci, avviando una “escursione”, sia pure piuttosto sommaria, nei testi del Laclau, partendo da alcune pagine nelle quali il filosofo argentino si confronta direttamente con Gramsci, e in particolare con il Gramsci teorico dell’egemonia. In questa fase è emersa la questione attuale e “sensibile” del populismo, delle sue forme, delle sue interpretazioni.
  1. Al “culmine del lavoro” si è così stabilito di sottoporre gli studenti ad “esame oculistico”, cercando di scoprire se vedevano “meglio” “da vicino” ovvero “da lontano”. Fuor di metafora: lo sguardo rivolto al presente (con gli eventi e i fenomeni politici che lo caratterizzano) si fa più acuto utilizzando gli strumenti teorici forniti dai Quaderni gramsciani o dall’ opera di Laclau? Utilizzando lenti gramsciane o inforcando quelle fornite dal neo-populismo di Ernesto Laclau?

Ecco lo schema del lavoro

  1. L’ esperienza spontanea della politica o “la politica vissuta”; movimenti e partiti populisti (protagonisti della scena politica contemporanea in Italia);
  2. Prerequisiti di conoscenza;
  3. Gramsci teorico dell’ egemonia;
  4. Il populismo in Gramsci e Laclau;
  5. Gramsci e Laclau: l’egemonia dalla classe al popolo?
La politica vissuta dagli studenti, ovvero il populismo

Si è dato avvio al lavoro realizzando una sorta di “incontro seminariale” e invitando gli studenti a esporre e “raccontare” (anche col supporto di libri, articoli di giornale, immagini e filmati recuperati dal web o già in loro possesso) le loro opinioni su attori e movimenti protagonisti della scena politica italiana. Cosa è emerso? L’assenza di coordinate di classe propriamente dette, direi quasi la totale scomparsa di qualsiasi riferimento alla “lotta di classe”, ovvero alle radici economiche delle controversie e dei conflitti politici, nonché l’assenza diffusa di riferimenti a precisi ambiti sociali e produttivi.

La politica per gli studenti è prevalentemente quella mediatica, i suoi attori sono i leader politici, gli interlocutori “i cittadini” più o meno attivi, i temi quelli legati a fenomeni che per rilevanza e diffusione sembrano impressionare e attrarre maggiormente l’attenzione dell’opinione pubblica (immigrazione, razzismo, islam, terrorismo, diritti civili, sovranismo e antieuropeismo).

La discussione si è così concentrata quindi su uno dei fenomeni più recenti e dirompenti nel panorama della politica italiana: il Movimento 5 stelle e il suo leader Beppe Grillo. Per “studiare il caso” i ragazzi hanno analizzato alcune dichiarazioni del comico sul web e letto alcune pagine di tre libri: Alessandro Dal Lago, “Clic! Grillo, Casaleggio e la demagogia elettronica”; Marco Revelli, “Populismo 2.0”, oltre ad alcune parti del libro di Grillo-Casaleggio, Siamo in guerra. Per una nuova politica (citati in biblio).

È emersa la contraddittorietà dell’uso del web da parte degli stessi grillini, ovvero del mito della democrazia diretta digitale, caratterizzata dal contatto diretto del leader con i cittadini, senza la mediazione dei partiti e del sistema della rappresentanza, ovvero senza il filtro dei media “ufficiali” e basato sull’appello al popolo contro tutte le oligarchie e i poteri forti e privo di qualsiasi traccia di prospettiva “classista”.

Il web si dimostra, in sostanza, uno strumento formidabile per quell’andare verso il popolo, assumendone anche alcune esigenze, che costituisce per Gramsci una delle caratteristiche essenziali dei populismi, che merita attenzione. Ma Gramsci vede nei movimenti populisti anche una risposta inadeguata all’emancipazione delle masse popolari.

Lo stesso pensiero gramsciano viene “utilizzato” nel dibattito contemporaneo sia a favore sia contro il movimento 5 stelle, come emerge da queste due opere in rete:

La politica “con le lenti” di Gramsci e Laclau

Dopo il primo incontro siamo passati alla messa a punto dei prerequisiti per affrontare la lettura dei diretta dei testi. Nei mesi tra settembre e metà novembre, che costituiscono la fase di avvio dell’anno scolastico, una classe di liceo dell’ultimo anno molto difficilmente ha già affrontato lo studio del pensiero di Marx, della rivoluzione bolscevica, della crisi post-bellica e del fallimento della prevista “rivoluzione europea”.

Pertanto agli studenti, organizzati in micro-gruppi, è stato affidato il compito di una lettura selettiva dei manuali scolastici, ovvero di “schede lessicali gramsciane” relative ad alcuni concetti fondamentali, tratte dal libro di Frosini-Liguori, Le parole di Gramsci, nonché del capitolo “Il manoscritto. Gramsci, Quaderni del carcere”, tratto dal manuale scolastico Il discorso filosofico, Bruno Mondadori, vol. 3b. Da questo manuale si è potuta tra l’ altro recuperare una sintetica analisi delle peculiarità del genere letterario entro il quale i Quaderni sono collocabili.

Il confronto sui risultati di questo lavoro e la loro integrazione, nonché le necessarie delucidazioni da parte del docente, sono stati realizzati “in corso d’opera”, innanzitutto attraverso una “chat-Gramsci” appositamente creata, che si è rivelata uno strumento assai utile in tutte le fasi del lavoro.

Considerando infine l’esigenza di un sistema efficace di comunicazione e illustrazione del lavoro svolto si è deciso unanimemente che essa sarebbe avvenuta per mezzo di un ppt.

Lettura e progettazione

A questo punto si è trattato di dare avvio al vero e proprio lavoro di lettura dei testi da parte  degli studenti, per poter poi passare alla progettazione e alla realizzazione del PPT. Sono stati formati tre sottogruppi sulla base della spontanea convergenza dei diversi studenti verso un aspetto specifico del percorso progettato.

