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16 ottobre 1943: la retata nel ghetto ebraico di Roma

16 ottobre 1943: la retata nel ghetto ebraico di Roma

Foto di JensensOpera propria, Pubblico dominio, Collegamento

La retata nel ghetto ebraico di Roma: la testimonianza di Armiro Wachsberger al « Centro scientifico ebraico per la storia dei combattenti dei ghetti » per un nuovo sguardo sul tema della memoria

Da quando è stato istituito in italia il Giorno della Memoria[1], ormai diciassette anni fa, l’inizio dell’anno scolastico è caratterizzato dalla ricerca di un evento per il 27gennaio, data intorno alla quale si concentrano molte delle iniziative organizzate da e per le scuole, ma anche di più ampio respiro, sul tema del ricordo dell’Olocausto, della persecuzione politica e militare a opera del nazifascismo.

Il 27 gennaio, poi scelto come giorno della memoria nel novembre 2005 anche da una risoluzione dell’Onu, è una data dall’impatto emotivo particolarmente forte, trattandosi del giorno in cui le truppe sovietiche liberarono Auschwitz. La scelta appare oggi quasi ovvia, tanto è forte la potenza di quel giorno in cui, tra l’altro, si chiude quello che viene considerato il maggiore capolavoro sull’Olocausto, Se questo è un uomo di Primo Levi, che sceglie la medesima data per l’apertura di un altro suo testo, La tregua.

Poiché molte delle iniziative sono rivolte alla popolazione scolastica, è corretto chiedersi se concentrare le attività sul tema della memoria intorno alla data del 27 gennaio permette di conoscere appieno dimensioni e caratteristiche della persecuzione antiebraica in Italia. Non c’era possibilità di scegliere come Giorno della Memoria una data più legata alle vicende storiche nazionali?

L’alternativa che fu proposta d Furio Colombo, il deputato che presentò ben due proposte di Legge per l’istituzione del giorno della memoria, è quella del 16 ottobre, a ricordo della retata nel Ghetto di Roma dell’ ottobre 1943. Si tratta di un episodio che continua ad essere particolarmente acceso nella memoria della comunità ebraica romana in particolare ed italiana in generale e sul quale si lamenta spesso una mancanza di attenzione nazionale. Concentrarsi su questa data nella nostra pratica didattica, aggiungendola senza sostituirla ad altre importanti tappe del calendario civile, ci consente di mettere a fuoco una serie di aspetti della storia della Shoah che nelle celebrazioni del 27 gennaio, al di là di quanto scritto nella legge, restano talvolta in secondo piano: le riflessioni sulle leggi razziali, sulle responsabilità italiane nella cattura e nella deportazione degli ebrei[2].

Per una attività con gli studenti su questa data può essere utile un articolo apparso nel fascicolo n° 9 del 1957 di Italia Contemporanea, che riporta la testimonianza di Armiro Wachberger, raccolta da Miriam Novich[3]. Testimonianza che ci fa conoscere ciò che accadde a Roma dall’alba al primo pomeriggio di quel sabato di settantaquattro anni fa e dalla quale è anche possibile farsi un’idea delle proporzioni della retata, nonché del diverso destino cui gli oltre mille ebrei catturati in quella manciata di ore andarono incontro. Ricordiamo le cifre della retata: il 16 ottobre 1943 a Roma furono arrestate 1259 persone, di cui 689 donne, 363 uomini e 207 bambini e bambine. Dopo i controlli effettuati in un periodo di arresto, si lasciarono andare coloro che risultarono non ebrei e 1023 prigionieri furono avviati ad Auschwtiz. Solo 16 di essi sopravvissero, 15 uomini e una donna. Armirio Wachsberger (e non Wachberger come riportato nell’articolo di Italia Contemporanea), è uno di questo sopravvissuti. Nell’articolo di cui suggeriamo la lettura non sono citati l’esatto momento e le circostanze in cui la testimonianza fu raccolta, ma si tratta di un documento abbastanza precoce conservato presso il Centro scientifico ebraico per la storia dei combattenti dei ghetti , istituzione che ha sede a «Lochamei Hagetaot, a poca distanza dalla città di Haifa, nello Stato di Israele[…]Tale istituzione ha come scopo specifico quello di tramandare alle future generazioni lo spirito dell’insurrezione di Varsavia: denunciare le atrocità del regime nazista, sottolineare l’importanza delle rivolte dei ghetti e la strenua resistenza opposta dovunque dagli ebrei»[4]. Wachsberger in un documento che occupa poche pagine restituisce una situazione abbastanza complessa. Inizia descrivendo la situazione degli ebrei romani dopo il 1938 e nei giorni immediatamente successivi all’occupazione tedesca:

«Malgrado le leggi fasciste antigiudaiche, gli ebrei in Italia vivevano abbastanza tranquilli. Questo probabilmente grazie alla bontà del popolo italiano che, lo debbo dire, ignorava l’antisemitismo. Attraverso radio Londra, noi avevamo appreso l’esistenza dei campi di concentramento e le misure contro gli ebrei, ma a dir la verità non vi credevamo troppo. Consideravamo tutti questi racconti come il frutto della propaganda alleata contro i tedeschi. L ’8 settembre, Roma viene occupata dai nazisti. Gli ebrei temono di mostrarsi troppo in giro e si nascondono. Ma i primi giorni trascorrono nella calma. Nessuna misura speciale, la gente esce rassicurata per le vie. Una vita più o meno normale ricomincia a svolgersi al quartiere ebraico dove l’ebreo corre come gli altri alla ricerca del suo pane quotidiano»[5]

Emerge da queste parole il senso di fiducia che ha impedito a molti israeliti di comprendere appieno quanto, dopo il 1938, la loro situazione fosse mutata e quali fossero i pericoli che correvano. Si tratta di un aspetto importante per comprendere la successiva fase di cattura e deportazione degli ebrei italiani, troppo spesso attribuita alla sola responsabilità nazista. La testimonianza tocca anche altri aspetti: la durezza del viaggio nel carro bestiame, l’arrivo ad Auschwitz e la selezione, il lavoro nel campo, l’esistenza di altri campi, la storia del Ghetto di Varsavia, l’evacuazione di Auschwitz, la sofferenza fisica e morale, il dolore per le perdite subite e il ritorno alla vita nel dopoguerra.

La testimonianza di Armiro ha una spendibilità didattica non solo per la completezza di informazioni che fornisce, ma per una serie di ragioni. Innanzi tutto, é resa da un punto di vista particolare, quella dell’interprete. L’uomo conosce il tedesco e lo fa presente subito dopo l’arresto. Questa capacità non viene però sfruttata a fini personali, ma viene in qualche modo messa a disposizione di tutti coloro i quali sono stati catturati. La padronanza della lingua consente a Wachsberger di porre domande ai suoi carcerieri, o carnefici, come nel caso di Mengele:

«Per qualche giorno, io credetti veramente che mia moglie e i miei figli fossero in vita in un campo non molto lontano dal mio. Poiché ero spesso chiamato alla Kommandantur, per tradurre e anche, vista la situazione militare in Italia, per dare alle SS informazioni su ciò ché succedeva laggiù, osai una volta domandare a Mengele stesso che cosa era avvenuto della mia famiglia. « Deine Familie existirt mcht mehr ». Come? Perchè? — non riuscii a trattenere le lacrime. « Ihr seid ]uden : siete ebrei », fu la sua risposta…»[6]

Il suo ruolo di interprete continuerà dopo la liberazione nei tribunali in cui i criminali nazisti vengono giudicati.

Esistono poi altre testimonianze dello stesso sopravvissuto, rilasciate in momenti successivi, che possono essere reperite per un utile confronto sul ruolo dei testimoni e sull’utilizzo delle testimonianza e in ambito didattico e storico. Nel 1987 Liliana Picciotto intervista Armiro Wachsberger nella sua casa milanese per conto del CDEC[7]. L’intervista è piuttosto lunga e più ricca di particolari rispetto all’articolo, ma non si evidenziano incongruenze, anzi, alcune frasi sono riportate in maniera praticamente identica. Vi sono poi due libri dedicati a questa figura di testimone, che fanno perno sul suo ruolo da interprete durante e dopo la deportazione[8], uno a cura delle figlie che nascono nell’ambito della famiglia che l’uomo riesce a crearsi dopo la fine della guerra, l’altro basato sulla Video intervista rilasciata a Maurina Alazraki nell’ambito del progetto di raccolta e catalogazione delle testimonianze dei sopravvissuti alla Shoah della Survivors of the Shoah Visual History Foundation creata da Steven Spielberg il 4 marzo 1998.

La lettura di questo testo in occasione del prossimo anniversario della retata del Ghetto di Roma ci consentirà quindi di riflettere con gli studenti su diversi aspetti toccati dalla legge sul Giorno della Memoria, in particolar modo su ciò che precede l’arrivo nell’universo concentrazionario, sulle condizioni degli ebrei in Italia sotto il fascismo e poi sotto l’occupazione e ci consentirà di tracciare nuovi percorsi di indagine del tema della memoria e di tutte le sue sfaccettature a partire dall’uso delle fonti in una inedita geografia italiana[9].

Bibliografia di riferimento

Finzi Moise Cesare, Il giorno che ha cambiato la mia vita, Topipittori, 2009
Levi Lia, Una bambina e basta, Edizioni e/o, 1994
Lia Levi, Il braccialetto, Edizioni e/o, 2014
Modiano Renzo, Di razza ebraica, Scheiwiller, 2005
Molesini Andrea, Quando ai veneziani crebbe la coda, Mondadori, 1989
Sarfatti Michele, le leggi antiebraiche spiegate agli italiani di oggi, Einaudi
Schiffer Davide, Non c’è ritorno a casa…Memorie di vite stravolte dalle leggi razziali, ed. 5 Continents, 2003

L’articolo nel fascicolo 49 de “Il movimento di liberazione in Italia”


Note:

[1] Legge n° 211 del 20 luglio 2000. Nella legge le finalità del Giorno della Memoria vengono definite agli articoli 1 e 2 che qui riportiamo. «La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz “Giorno della Memoria”, al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subito la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita ha salvato altre vite e protetto i perseguitati. In occasione del “Giorno della Memoria”di cui all’articolo 1 sono organizzati cerimonie, iniziative, incontri e momenti comuni di narrazione dei fatti e di riflessione, in modo particolare nelle scuole di ogni ordine e grado, su quanto è accaduto al popolo ebraico e ai deportati militari e politici italiani nei campi nazisti in modo da conservare nel futuro dell’Italia la memoria di un tragico ed oscuro periodo della storia del nostro paese e in Europa, e affinché simili eventi non possano mai più accadere»

[2] A proposito della sua proposta, lo stesso Colombo ha poi dichiarato “Il rastrellamento del Ghetto di Roma è una delle dimostrazioni che la Shoah è un delitto anche italiano. E’ vero che il nostro Paese ha avuto un alto numero di Giusti, ma è anche vero che ha scritto delle leggi razziali peggiori di quelle naziste. E tuttavia nel dopoguerra non abbiamo fatto i conti con le nostre responsabilità ma ci siamo autorappresentati come vittime”. Sempre insistendo su questo aspetto ha rincalzato dicendo “La Bulgaria, Paese ultrafascista, lo fece. Non ci fu un solo ebreo in Bulgaria ad essere arrestato o a subire persecuzioni in quanto ebreo. Eichmann dovette chiudere gli uffici a Sofia e aprirli a Budapest, in Ungheria, dove trovò terreno più fertile. In Italia invece le leggi razziali furono firmate da Vittorio Emanuele III di Savoia, unico re a perseguitare con quell’atto il proprio popolo, violando nello stesso tempo lo Statuto albertino, che garantiva la salvaguardia del popolo. Se la Germania si fosse presentata da sola, non sarebbe riuscita a imporre in Europa le leggi razziali. Il ruolo dell’Italia, seconda potenza militare del continente, fu determinante. Altro che Italietta vittima dei nazisti. L’Italia fu responsabile della Shoah e io questo volevo sottolineare scegliendo la data del 16 ottobre 1943”.Sulle difficoltà della data ha invece detto “Io mi ritrovai da solo a sostenere la data del 16 ottobre. Ricordo un confronto al Maurizio Costanzo show in cui tutti gli ospiti, a parte me, erano per il 27 gennaio. La data del 16 ottobre veniva considerata limitante da parte dei rappresentanti dei deportati militari e di quelli politici nei campi di sterminio nazisti. E’ vero che la stragrande maggioranza delle vittime furono gli ebrei ma non si poteva negare il tributo dato dagli altri. A farmi cambiare idea fu Tullia Zevi, allora vicepresidente del congresso ebraico mondiale, che faceva la spola tra Roma e New York. Non potevo impuntarmi su una data, così scrissi un secondo disegno di legge che proponeva il 27 gennaio come giornata della memoria”. L’intervista completa è reperibile qui http://www.corriere.it/cultura/16_marzo_28/olocausto-shoah-libro-guerini-associati-rigano-465cf972-f50a-11e5-ad8f-b6693bfe4739.shtml

[3] Documenti sulla persecuzione degli Ebrei italiani, in Il movimento di liberazione in Italia (poi Italia contemporanea), n° 49, pp. 60-66.

[4] Il movimento di liberazione in Italia (poi Italia contemporanea), n° 49, pag 60

[5] Il movimento di liberazione in Italia (poi Italia contemporanea), n° 49, pag. 61

[6] Il movimento di liberazione in Italia (poi Italia contemporanea), n° 49, pag. 65

[7] L’audio dell’intervista è reperibile qui: http://digital-library.cdec.it/cdec-web/audiovideo/detail/IT-CDEC-AV0001-000193/arminio-wachsberger.html

[8] I libri sono Arminio Wachsberger, L’interprete, Clara e Silvia Wachsberger, a cura di, Poedi Editore e Gabriele Rigano, l’Interprete di Auschwitz Arminio Wachsberger un testimone d’eccezione della deportazione degli ebrei di Roma, Guerini e Associati, 2015.

[9] Si può obiettare che la data del 16 ottobre non ci avvicina in modo altrettanto diretto ai deportati politici e militari e questa è una delle ragioni per cui alla fine la scelta cadde su una data differente. Nelle fasi di discussione della legge, infatti, l’Associazione nazionale ex deportati politici nei campi nazisti chiese che la data da scegliere fosse il 5 maggio, anniversario della liberazione di Mauthausen per sottolineare la centralità della storia dell’antifascismo e delle deportazioni politiche in Italia. Forse una corretta riflessione didattica dovrebbe partire dalla consapevolezza che si tratta di un fenomeno di dimensioni così vaste e così articolato che la sua trattazione non può esaurirsi in un ristretto numero di ore, così come non deve diventare pervasiva o limitata ai momenti di celebrazione ufficiale. Ragione per cui scegliere diversi momenti del calendario civile deve equivalere ad adottare differenti prospettive nell’ottica di fornire per somma una visione il più possibile completa del fenomeno agli studenti.