L’ insegnante ha indicato agli studenti i seguenti nuclei discorsivi, a partire dai quali avviare la lettura dei testi:

primo gruppo: la Russia prerivoluzionaria, la rivoluzione bolscevica, l’egemonia come dittatura del proletariato secondo Lenin; l’ Europa post-bellica e la rivoluzione fallita; Gramsci: guerra di movimento e guerra di posizione, la rivoluzione in Occidente;

secondo gruppo: il concetto gramsciano di egemonia e la rielaborazione della dottrina marxiana del rapporto struttura-sovrastruttura, l’ intellettuale come “funzionario dell’ egemonia”; Gramsci e la teoria del “moderno principe” (Machiavelli e Sorel);

terzo gruppo: Laclau e l’ “egemonia populista”, le critiche a Gramsci; dalla prospettiva di classe al “popolo antagonista”, i significanti vuoti, la logica equivalenziale, la funzione del “nome del capo”.

Materiali per costruire “le lenti di Gramsci”

Si è partiti, naturalmente, dai prerequisiti indicati più sopra.

Il docente ha successivamente distribuito agli studenti delle schede di un “lessico gramsciano” relative a termini e concetti-chiave per il percorso: egemonia, partito (moderno principe), intellettuali. Da queste schede gli studenti hanno tratto delle mappe concettuali, collegate poi in una macro-mappa riassuntiva. Si è quindi passati alla lettura dei Quaderni, per chiarire ed approfondire le conoscenze acquisite; sono stati quindi letti (con l’assistenza “via chat” dell’insegnante) i seguenti passi:

L’egemonia: Quad.1, parr. 44 e 48: si è fatto emergere il differente modo di intendere l’ egemonia da parte di Lenin, nel contesto particolare della rivoluzione bolscevica.

Struttura e sovrastruttura: Quad.4, parr. 15 e 38: si è messo l’uso gramsciano dell’espressione “rapporti di forza”, inteso a superare i rischi di “determinismo economicistico” insiti nella controversa dottrina marxiana della “determinazione in ultima istanza”.

L’intellettuale collettivo: Quad.4, par. 49: l’ intellettuale e il partito come intellettuale collettivo.

Guerra manovrata e guerra di posizione: Quad.6, par. 138: si è individuata la differente concezione della rivoluzione insita in questa coppia concettuale gramsciana, con riferimento alle diverse caratteristiche del contesto “orientale” della Russia prerivoluzionaria e di quello “occidentale” della crisi europea post-bellica.

Il moderno Principe: Quad.8, par. 21 e Quad.13, par.1: Si è avviato uno stimolante collegamento con Il Principe di Machiavelli, la dottrina soreliana dello “sciopero generale” e quella di Laclau del “nome del capo” come “significante vuoto”.

Anche la lettura di questi testi, come per quelli seguenti di Laclau, è stata accompagnata dalla elaborazione di mappe concettuali e schemi di sintesi, atti a mettere a punto le nostre “lenti concettuali”.

Materiali per costruire le “lenti di Laclau”

Lo spartiaque gramsciano: Egemonia e strategia socialista, cap.II.

La ragione populista, cap.IV, “Il popolo e la produzione discorsiva del vuoto”.

Il primo testo ha consentito agli studenti di individuare, entro l’ importanza attribuita da Laclau alla concezione della politica come “lotta per l’egemonia”, le critiche mosse a Gramsci. Nel pensatore sardo rimarrebbe un residuo di “essenzialismo”, ovvero di economicismo, legato alla dottrina marxiana della dipendenza “in ultima istanza” della sovrastruttura dalla struttura.

Leggendo i brani della Ragione populista i ragazzi hanno potuto poi meglio mettere a fuoco la concezione populista dell’egemonia proposta da Laclau: il popolo al posto delle classi, l’eterogeneità del popolo e la costruzione del soggetto politico secondo una logica “equivalenziale” e in base al meccanismo di identificazione fornito da un “significante vuoto”: il “nome del capo”.

Occorre notare che c’è stato un supplemento di discussione, nato dalla proposta di uno studente di inserire nel lavoro di studio e di ricerca anche un riferimento alla “moltitudine”, intesa come soggetto politico alternativo alla classe gramsciana e al popolo di Laclau.

Dalla “chat-Gramsci” agli incontri seminariali

La regia dell’insegnante è stata fatta utilizzando la “chat – Gramsci”, così come i contatti tra i ragazzi, diretti tra l’altro a mettere in sincronia le varie parti del lavoro.

Dalla lettura i ragazzi hanno ricavato, sottoponendoli via via all’ insegnante, una serie di schemi di sintesi e, successivamente, sulla base degli schemi, hanno avviato l’ideazione delle diverse slide che dovevano alla fine dar vita al power point. In un secondo momento, con la stessa organizzazione del lavoro, è stata fatta l’ individuazione di foto e immagini a corredo dei testi verbali delle slide.

In due successive occasioni si sono invece tenuti “incontri collegiali” presso i locali della biblioteca della scuola, tesi a rivedere l’insieme del lavoro e a metterne a punto i particolari. L’ ultimo incontro ci ha consentito di arrivare alla scelta condivisa e definitiva del titolo del lavoro.

Inforcare le “lenti di Gramsci e di Laclau”

Siamo giunti in questo modo alla parte finale del lavoro, nel quale gli studenti hanno dovuto “inforcare” le doppie lenti e provare ad usarle. Perciò, il docente ha chiesto loro di cimentarsi nella elaborazione di “giudizi politici” relativi ad eventi passati e alla realtà politica del presente.

È stato dunque realizzato un “incontro seminariale plenario”, durante il quale il docente ha fatto da “conduttore-moderatore”.

Attraverso le sue domande, l’attenzione degli studenti si è concentrata sugli “eventi lontani” della rivoluzione comunista in Russia, una rivoluzione “riuscita”, e sulle “rivoluzioni fallite” nell’ Europa del primo dopoguerra, in particolare sul “biennio rosso” italiano. Gli studenti si sono (of course!) divisi in due “partiti”: gramsciani e laclauiani. Invece, quando sono stati invitati a indirizzare il loro sguardo munito delle doppie lenti sul presente storico, hanno trovato molto più “adatte” le lenti di Laclau: nei fatti politici, nelle notizie dei media, nel riferimento ai fenomeni, ai dibattiti, alle lotte e ai movimenti che occupano la scena politica presente, non sono infatti riusciti a riconoscere le coordinate gramsciane di lettura della realtà.

Soprattutto non hanno trovato traccia di classe operaia, o di qualsiasi altra classe, capace di conquistare l’egemonia nella società, ovvero di farsi classe dirigente, rendendo il proprio progetto di società e il proprio sistema di valori “nazionale”, condiviso da un blocco sociale maggioritario. La frammentazione e la molteplicità di differenti situazioni che caratterizza la complessità della società contemporanea è sembrata più leggibile in termini di opposizione tra “il potere” e “il popolo”, ovvero come  lotta populista per l’egemonia, per la costruzione politica di un popolo. Un disaccordo con Laclau è emerso, nel caso di alcuni studenti, sulla funzione positiva del leader il quale – che si tratti di Grillo o di Berlusconi o di Renzi – quando  entra in scena, è stato sostenuto, fa scattare negativi “istinti gregari” e massificanti, piuttosto che promuovere positivi processi di identificazione collettiva.

Torna alla fine un interrogativo tipicamente gramsciano sulle ideologie politiche populiste: costituiscono uno strumento reale di emancipazione? In che misura le masse popolari divengono capaci di dirigere la vita politica e culturale del paese, oppure divengono oggetto di operazioni “dall’alto”?

Come è stato osservato, infatti, Gramsci riflette non solo sulla parabola storica dei populisti russi, ma utilizza il termine populismo anche in una accezione più affine all’uso contemporaneo, come forma di avvicinamento culturale e politico al popolo meritevole di analisi e attenzione, a volte “per riferirsi a emergenze di stampo borghese e persino conservatore rivolte al popolo”[1].

Un frammento di discussione

Per farsi un’idea del dibattito, riportiamo un frammento di discussione, svoltosi nei seminari collettivi:

La Rivoluzione russa con le lenti di Gramsci e Laclau

Per i “gramsciani” la rivoluzione in Russia è riuscita vittoriosa poiché Lenin ha indovinato la “mossa giusta”, mettendo in atto un colpo di mano che, in una situazione di debolezza e di sfascio dell’ apparato dello stato e di inconsistenza della società civile e di una  opinione pubblica informata, ha portato i bolscevichi a diventare padroni della situazione. L’ opposto è accaduto in Italia, in particolare durante il “biennio rosso”, poichè gli operai delle fabbriche occupate sono rimasti isolati dal resto della società, diversamente complessa e articolata rispetto a quella della Russia contadina, e caratterizzata dalla presenza di una estesa borghesia capitalistica  ed una consistente fascia di ceti medi, generalmente ostili alla classe operaia e propensi, dopo l’ esperienza della grande guerra, a soluzioni politiche antiliberali.

I laclauiani, viceversa, hanno formulato giudizi sostanzialmente negativi sulla rivoluzione bolscevica come sulla fallita rivoluzione in Occidente; in particolare hanno giudicato come “settaria” e quindi necessariamente destinata ad una involuzione in senso autoritario la rivoluzione russa. La dittatura della classe operaia e il ricorso alla forza da parte del partito comunista sarebbero le manifestazioni di un “riduzionismo economicistico” e di una “metafisica del partito” detentore della “verità della storia”. Spia di questo “operaismo integralista” sarebbero state le forti tensioni manifestatesi nelle campagne e l’ ostilità contadina immediatamente successive al 1917.

Dossier dei documenti: citazioni dai testi e slide degli allievi

1. Partiti e movimenti populisti in Italia

a) il populismo come sintomo

“Democrazia e populismo hanno la radice in comune. Demos in greco e populus in latino rinviano allo stesso soggetto: il popolo.  Dunque a un destino in buona misura comune: quando il popolo <sta male> anche la democrazia soffre…Per questo qui si discuterà del populismo come <sintomo> di un male più profondo…la manifestazione esterna di una malattia di quella forma contemporanea della democrazia…che è la Democrazia rappresentativa. Ogniqualvolta una parte del <popolo> o il popolo tutto non si sente rappresentato, ritorna in un modo o nell’ altro un qualche tipo di reazione cui si è dato il nome di <populismo>. … E come <malattia senile della democrazia> oggi, quando l’ estenuazione dei processi democratici e il ritorno in forze di dinamiche oligarchiche nel cuore delle democrazie mature rimettono ai margini o tradiscono il mandato di un popolo rimasto <senza scettro> … la <sindrome populista> è il prodotto di un deficit di rappresentanza.”

M. Revelli, Populismo 2.0, Giulio Einaudi, Torino 2017, pagg. 3 – 4

b) l’ inno ufficioso del Movimento 5 Stelle

Ognuno vale uno
Non siamo un partito, non siamo un casta,
siamo cittadini punto e basta!
Ognuno vale uno, ognuno vale uno, ognuno vale uno,
vale, vale, uno!
C’ è un movimento senza capi né padroni,
puoi trovarlo sotto la voce non associazioni,
una rete di persone in connessione diretta,
siamo il popolo del web in diretta con le webcam.
E ci battiamo per le fonti rinnovabili,
energia pulita, pannelli fotovoltaici;
per l’ acqua pubblica e i diritti del cittadino,
stop al nucleare! Lo capisce anche un bambino!
Internet libero, gratis per ogni singolo,
l’ informazione è un mio diritto e lo rivendico.
Destra e sinistra sono solo congetture,
non si arrenderanno mai! Ma gli conviene? Noi neppure!
Il merito va a chi, di città in città,
supporta il movimento, organizza dei meet-up,
le liste civiche, la Carta di Firenze, V-DAY,
la controinformazione indipendente.
Chi lotta per avere il parlamento pulito,
il Wi-Fi garantito in uno stato di diritto,
democrazia dal basso,liberaci dal canone!
Mandiamoli a casa e poi rovesciamo la piramide.
Non ce la faccio più, voglio una pista ciclabile,
zero emissioni, un’ aria respirabile,
dico no, al ponte no, TAV, sono sciagure,
non si arrenderanno mai! Ma gli conviene? Noi neppure.

c) cyberpopulismo grillino

“La rete. Ambiente fondamentale, sostituisce la vecchia opinione pubblica dell’ era predigitale. In quanto risorsa, la rete offre legittimazione a chi agisce in suo nome, perche virtualmente universale, <naturalmente> democratica e quindi politicamente legittima. In rete <ognuno vale uno>, <chiunque> può dire la sua ecc. Indipendentemente da quanti sono stati i partecipanti (poche decine di migliaia) alle <parlamentarie>, queste, per il solo fatto di essersi svolte in rete, sono più legittime di qualsiasi altra forma di selezione dei rappresentanti. Come mezzo, la rete funziona infinitamente meglio dei vecchi media, perchè non solo arriva istantaneamente a un pubblico enorme, ma dà a tutti quelli che ne fanno parte la sensazione di essere i veri destinatari dei messaggi. Il blog di Grillo, in particolare, consente <ampie discussioni> dei post ecc.”

A. Dal Lago, Clic! Grillo, Casaleggio e la demagogia elettronica, Cronopio, Napoli 2013, pagg. 62 – 63

“Nella guerra in corso, il vecchio mondo perirà, ma prima di lasciarci userà tutte le risorse a sua disposizione per mantenere i vecchi privilegi e rendite di posizione. La guerra durerà a lungo. In Italia i partiti controllano la società, l’ economia, l’ informazione, il commercio, i trasporti, le leggi e la loro stessa applicazione. Tutto. Sono l’ essenza stessa del vecchio mondo. Per difendersi hanno redatto quantità industriali di leggi contro la Rete. Si credono invulnerabili, ma i cittadini, grazie alla Rete, stanno entrando nel palazzo”.

G. Casaleggio – B. Grillo, Siamo in guerra. Per una nuova politica, Chiarelettere, Milano 2011, pag. 5

2. Lenin: la dittatura del proletariato

“Marx afferrò perfettamente questa caratteristica essenziale della democrazia capitalistica, quando, nella sua analisi dell’ esperienza della Comune, disse: agli oppressi è permesso di decidere, una volta ogni qualche anno, quale fra i rappresentanti della classe dominante li rappresenterà e li opprimerà in Parlamento!

Ma l’ evoluzione da questa democrazia capitalistica – inevitabilmente ristretta… –  <a democrazia sempre più perfetta>, non avviene così semplicemente, direttamente e senza scosse…avviene passando per la dittatura del proletariato e non può avvenire altrimenti, poiche non v’ è nessuna altra classe e nessun altro mezzo che possa spezzare la resistenza dei capitalisti sfruttatori. … la dittatura del proletariato apporta una serie di restrizioni alla libertà degli oppressori, degli sfruttatori, dei capitalisti. Costoro noi li dobbiamo reprimere, per liberare l’ umanità dalla schiavitù salariata; si deve spezzare con la forza la loro resistenza; ed è chiaro che dove c’ è repressione, dove c’ è violenza, non c’ è libertà, non c’ è democrazia.”

V. I. Lenin, Stato e rivoluzione, Editori Riuniti, Roma 1970, pagg. 162-3

3. Gramsci

a) l’ egemonia

“Il criterio storico-politico su cui bisogna fondare le proprie ricerche è questo: che una classe è dominante in due modi, è cioè dirigente e dominante. E’ dirigente delle classi alleate, è dominante delle classi avversarie. Perciò una classe già prima di andare al potere può essere dirigente (e deve esserlo): quando è al potere diventa dominante ma continua ad essere anche dirigente…Ci può e ci deve essere una egemonia politica anche prima dell’ andata al governo e non bisogna contare solo sul potere e sulla forza materiale che esso dà per esercitare la direzione o egemonia politica.

A. Gramsci, Quaderni del carcere, Quaderno 1, par. 44, Einaudi, Torino 1975, pag. 41

b) l’ideologia

“Le ideologie sono costruzioni pratiche, sono strumenti di direzione politica…per Marx le ideologie sono tutt’ altro che illusioni e apparenza; sono una realtà oggettiva e operante, ma non sono la molla della storia, ecco tutto. Non sono le ideologie che creano la realtà sociale, ma è la realtà sociale, nella sua struttura produttiva, che crea le ideologie…Marx afferma esplicitamente che gli uomini prendono coscienza dei loro compiti nel terreno ideologico, delle superstruttura, il che non è piccola espressione di realtà: la sua teoria vuole appunto anch’ essa far prendere coscienza dei propri compiti, della propria forza, del proprio divenire, a un gruppo sociale…Questo argomento del valore concreto delle superstrutture dovrebbe essere bene studiato…Se gli uomini prendono coscienza del loro compito  nel terreno delle superstrutture ciò significa che tra struttura e superstrutture c’è un nesso necessario e vitale, così come nel corpo umano tra la pelle e lo scheletro…”

A. Gramsci, Quaderni del carcere, Quaderno 4, par. 15, Einaudi, Torino 1975, pagg. 436 – 37

c) gli intellettuali

“Ogni gruppo sociale, nascendo sulla base originaria di una funzione essenziale  nel mondo della produzione economica, crea insieme, organicamente, un ceto o più ceti di intellettuali che gli danno omogeneità e consapevolezza della propria funzione nel campo economico…il rapporto tra gli intellettuali e la produzione non è immediato , come avviene per i gruppi sociali fondamentali, ma è mediato ed è mediato da due tipi di organizzazione sociale: a) dalla società civile, cioè dall’ insieme di organizzazioni private della società, b) dallo Stato. Gli intellettuali hanno una funzione nell’ egemonia, che il gruppo dominante esercita in tutta la società e nel dominio su di essa che si incarna nello Stato e questa funzione è precisamente organizzativa o connettiva: gli intellettuali hanno la funzione di organizzare l’ egemonia sociale di un gruppo e il suo dominio statale…”

A. Gramsci, Quaderni del carcere, Quaderno 4, par. 49, Einaudi, Torino 1975, pagg. 474 – 76

d) guerra manovrata e guerra di posizione (qui rivoluzione bolscevica)

“E’ da vedere se…la teoria della guerra manovrata (sia) … il riflesso delle condizioni generali-economiche-culturali-sociali di un paese in cui i quadri della vita nazionale sono embrionali e rilasciati e non possono diventare trincea e fortezza. … Mi pare che Ilici aveva compreso che occorreva un mutamento dalla guerra manovrata, applicata vittoriosamente in Oriente nel ’17, alla guerra di posizione che era la sola possibile in Occidente, dove, … in breve spazio gli eserciti potevano accumulare sterminate quantità di munizioni, dove i quadri sociali erano di per sé ancora capaci di diventare trincee munitissime. … In Oriente lo Stato era tutto, la società civile era primordiale e gelatinosa; nell’ Occidente tra Stato e società civile c’ era un giusto rapporto e nel tremolio dello Stato si scorgeva subito una robusta struttura della società civile. Lo Stato era solo una trincea avanzata, dietro cui stava una robusta catena di fortezze e di casematte…”

A. Gramsci, Quaderni del carcere, Quaderno 7, par. 16, Einaudi, Torino 1975, pagg. 865 – 66

“La guerra di posizione, in politica, è il concetto di egemonia, che può nascere solo dopo l’ avvento di certe premesse e cioè: le grandi organizzazioni popolari di tipo moderno, che rappresentano come  le trincee e le fortificazioni permanenti della guerra di posizione”

A. Gramsci, Quaderni del carcere, Quaderno 8, par. 52, Einaudi, Torino 1975, pag. 973

e) struttura e sovrastruttura

“L’ errore in cui si cade spesso nell’ analisi storica consiste nel non saper trovare il rapporto tra il permanente e l’ occasionale, cadendo così o nell’ esposizione di cause remote come se fossero quelle immediate, o nell’ affermazione che le cause immediate sono le sole cause efficienti. Da un lato si ha l’ eccesso di economismo, dall’ altro l’ eccesso di ideologismo; da una parte si sopravvalutano le cause meccaniche, dall’ altra l’ elemento volontario e individuale. Il nesso dialettico tra i due ordini di ricerche non viene stabilito esattamente…Un altro aspetto di questo stesso problema è la quistione così detta dei rapporti delle forze…c’ è un rapporto delle forze sociali strettamente legato alla struttura; questo è un rapporto obiettivo, è un dato naturalisticoche può essere misurato coi sistemi delle scienze esatte o matematiche. Sulla base del grado di sviluppo delle forze materiali di produzione avvengono i diversi raggruppamenti sociali, ognuno di essi rappresentando una funzione e una posizione nella produzione stessa. Questo schieramento fondamentale dà la possibilità di studiare se nella asocietà esistono le condizioni sufficienti e necessarie per una sua trasformazione…un momento successivo è il rapporto delle forze politiche, cioè la  valutazione del grado di omogeneità e dki autocoscienza raggiunto dai vari rasggruppamenti sociali. Questo momento a sua volta può essere scisso in diversi momenti…il più elementare è quello economico primitivo…Un secondo momento è quello in cui si raggiunge la coscienza della solidarietà d’ interessi tra tutti i menbri del raggruppamento sociale, ma ancora nel campo puramente economico…fase economico-politica…Un terzo momento è quello in cui si raggiunge la coscienza che i propri interessi corporativi …superano la cerchia corporativa, di raggruppamento economico cioè, e possono e debbono divenire gli interessi di altri raggruppamenti subordinati; questa è la fase più schiettamente politica che segna il netto passaggio dalla pura struttura alle superstrutture complesse, è la fase in cui le ideologie germinate precedentemente vengono a contatto ed entrano in contrasto fino a che una sola di esse, o almeno una combinazione di esse, tende a prevalere, a imporsi, a diffondersi su tutta l’ area, determinando oltre che l’ unità economica e politica anche l’ unità intellettuale e morale, su un piano non corporativo, ma universale, di egemonia di un ragruppamento sociale fondamentale su i raggruppamenti subordinati. Lo Stato-governo è concepito sì come organismo proprio di un raggruppamento, per creare il terreno favorevole alla massima espansione di questo raggruppamento stesso, ma anche questo sviluppo e questa espansione sono visti concretamente come universali, cioè collegati agli interessi dei raggruppamenti subordinati, come uno sviluppo di equilibri instabili tra gli interessi del gruppo fondamentale e quelli dei gruppi subordinati in cui gli interessi del gruppo fondamentale prevalgono ma fino a un certo punto, non cioè almeno fino all’ egoismo economico-corporativo…Evidentemente il fatto dell’ egemonia presuppone che si tenga conto degli interessi e delle tendenze dei raggruppamenti su cui l’ egemonia verrà esercitata, che si formi un certo equilibrio, che cioè il raggruppamento egemone faccia dei sacrifici di ordine economico-corporativo, ma questi sacrifici non posono riguardare l’ essenziale, poiché l’ egemonia è politica, ma anche e specialmente economica, ha la sua base materiale nella funzione decisiva che il raggruppamento egemone esercita sul nucleo decisivo dell’ attività economica. …

E’ da ricordare insieme l’ affermazione di Engels che l’ economia è in ultima analisi la molla della storia…direttamente collegata al brano famoso della prefazione alla Critica dell’ economia politica dove si dice che gli uomini diventano consapevoli del conflitto tra forma e contenuto del mondo produttivo sul terreno delle ideologie. … Perciò occorre combattere contro l’ economismo non solo nella teoria della storiografia, ma anche nella teoria e nella pratica politica. In questo campo la reazione deve essere condotta sul terreno del concetto di egemonia. … ((Questo concetto…sarebbe da ritenere perciò l’ apporto massimo di Ilici alla filosofia marxista…))”

A. Gramsci, Quaderni del carcere, Quaderno 4, par. 38, Einaudi, Torino 1975, pagg. 456 – 65

f) il moderno principe

“Il carattere fondamentale del Principe è quello di non essere una trattazione sistematica ma un libro vivente, in cui l’ ideologia politica e la scienza politica si fondono nella forma drammatica del mito. … Machiavelli…dette alla sua concezione la forma fantastica e artistica, per cui l’ elemento dottrinale e razionale si impersona in un  condottiero, che rappresenta plasticamente e antropomorficamente il simbolo della volontà collettiva. Il processo di formazione di una determinata volontà collettiva, per un determinato fine politico, viene rappresentato…come qualità, tratti caratteristici, doveri, necessità di una concreta persona. … Il Principe del Machiavelli potrebbe essere studiato come una esemplificazione storica del mito sorelliano, cioè di una ideologia politica che si presenta…come una creazione di fantasia concreta che opera su un popolo disperso e polverizzato per suscitarne e organizzarne la volontà collettiva. Il carattere utopistico del Principe è nel fatto che il principe non esisteva nella realtà storica…ma era una pura astrazione dottrinaria, il simbolo del capo, del condottiero ideale…per condurre un popolo alla fondazione del nuovo Stato. … Si può studiare come il Sorel, dalla concezione dell’ ideologia-mito non sia giunto alla comprensione del partito politico, ma si sia fermato alla concezione del sindacato professionale. E’ vero che per il Sorel il mito non trovava la sua espressione maggiore nel sindacato, come organizzazione di una volontà collettiva, ma nell’ azione pratica del sindacato e di una volontà collettiva già operante, azione pratica, la cui realizzazione massima avrebbe dovuto essere lo sciopero generale, cioè un’ attività passiva per così dire, di carattere cioè negativo e preliminare…di un’ attività che non prevede una propria fase attiva e costruttiva. … Può un mitovperò essere non-costruttivo, può immaginarsi…che sia produttivo di effettualità uno strumento che lascia la volontà collettiva nella sua fase primitiva ed elementare del suo mero formarsi, per distinzione…sia pure con violenza, cioè distruggendo i rapporti morali e giuridici esistenti? Ma questa volontà collettiva, così formata elementarmente, non cesserà subito di esistere, sparpagliandosi in una infinità di volontà singole che per la fase positiva seguono direzioni diverse e contrastanti? … Il moderno principe, il mito-principe non può essere una persona reale, un individuo concreto, può essere solo un organismo … Questo organismo è già dato dallo sviluppo storico ed è il partito politico, la prima cellula in cui si riassumono dei germi di volontà collettiva che tendono a divenire universali e totali.”

A. Gramsci, Quaderni del carcere, Quaderno 13, par. 1, Einaudi, Torino 1975, pagg. 1555 – 58

4. Machiavelli: Esortazione a pigliar la difesa di Italia

“Considerando adunque tutte le cose di sopra discorse e pensando meco medesimo se al presente in Italia correvano tempi da onorare uno nuovo principe, e se ci era materia che dessi occasione a uno prudente e virtuoso d’ introdurvi forma che facessi onore a lui e bene alla università degli uomini di quella, mi pare concorrino tante cose in benefizio di uno principe nuovo che io non so qual mai tempo fussi più atto a questo. E se … così, al presente, volendo conoscere la virtù di uno spirito  a barbare; vedesi ancora tutta pronta e disposta a seguire una bandiera pur fussi più stiava che li ebrei, più serva ch’e’ persi, più dispersa che gli ateniesi: sanza capo, sanza ordine, battuta, spogliata, lacera, corsa, e avessi sopportato d’ ogni sorte ruina. … Vedesi come la priega Iddio che li mandi qualcuno che la redima da queste crudeltà e insolenzie barbare; vedesi ancora tutta pronta e disposta a seguire una bandiera pur che ci sia uno che la pigli. Nè ci si vede al presente in quale lei possa più sperare che nella illustre Casa vostra la quale, con la sua fortuna e virtù, favorita da Dio e da la Chiesa della quale è ora principe, possa farsi capo di questa redenzione.

N. Machiavelli, Il Principe, cap. XXVI, Feltrinelli, Milano 1979, pagg. 227-28

5. Sorel: il mito sociale dello sciopero generale

“Non credo che vi siano altri mezzi capaci di mettere fine a questa nefasta influenza dei demagoghi, se non quelli che il socialismo può impiegare diffondendo la nozione di sciopero generale proletario: essa risveglia in fondo all’ anima un sentimento del sublime in relazione alle condizioni di una lotta gigantesca…essa innalza al primo posto l’ orgoglio dell’ uomo libero, ponendo in salvo in tal modo l’ operaio dal ciarlatanismo di capi ambiziosi e avidi di piaceri. … Il proletariato si organizza per la battaglia separandosi distintamente dalle altre parti della nazione, considerandosi come il grande motore della storia, e subordinando ogni considerazione sociale a quella della lotta; esso ha nettissimo il sentimento della gloria inerente al suo ruolo storico e dell’ eroismo del suo atteggiamento militante; esso aspira alla prova decisiva nella quale darà la misura piena del suo valore. Non avendo affatto di mira la conquista, non ha piani da fare per utilizzare le sue vittorie: esso conta di espellere i capitalisti dal mondo della produzione, e riprendere dopo di ciò il suo posto nelle officine create dal capitalismo”

G. Sorel, Riflessioni sulla violenza, in Scritti politici, UTET, Torino 1996, pagg. 268 – 70

6. Laclau

a) lo spartiacque gramsciano

“Gramsci amplia il terreno della ricomposizione politica e dell’ egemonia, fornendo una teorizzazione del legame egemonico che va chiaramente oltre la categoria leninista di alleanze di classe. … E’ in questo movimento dal piano politico a quello intellettuale e morale che ha luogo la transizione decisiva verso un concetto di egemonia che vada oltre le alleanze di classe. … La direzione morale e intellettuale costituisce, secondo Gramsci, una volontà collettiva che, attraverso l’ ideologia, diviene il cemento organico che unifica un “blocco storico”. Si tratta di concetti nuovi che hanno un  effetto di spostamento rispetto alla prospettiva leninista…L’ analisi definisce concettualmente una nuova serie di relazioni  tra i gruppi che sfuggono alla loro collocazione strutturale all’ interno delo schema rivoluzionario e relazionale dell’ economicismo. Al tempo stesso, l’ ideologia è indicata come il terreno specifico su cui tali relazioni si costituiscono. … L’ intera costruzione riposa tuttavia su una concezione in ultima analisi incoerente, incapace di superare pienamente il dualismo del marxismo classico ((di struttura e sovrastruttura)). Per Gramsci…ci deve sempre essere, in ogni formazione egemonica, un unico principio unificante, e questo può essere solamente una classe fondamentale. Due elementi – l’ unicità del principio unificante e il suo necessario carattere di classe – non sono, quindi, risultati contingenti di una lotta egemonica, ma struttura necessaria entro cui ha luogo ogni lotta. L’ egemonia di classe non è il risultato interamente pratico della lotta, ma una fondazione ontologica ultima.”

E. Laclau – C. Mouffe, Egemonia e strategia socialista, Il Melangolo, Genova 2011pagg. 123 – 127

b) egemonia

“…Se ci troviamo al cospetto di un insieme puramente differenziale … esiste la possibilità che una  differenza, senza cessare di essere una differenza particolare, diventi ciononostante una totalità incommensurabile. … Questa operazione di assunzione da parte della particolarità di un significato universale incommensurabile è quanto io chiamo egemonia. E dato che questa totalità o universalità incarnata è…un oggetto impossibile, l’ identità egemonica diventa qui qualcosa di simile a un significante vuoto, che incarna nella sua particolarità una pienezza irrealizzabile. Con ciò dovrebbe essere chiaro che la categoria di totalità non può essere mai sradicata, ma essa resta, in quanto totalità fallita, un orizzonte e non un fondamento.”

E. Laclau, La ragione populista, cap. IV, Laterza, Roma – Bari 2008, pagg. 65 – 67

c) logica differenziale e logica equivalenziale

“La più piccola unità da cui partiremo corrisponde alla categoria di domanda sociale…Qui abbiamo una domanda che inizialmente è forse solo una richiesta. Se soddisfatta il problema può dirsi risolto. Ma se non è così, le persone possono cominciare a osservare che i loro vicini esprimono altre richieste, ugualmente non soddisfatte…Se la situazione resterà invariata nel tempo, si avrà allora un accumulo di domande inascoltate e una crescente incapacità del sistema istituzionale ad assorbirle in modo differenziale (ognuna isolata dalle altre): tra di loro si stabilirà una relazione di equivalenza … Si formerà così una frontiera interna…attraverso l’ emergere di una caterna equivalenziale di domande insoddisfatte. … Chiameremo domanda democratica quella che, soddisfatta o meno, rimane isolata. Chiameremo domanda popolare una pluralità di domande che, attraverso la loro articolazione equivalenziale, costituiscono una più ampia soggettività sociale. Sono queste domande popolari che prendono a comporre, seppure in maniera solo abbozzata, il popolo come potenziale attore storico. … Così,  abbiamo due possibili strade per la costruzione del sociale: o attraverso l’ affermazione di tante particolarità – che sono, nel nostro caso, domande particolari – i cui unici legami tra loro sono di natura differenziale … o attraverso un parziale venir meno della particolarità, alla luce di una accentuazione di ciò che tutte le particolarità condividono in maniera equivalenziale. La seconda è quella che porta a tracciare una frontiera antagonista, cosa che la prima non fa.Ho chiamato la prima modalità di costruzione del sociale logica della differenza, e la seconda logica dell’ equivalenza. … Le equivalenze  non puntano a eliminare  le differenze…Così, la differenza continua ad operare all’ interno dell’ equivalenza, come sua base  e in un rapporto di tensione con essa. … Da un lato ogni identità sociale (cioè discorsiva) si costituisce nel punto di incontro tra differenza ed equivalenza … Dall’ altro, però, il sociale non è mai uniforme né regolare, poiché, come visto, la totalizzazione esige che un elemento differenziale giunga a rappresentare un intero impossibile.”

E. Laclau, La ragione populista, Laterza, Roma – Bari 2008, pagg. 69 – 76

d) populismo

“…Il che ci fornisce un buon punto di partenza per accostarci al populismo … tre le dimensioni strutturali necessarie per elaborare il concetto di populismo…: l’ unificazione di una pluralità di domande in una catena equivalenziale; la costituzione di una frontiera interna che separi la società in due campi; il consolidamento della catena equivalenziale tramite la costruzione di una identità popolare che è qualcosa di qualitativamente superiore a una semplice sommatoria degli anelli equivalenziali…”

E. Laclau, La ragione populista, Laterza, Roma – Bari 2008, pag. 72

e) significanti vuoti

“Non c’è egemonia senza la costruzione di una identità popolare a partire dalla pluralità delle domande democratiche. … Ogni identità ha bisogno di condensarsi attorno ad alcuni significanti (parole e immagini) che fanno riferimento alla catena equivalenziale come una totalità. … Più estesa sarà la catena, meno questi significanti saranno ancorati alle loro originarie domande particolaristiche. La funzione di rappresentare la relativa universalità della catena prevarrà su quella di esprimere il particolare reclamo che è il portatore materiale di quella funzione. In altre parole: l’ identità popolare da un punto di vista estensionale, diverrà sempre più piena, poiché rappresenta una catena di domande sempre più ampia; ma diverrà simultaneamente sempre più povera, dal punto di vista intensional, poiché dovrà privarsi dei contenuti particolaristici per poter abbracciare domande assai eterogenee. L’ identità popolare, insomma, funziona tendenzialmente come un significante vuoto. … termini quali giustizia, uguaglianza, libertà … il ruolo semantico di questi termini non è quello di esprimere un contenuto positivo, ma quello di fungere da nomi di una pienezza che è costitutivamente assente. … un termine come giustizia … giacchè nomina una pienezza indifferenziata … non ha nessun contenuto concettuale: non si tratta di un termine astratto, dunque, ma vuoto, alla lettera”.

E. Laclau, La ragione populista, Laterza, Roma – Bari, pagg. 90 – 91

f) il “nome del capo”

“Un secondo problema che rimane irrisolto nella letteratura sul populismo riguarda la cemtralità del leader. Come spiegarla? Comunemente si ricorre a due soluzioni, la suggestione (categoria presa in prestito dagli psicologi delle masse) o la manipolazione, o magari una combinazione delle due … Dal mio punto di vista, questo tipo di spiegazione è inutile … al massimo essa potrebbe spiegare le intenzioni soggettive del capo, ma non ci spiegherebbe perchè la manipolazione ha successo. … Ecco perchè è meglio seguire un altro metodo, di carattere strutturale, e chiedersi se non ci sia nel vincolo equivalenziale qualcosa che pre-figura gli aspetti-chiave della funzione del leader. … I simboli o le identità popolari , essendo altrettante superfici di iscrizione, non esprimono passivamente ciò che è iscritto su di esse, ma costituiscono fattivamente ciò che esprimono, per il solo fatto di esprimerlo. In altre parole: la posizione soggettiva popolare non esprime semplicemente un’ unità di domande costituitesi prima e fuori di sé, ma è il momento decisivo di costituzione di tale unità. … Un assemblaggio di elementi eterogenei tenuto assieme in maniera equivalenziale solo da un nome è, per forza di cose, una singolarità. … Detto questo, bisogna anche aggiungere che la forma estrema della singolarità è una individualità. In tal modo, senza quasi accorgersene, la logica equivalenziale conduce alla singolarità, e la singolarità all’ identificazione dell’ unità del gruppo col nome del capo.

E. Laclau, La ragione populista, Laterza, Roma – Bari, pagg. 93 – 95

Bibliografia e sitografia essenziali

  1. S. Cingari, Il “populismo” nell’opera di Antonio Gramsci, Democrazia e diritto n.2 /2017
  2. A. Gramsci, Quaderni del carcere, Einaudi, Torino 1975
  3. M. Revelli, Populismo 2.0, Giulio Einaudi, Torino 2017
  4. A. Dal Lago, Clic! Grillo, Casaleggio e la demagogia elettronica, Cronopio, Napoli 2013
  5. G. Casaleggio – B. Grillo, Siamo in guerra. Per una nuova politica, Chiarelettere, Milano 2011
  6. V. I. Lenin, Stato e rivoluzione, Editori Riuniti, Roma 1970
  7. N. Machiavelli, Il Principe, cap. XXVI, Feltrinelli, Milano 1979, pagg. 227-28
  8. G. Sorel, Scritti politici, Utet, Torino 1996
  9. E. Laclau – C. Mouffe, Egemonia e strategia socialista, Il Melangolo, Genova 2011
  10. E. Laclau, La ragione populista, Laterza, Roma – Bari 2008
  11. F. Frosini – G. Liguori, Le parole di Gramsci, Carocci, Roma 2004
  12. F. Cioffi – G. Luppi, Il discorso filosofico, Edizioni Scolastiche Bruno Mondadori, Milano – Torino 2011
  13. www. beppegrillo.it

Note:

[1] S. Cingari, Il “populismo” nell’opera di Antonio Gramsci, Democrazia e diritto n.2 /2017, p. 80

Dati articolo

Autore:
Titolo: Gramsci e Laclau: l’egemonia dalla classe al popolo?
DOI: 10.12977/nov248
Parole chiave: , , ,
Numero della rivista: n.10, agosto 2018
ISSN: ISSN 2283-6837

Come citarlo:
, Gramsci e Laclau: l’egemonia dalla classe al popolo?, Novecento.org, n. 10, agosto 2018. DOI: 10.12977/nov248

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